LE ELEZIONI AMMINISTRATIVE HANNO CONFERMATO QUELLO CHE SI SAPEVA GIA' (O MEGLIO: QUELLO CHE GLI ORMAI POCHI RIMASTI A CAPIRE QUALCOSA DI POLITICA GIA' SAPEVANO)
L’Unione è soddisfatta. Ha mantenuto Roma, Napoli e Torino, come del resto era ampiamente preventivato. Ha perso a Milano ma riducendo lo svantaggio. Idem in Sicilia. Nel resto d’Italia un solo atout con una vittoria locale significativa in trasferta..
La CdL è soddisfatta.. Ha mantenuto la Sicilia, voto politico più importante, e Milano.
Non è vero niente.
Nessuno può considerarsi soddisfatto.
L’Unione registra che il viatico dell’essere andata al Governo, che qualche vantaggio lo dà sempre, non ha prodotto nulla di sostanziale. Pesa molto il fatto che là dove c’è il motore del Paese la gente non vuole l’Unione ma insiste sulla CdL. E’ un problema.
La CdL registra che troppi hanno fatto lo sciopero del voto. A parte il caso Napoli dove chissà chi aveva illuso Berlusconi, grave errore politico, sta il fatto che la gente non sembra entusiasta – eufemismo – ai livelli locali. Nei Comuni e nelle Province non ci si presenta all’ultimo minuto, magari paracadutando candidati-Sindaci dall’alto. Buttiglione a Torino è un chiaro esempio di questo dilettantismo politico. Nato a Gallipoli (Lecce), residente a Roma, eletto senatore in Lombardia lo mandano a fare il candidato-Sindaco a Torino come se là i moderati fossero tutti dei minus quam con l’impossibilità di trovarne uno da contrapporre al Sindaco uscente!
L’on. Berlusconi sottolinea ogni giorno il risultato di Forza Italia, primo Partito. E’ un dato vero ma politicamente secondario. E’ oltremodo evidente che è più risultato, ottimo sotto questo punto di vista, da movimento elettorale e non da Partito. I soli elettori non bastano. Occorrono militanti. Occorre presenza sul territorio. Occorre attenzione quotidiana nei Municipi, non un revival a frequenza quinquennale.
Torniamo all’Unione. La sua forza in parte cospicua è dovuta alla presenza capillare. La sua debolezza all’articolazione interna. Assottigliandosi nel tempo, per logica naturale, il collante fattore principale della vittoria, sia pure di misura, dell’anti-berlusconismo, arrivando le fisiologiche difficoltà che si presentano sul tavolo di chi governa, toccherà a Prodi dipanare la matassa. Il problema è al Senato, per il numero legale più che per le maggioranze.
Dipende. Se la caverà chi saprà fare politica.
Quelli che la masticano abbastanza non hanno trovato nulla di nuovo in questo risultato elettorale, oltre a tutto ricordando come nel tempo l’alternanza di esiti positivi e negativi accompagnava la successione elezioni politiche – elezioni amministrative. Con l’eccezione degli ultimi anni visto la disattenzione – eufemismo - della CdL verso i segnali forti che venivano dai turni amministrativi o dalle europee.
Quei non molti, di destra o di sinistra, che masticano abbastanza la politica, quel tanto da conoscerne le regole, sanno che paradossalmente il pallino politico in questo momento lo ha la CdL. Se sbaglia mosse per 10 anni almeno è tagliata fuori. Se l’indovina in primavera siamo ad elezioni con rinnovate chanches. Non dimenticando che Prodi, che la politica la mastica, conosce i due corni del dilemma che lo riguardano in prima persona sapendo che la partita a scacchi deve giocarla lui.
Dall’altro lato della scacchiera Rutelli e Fassino. Per un po’ al suo fianco D’Alema, ma solo per un po’.
Quanto poi al referendum sulla Costituzione, premesso che risulta difficile pensare ad un successo del SI, anche per la discesa in campo del Governo, dipende dall’esito numerico. Se anche vincessero i NO ma con margine non elevato, la Lega non avrebbe da eccepire. Lo avrebbe se il divario fosse notevole perché in tal caso avrebbe le sue ragioni a lamentarsi del disimpegno degli alleati, con scenari del tutto nuovi, in parte di ardua previsione.
E se invece ci fosse il SI? Strada in salita per il Governo.
Luca Alessandrini