Province. Giusto che tornino. Chi è contro eviti pressapochismo e l'ignoranza della realtà

Di Maio come Renzi. Entrambi da una grande città, quella per la quale l'esigenza di esserci è  meno avvertita per il peso del capoluogo. Di Maio contro per le 2500 poltrone che ci vorrebbero richiamando in servizio le Province. Bufala, molte meno e comunque i consiglieri non avevano e non avrebbro indennità. Sull'altro piatto della bilancia i vantaggi del governo sul e del territorio, andando oltre lo svolgimento di funzioni amministrative.

Noi sosteniamo queste tesi da tempo immemorabile con articoli, relazioni, saggi per cui la nostra non è scelta politica odierna perchè la proposta viene dalla Lega. E' interesse di tutti. Renzi ha perso il referendum costituzionale anche perchè su questa fesseria dell'abolizione delle Province l'opposizione è stata trasversale tanto era fesseria.

Riproponiamo uno dei  tanti articoli pubblicati in argomento, quello del 16.11.2016 dopo una proposta venuta dal PD veramente inaudita debitamente da noi commentata:

Dall'Editoriale in data 16 novembre 2016 su questo giornale:

20 NOVEMBRE 2016 EDITORIALI - Via le Province: castroneria. Referendum e Valtellina - Approfondita analisi sulle conseguenze del voto

Il nostro giornale è, come si suol dire, 'di nicchia', meno cronaca più approfondimenti, meno lettori ma più interessati.  Twitter è nell'altro emisfero, quello in cui si va per slogan o per titoli, sempre entro le 140 battute. Un esempio: nell'articolo della scrittrice Maria de Falco Marotta sulla Giornata Internazionale dell'Infanzia le battute sono 3667 (586 le parole).
Articoli, analisi, approfondimenti con un comune denominatore: la documentazione che deve reggere al vaglio non solo per le due-tre ore di vita, più una ripresa, di un quotidiano  o del giorno, più un numero di riprese variabile, di un settimanale. Abbiamo circa 21mila testi in archivio, tutti consultabili. Si può cercare quel che si è pubblicato sulla guerra in Irak, per fare un esempio, e trovare oggi pieno riscontro. Non eravamo profetici, non avevamo la sfera di cristallo, Avevamo due ingredienti: la logica sulla base di una documentazione basata non solo sul filone centrale, - è da tutti – ma con una particolare attenzione agli aspetti di contorno.
Tutto questo per sottolineare che quanto seguirà non ha matrice politico-partitica o di schieramento. Quanto andremo a puntualizzare non ha colore e comunque se qualcuno non condivide non ha che da mettersi al computer e dare ai nostri lettori la sua visione delle cose.
Non correremo dietro alle televisive recite a soggetto pappagallescamente ripetute or qua or là. Andremo al sodo su un punto specifico, là dove non si può barare o strumentalizzare: la soppressione delle Province.

La scaletta
Le Province danno fastidio a partire dagli anni '60. Sono però soltanto i repubblicani chr debbono 'subire' la prima innovazione. Restano anche quando, loro contrari, nascono le Regioni (nel 7/8 giugno 1970 la votazione, dal 1 aprile 1972 la completa operatività).
Le Province non avevano molti compiti: strade, non ancora trasporti, edilizia scolastica, manicomi, pesca sportiva, assistenza come ad esempio le colonie estive, affido e poco altro. Le Regioni, chi in un modo e chi nell'altro cercavano di trovare soluzione ai problemi di ampia scala che travalicano le singole competenze comunali. Ecco i comprensori, le Comunità Montane, i Comitati sanitari di zona, i Comitati agricoli comprensoriali e via dicendo. Le cose non funzionavano tranne che in parte delle Comunità Montane là dove a latere c'erano e ci sono i Consorzi dei Bacini Imbriferi (BIM) con relativo portafoglio.
In questa fase le Regioni che avrebbero dovuto essere Enti di legislazione, programmazione e alta amministrazione da un lato scadono alle erogazioni a pioggia visto che i Comuni sono tanti (1546 in Lombardia) per cui si arriva persino a modestissimi contributi, addirittura di 25mila lire ad asili. Nasce però una visione comprensoriale in particolare del territorio. La Lombardia è la prima a muoversi, anche bene con la L.R. 51 del 1975, prima innovazione dopo la Legge urbanistica del 7 agosto 1942, grande legge

Non così sul piano pratico sotto due profili. Da un lato i tempi di esame, ad esempio, dei Piani Regolatori Generali, di quelli attuativi, delle varianti sono biblici. Dall'altro nel merito asfissianti. Vale la pena, altro esempio, di fare riferimento al ponte sull'Adda di Tresenda. Il 22 maggio del 1983 la calamità, e vicende successive che mettono fuori uso il ponte che congiunge la SS38 alla SS39 dell'Aprica. I veicoli leggeri passano da Stazzona ma quelli pesanti no. Chi dovesse andare in Valcamonica da tutta la Valtellina deve passare da Lecco e Bergamo. La Provincia, solerte, predispone rapidamente il progetto che va in Regione. Il tempo passa, il Dirigente ing. Carugo tempesta di solleciti senza avere riscontro. Tocca a chi scrive, trovandosi a un convegno - entrambi come relatori – a porre il problema all'attenzione dell'assessore competente Ricotti. Caduta totale dalle nuvole. Nessuno gli ha detto niente. Da mesi il fascicolo riposa al settore Ben Ambientali. Rientrando a Milano l'assessore fa fuoco e fiamme, finalmente tutti negli uffici si muovono con la montagna che partorisce il topolino. Progetto fermo da chissà quando, cittadini penalizzati, trasporti pesanti gravati di forti costi e tutto per cosa? La prescrizione riguarda (!!!!!!) il tipo di ringhiera del ponte.
Ci siamo dilungati per una ragione precisa. Il ponte citato, una serie di vicende kafkiane riguardanti i Comuni, l'incertezza del diritto alimentarono le tentazioni autonomistiche. Possiamo citare le iniziative del Presidente della Provincia Scaramellini con chi scrive e i parlamentari per la SS38, la Comunità Montana unica di Valtellina vergognosamente suddivisa perdendo competenze e potere autonomo, il Comitato Retico di Luigi Mescia, i PIO del Comune di Sondrio.
PIO. Con un cesello di fantasia operando in profondità ai limiti dello scibile urbanistico venne sottratto alla Regione il suo potere di infrangere, di fatto, la visione strategica dello sviluppo. Il Presidente dell'Istituto Nazionale di Urbanistica Tutino in una importante due giorni a Modena ebbe a giudicare i PIO, versione però solo Sondrio, quanto di meglio vi fosse nel Paese. Una scelta, e un frutto, di carattere autonomistico.
Se ne esce la Provincia
Saliva l'insofferenza rispetto soprattutto al centralismo regionale ma intanto la Provincia usciva dalla rigidità del Bilancio con l'estendersi delle funzioni, con una crescente sensibilità rispetto ai problemi del Territorio. Da un'attività amministrativa la Provincia passava ad una vera e propria azione di governo. Un crescendo eccezionale ma in particolare, oltre a Tresenda 1983, con la grandiosa gestione della Legge Valtellina. 1800 miliardi gestiti senza rilevanti polemiche e senza il minimo scandalo. Rigorosa, per fare un solo cenno, l'attività per l'erogazione di contributi a chi aveva totalmente o parzialmente perso la casa. Il resto è storia recente dal Piano Territoriale all'incredibile soluzione dei problemi della SS38 (Cosio e Morbegno) per i quali non avremmo scommesso un solo €uro e invece portati in porto e al problema delle acque e delle concessioni idroelettriche.

Addio Provincia
Torniamo ad oggi. Scendono in campo gli ignoranti, coloro che credevano di sapere non sapendo invece Socratisticamente di non sapere un tubo. Si levano diverse voci secondo cui le Province non servono a niente e vanno eliminate. A quelle iniziali si aggiungono altri soloni non solo politici. C'è ad esempio Feltri che sul suo giornale fa la campagna. Ci sono le Regioni che credono rafforzato il loro potere. Ci sono parlamentari che ritengono di averne un profitto. Ci sovviene Manzoni dal XXXIV° capitolo dei suo capolavoro: “l’untore! dàgli! dàgli! dàgli all’untore!”. Eran quelli i responsabili della peste, sono le Province ...responsabili della peste finanziaria del Paese?
Nobel dell'ignoranza
Arriva una incredibile sequenza tale da concorrere al Nobel dell'ignoranza istituito proprio per fare al caso nostro.
1  Proclama. Delenda Carthago Cartagine (in questo caso la Provincia) ha da essere distrutta. Assioma.
2  Perchè. Critica della Ragion pura (Kant). Ratio politica. Via loro Roma sta meglio
2bis  Perchè. Critica della Ragion pratica (Kant) Chiuse loro diluvio di €uro risparmiati
3  Dell'ignoranza, tomo primo. Via loro? E le conseguenze?
4  Dell'ignoranza, tomo secondo. Primo risveglio. Tanti, fra cui cui l'Ufficio legislativo del Senato, che non ci sarà nessun risparmio perchè i 20.000 dipendenti restano se non si vuole chiudere bottega dei servizi ai cittadini
5  Dell'ignoranza, tomo terzo. Secondo risveglio. Ohibò, un imprevisto. Ci sono le corriere, le strade vanno curate, le acque seguite, le cave controllate e tante altre cosucce da fare
5bis Dell'ignoranza, tomo quarto, Idea! Ci pensino Regioni e Comuni
6  Dell'ignoranza, tomo quinto. Terzo risveglio. Impossibile. Vedasi la Lombardia. Chi ci pensa? Gli oltre 1500 Comuni, da Pedesina, 39 abitanti, in su? E la Regione? Per un problemino a Faedo o a Spriana deve pensarci un Ente che ha più abitanti della Svizzera e di altri Stati)?
7  Dell'ignoranza, tomo sesto. Idea!  Ci pensi ancora la Provincia, privando comunque i cittadini del voto, sostituendo gli amministratori con Sindaci
7bis  Dell'ignoranza, tomo settimo. Quarto risveglio. La situazione attuale è da Voltaren. Un Ente ci vuole per svolgere tutte le funzioni che fanno in ogni caso capo al livello provinciale, che sia il “Cantone”, che sia il “liberi Comuni” e via dicendo. Cosa cambia? Il nome oltre l'ingiustificato e antidemocratico esproprio del voto.
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La morale
La soppressione delle Province con non ben definiti Enti – aree metropolitane a parte e lì ne vedremo delle belle -
a)  non comporta nessun risparmio
b)  non elimina i 20.000 dipendenti (se da qualche parte, e non solo in Sicilia, ve ne sono in esubero per mala gestione vanno tagliati, e quelli soli, ma in ogni settore della P.A).
c)  viene meno il controllo democratico visto che a tutti noi viene scippato l'elemento fondamentale della democrazia, il voto
d)  si ottiene dunque una burocratizzazione esattamente uguale a quella di Bruxelles che deprechiamo tutti
e)  si eliminano tutte quelle attività meritorie, e ce n'erano, frutto dell'innovazione.
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E noi?
Abbiamo tutti considerato positivamente il disposto di legge che impegnava le Regioni a dare altre competenze rispetto a quelle in essere alle Province interamente montane e confinanti, vale a dire Sondrio e Belluno. Abbiamo subito rilevato il rischio per l'insufficienza di attribuzione. Una specie di sillogismo: le Regioni devono delegare propri poteri alle due Provincie ma capita che ci siano due circostanze ostative. Il primo che le Province vengono meno se passa il Referendum. Il secondo che le Regioni non possono delegare un bell'accidente visto che le materie che attendevamo lo Stato se le riprende.
La palla passa cioè a Roma. Posto che ci sia la volontà di dare seguito a quella scelta le cose non appaiono facili visto che già si erano levate voci, e iniziative, da parte delle altre Province montane ancorchè non confinanti. La stessa UNCEM ha salutato con soddisfazione che è entrata in circolo la parolina “montane”.
Altra osservazione. Nei giorni scorsi c'è stata l'approvazione, la seconda, da parte del Consiglio dei Ministri del D.L. riguardante le Camere di Commercio. Siamo citati con una formula criptica. Dedicheremo un articolo in proposito ma intanto ci chiediamo come mai non è stata colta l'occasione – è la terza! - per dare segno concreto che quel disposto di legge è solido. Bastava un emendamento di un riga e mezzo, ci fosse stata la volontà
Referendum?
Non è certo il voto dei valtellinesi che farà pendere la bilancia da una parte piuttosto che dall'altra e non sarà neppure quello che abbiamo scritto e che andiamo scrivendo a conclusione a farlo. Con la premessa iniziale e con quella conclusiva diremo che, prescindiamo dal merito, dalle posizioni politiche, da quello che ci dicono i fautori del SI o del NO.
Ci interessa la Provincia.
Se ce la portano via saranno guai seri.
L'invito a riflettere, poi ognuno faccia quel che, ponderata la situazione, la coscienza gli detta.

Alberto Frizziero

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