“Valtellina e Valchiavenna – riscoperta di una cucina”, ne parla l'autrice

Alba Rapella e il suo “omaggio a Guido Margiotta” con quello degli "Amici della Vecchia Accademia"

Colgo volentieri l’invito espresso nella lusinghiera presentazione di Alberto Frizziero (apparsa sulla Gazzetta di Sondrio on-line) al libro “Valtellina e Valchiavenna – riscoperta di una cucina” edito dall’associazione “Amici della Vecchia Accademia e da me curato, invito che è per me occasione per approfondire la spiegazione di come è nato e si è sviluppato il nuovo libro, che ha lo stesso titolo di quello edito per la prima volta nel 1978 da Bissoni e scritto da Guido Margiotta.

Il sottotitolo “omaggio a Guido Margiotta” già chiarisce perchè ho voluto mantenere lo stesso titolo: Guido, avellinese di origine, è stato un pioniere insuperato nella ricerca meticolosa e puntuale non solo delle ricette della tradizione di tutta la provincia di Sondrio, ma anche del senso più profondo e significativo di tali tradizioni, dall’uso delle povere materie prime a disposizione per la cucina, ai modi e tempi impiegati per utilizzarle. La sua curiosità e il suo amore per le nostre Valli, hanno prodotto un’opera diventata un classico per quelli della mia generazione.

Quando Guido ci ha lasciato stava pensando di continuare il lavoro. Ho raccolto il testimone perchè non si poteva lasciar scivolare nell’oblio questo importante patrimonio.

Ne è nato un libro nuovo, anche se, per reverente riconoscenza verso Guido, mantiene la stessa struttura: una parte culturale, una parte di ricette ed una di compendio/glossario; qui introdotte dal dolce ricordo biografico scritto dalla moglie Paola, da una mia presentazione, e dal capitolo “Perchè presento al pubblico questa raccolta di ricette valtellinesi e valchiavennasche” tratto dal libro di Guido Margiotta per dichiarare, insieme con lui, lo spirito di ricerca che anima anche questo nuovo lavoro.

La prima parte di carattere socio-culturale vede ripresentati alcuni scritti: di Margiotta, di don Tarcisio Salice, di Renzo Sertoli Salis (ormai classici a cui tutti attingono a piene mani) integrati e ampliati da nuovi contributi di amici ed esperti. Così è per (in ordine alfabetico) il gustosissimo articolo (pag.103) di Gabriele Antonioli sulla pestèda (e, sempre di Antonioli, la sàpida poesia sui “brasciadèi” di Grosio a pag.247); per il dotto dissertare di erbe in cucina di Eliana Lanfranchi Canetta (pag.99); per il circostanziato e appassionato racconto sulle fatiche della produzione del Bitto storico di Paolo Ciapparelli (pag.69); per la testimonianza di Roberto Lucchinetti, artigiano che continua quasi in solitudine la centenaria tradizione della lavorazione del lavécc (pag.47); per l’excursus esaustivo di Casimiro Maule sui meravigliosi vini valtellinesi(pag.53); per la descrizione dei crotti da parte di Guido Scaramellini, che con pennellate magistrali trasmette l’atmosfera di calda convivialità che si respira in questi luoghi tipici e privilegiati di incontro tra amici all’insegna della buona e semplice tavola (pag.82) o per la poetica presentazione, sempre di Scaramellini, del violìn de carna seca (così chiamata dal Bertacchi e di cui si trascrive la poesia che ne ha sancito ufficialmente il nome); per i contributi sapienti di Franca e Diego Trinchera che completano la descrizione della lavorazione del latte e della bre(i)saola nella nostra provincia.

Un intermezzo è stato dedicato ai nostri menù cioè ai menù studiati appositamente per i tre eventi organizzati dall’associazione “Amici della Vecchia Accademia” rispettivamente nel 2008, nel 2009 e nel 2012 con le scuole alberghiere di Chiavenna, Sondalo e Sondrio e con il coinvolgimento di altre scuole superiori del territorio.

Per quello che riguarda il ricettario ho ricevuto moltissimi contributi di ricette della tradizione valtellinese e valchiavennasca; alcune non contemplate nel libro di Guido, altre rivisitate. Le ho riportate il più fedelmente possibile. L’impaginazione facilita la lettura (anche senza occhiali) durante l’esecuzione della ricetta; le pagine sono di carta opaca, che non riflette la luce e non disturba l’occhio. Le note curiose sono state inserite a margine di ogni ricetta per rendere più fruibile anche la conoscenza di aneddoti e curiosità. Il risultato sono ben 185 ricette che sorprendono per la fantasia nell’uso delle poche materie prime di base! Ne escono sapori delicati o forti, dolci o salati, impasti consistenti o morbidi partendo sempre da quegli elementi che una natura avara e difficile ha concesso alle nostre valli. Buon divertimento a quanti vorranno cimentarsi nella riproduzione di questi antichi sapori!

La parte più impegnativa ha riguardato il glossario piché ogni paese ha una sua particolare accentazione, anche della stessa parola: così ad esempio casèra nell’alta valle diventa caséra nella bassa valle. Ringrazio Gabriele Antonioli per avermi messo a disposizione il suo “Dizionario etimologico-etnografico grosino” . Grazie ad Evangelina Laini per avermi pazientemente e sapientemente aiutato nella ricerca dei vari termini e della loro difficile scrittura. La scelta fatta ha necessariamente delle lacune dovute a queste differenze dialettali. Abbiamo (Evangelina ed io) cercato di usare i termini in base alla provenienza delle ricette facendo riferimento ai vari dizionari locali a seconda che la ricetta provenisse dall’alta, media o bassa valle. Il glossario di Margiotta è stato necessariamente profondamente modificato con l’aggiunta di termini, togliendone altri, spostando notizie all’interno del testo e aggiornando le voci.

Quanto alle scelte grafiche mi ha mosso il ricordo dei vecchi quaderni neri, su cui mia nonna e mia mamma segnavano conti, appunti di casa e ricette. Ho voluto mantenere il sapore e l’atmosfera del vecchio ricettario della nonna, sostenuta anche dagli stessi ricordi riscontrati in altre persone con cui ho avuto modo di scambiare sensazioni e rimembranze.  Ecco il motivo della copertina scura, appena schiarita dai titoli bianchi e da un disegno volutamente un po’ fumoso, come le cucine di un tempo dove il fuoco ardeva incessantemente; e il sedersi “nel fuoco”, sulle panche che entravano nel camino, condividendo il quartino e la fetta di salame, erano il caldo momento dello stare insieme. Questi miei ricordi, come dicevo, hanno condizionato le scelte del “rigorosamente” tutto in bianco e nero (tranne il nostro logo, unica novità nella tradizione). I disegni sono frutto di una appassionata e costruttiva ricerca, insieme con Paolo (Barlascini), di foto, angoli conosciuti, amarcord di momenti con nonni e amici; la ricerca ha prodotto disegni (che nella realtà del tratto sono più luminosi), che ricreano momenti conviviali caratteristici, situazioni tipiche e ambienti naturali delle nostre valli.

Grazie al colonnello  Guido Margiotta, apripista, e a tanti amici, è nato questo spaccato sociale di una cucina povera nelle materie prime, ma ricca di umanità, di desiderio di dedicare tempo alla preparazione dei cibi per condividere poi attorno alla mensa tutto il calore dello stare insieme. Questo penso sia il più grande messaggio che può essere consegnato oggi alle nuove generazioni, per non smarrire il senso profondo del vivere nella quotidianità con le persone che amiamo.

Angela Rapella Barlascini
Enogastronomia