Il NO di commercianti, di Partite IVA, di altri ancora in Piazza Garibaldi a Sondrio

28 ottobre 2020 La rabbia per l'ultima botta

Ci hanno chiesto diverse cose in relazione al nostro articolo sulla manifestazione contro le ultime misure decise dal Governo. Semplifichiamo riportando ancora tale articolo:
Il giornale aveva pubblicato il comunicato di Confcommercio che annunciava la manifestazione odierna in Piazza Garibaldi di protesta avverso, in particolare ma non solo, l'ultimo DPCM. Alle 10.30 più o meno ci siamo avviati, così come avevamo deciso non appena arrivato il comunicato di cui dianzi. Passando al “tu” per la personalizzazione della posizione preciserò che la partecipazione a questo evento non aveva carattere giornalistico, M'è sembrato dovere civico partecipare per la caratteristica di chi aveva deciso, fondatamente, di manifestare.
Loro in piazza per ragioni economiche, in taluni casi addirittura di sopravvivenza.
Chi scrive – pensiero anche di altri – invita a riflettere sull'apporto di alcune delle categorie presenti alla nostra comunità.
Una serranda che cala, una vetrina che si spegne, un menu vicino all'ingresso è una perdita. Già la crisi aveva maramaldeggiato per cui facile è il constatare cosa voglia dire, oltre l'impoverimento economico, il decadimento culturale.

Mi sono seduto sulla panchina del Garibaldi dove un tempo, anni fa, c'erano aggraziate aiuole ahimè sparite senza che si sia saputo il padre del loro esproprio, genericamente “il Comune”, disponendomi non tanto a ricapitolare i provvedimenti in quanto tristemente noti. Volevo andare un passo oltre e l'idea è venuta. Circa un secolo, per l'esattezza 1906, nasceva la Falck (Acciaierie e Ferriere Lombarde Falck), che pensò bene di utilizzare l'acqua  per produrre l'energia che serviva per i forni. Centrali a Boffetto 1919, Venina 1923 e via così. Poco prima della guerra Pontremoli, capocantiere Parolo e altri valtellinesi come lui, diga Rocchetta (Savona), ancora Pontremoli. Da qui fuga dopo che una notte il cantiere aveva ricevuto la visita esplosiva di 30 bombe del tipo “spezzoni”. Subito dopo altre esperienze esplosive. L'ho fatta lunga. Ricordo la sirena, anche 20 volte in un giorno: preallarme, allarme se gli aerei si avvicinavano, cessato allarme. Al primo suono la gente si bloccava, al secondo cercava di ripararsi come poteva, dopo il terzo le attività riprendevano normali. In altri termini la gente aveva trovato il modo di convivere con il rischio mortale. Pensavo a questo intanto che si succedevano al microfono voci univoche, talvolta per la novità del parlare al microfono tali da essere capite a chi in prima fila, seconda al massimo. E mentre venivano disposti tutto intorno cartelli con i messaggi a tema unico, espliciti, severi ma senza andare oltre i limiti.

Pensavo allo stato d'animo. Là la sirena spingeva ogni volta l'immaginazione creando virtualmente un salto nel futuro, cercando cioè di immaginarlo dopo il sibilo e lo scoppio, ma era difficile riuscirci. Qua lo stesso interrogativo sul futuro.
L'esasperazione, negli interventi, nei cartelli, nelle espressioni, in qualcuno la speranza, ahimè impossibile, di un cambio, di una modifica.
La rabbia, giustificata: “mi fate spendere per mettersi a posto, spendiamo e addirittura ci chiudete”.
La rabbia, giustificata: “dopo le 18? non ci sono stati gli 'untori' nei nostri locali.
La rabbia, giustificata: “Chiudono noi e lasciano treni, metro, bus con la gente tutta cicciata”.

Tristezza, malinconia? Certo ma sopratutto un terribile senso di impotenza così come là quando si sentiva il rombo dei motori che arrivavano col carico di morte.
Il Piazza Garibaldi leggevo questa impotenza anche perchè il DPCM contestato non sarà l'ultimo, al punto di dover dire, purtroppo a ragion veduta, mala tempora currunt, sperando però di non dover dire e scrivere Mala tempora currunt sed peiora parantur ("corrono brutti tempi ma se ne preparano di peggiori").

Due Italie
Da quella panchina guardavo la gente seduta ai tavolini dei quattro caffè e ad un interlocutore rivolgevo una semplice osservazione: “là quelli che hanno il 27 del mese garantito, qui quelli che non lo hanno – là chi può sedersi in un bar qua chi fra un po' farà fatica a procurarsi il pane”.  Recentemente  è apparsa la notizia dell'aumento dei risparmi degli italiani, E certo con i mesi di clausura chi aveva il suo stipendio non aveva la possibilità di spendere, C'è dunque chi ha guadagnato – ce ne sono – e chi ha risparmiato. Nel momento che una parte della società è  in crisi spenderne qualcosa, ad esempio con acquisti appropriati o pranzi antimeridiani, andando incontro a chi è stato penalizzato sembra discorso velleitario. No, è discorso etico.
a.f.

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