09 10 23 (Aggiornamento del 23.10) MA QUALE ORA DI RELIGIONE ISLAMICA!
Per il mondo musulmano l'appartenenza religiosa viene prima dell'appartenenza nazionale. Naturalmente, bisogna dire che vi sono più modi di praticare l'Islam, si può essere più liberali e tolleranti come può succedere in Italia. Ma costoro sono al corrente della diversità delle norme e delle usanze del nostro Paese, rispetto a quelle islamiche?
Non credo proprio. Difatti, non è stato ancora stilata alcuna Intesa tra lo Stato italiano e le comunità islamiche circa il rispetto delle nostre leggi e della nostra Costituzione. Un esempio: quante coppie musulmane si sono sposate civilmente e - di conseguenza - si impegnano a rispettare il dettato costituzionale? Benché costituiscano il secondo gruppo religioso in Italia per numero, le comunità islamiche non dispongono ancora di un accordo giuridico con lo Stato. In assenza di tale accordo, l'esercizio dei loro diritti religiosi é di fatto limitato. La creazione di nuove moschee e istituzioni scolastiche e l'osservanza di feste religiose e altri riti si scontrano con notevoli difficoltà. Inoltre, la stragrande maggioranza dei musulmani che vive in Italia non ha la cittadinanza e, quindi, non partecipa alla vita politica del Paese. Così i rapporti con l'Islam da un punto di vista giuridico è operazione non agevole, data la diversità dei sistemi giuridici, tra di loro difficilmente comparabili, e perché il mondo arabo prescinde da qualsiasi riferimento al diritto romano o ai diritti confessionali come quello canonico. Inoltre, l'Italia da sempre persegue la strada dell'interculturalità, che prevede la contaminazione delle diverse culture, tenendo come punto fermo la Costituzione. Il fatto che il nostro Stato ha subito negli ultimi anni un possente flusso migratorio proveniente da Paesi a prevalenza islamica, tanto che la comunità musulmana è diventata la seconda comunità religiosa, dopo quella cattolica, presente nel nostro Paese, induce alcuni politici a proporre un' ora di religione islamica a scuola di ogni ordine e grado. Ma secondo chi?. La maggioranza di questa comunità si riconosce in tre associazioni islamiche: l'Associazione Musulmani Italiani (A.M.I.), la Comunità Religiosa Islamica (CO.RE.IS.) e l'Unione delle Comunità ed Organizzazioni Islamiche Italiane (U.C.O.I.I.). Ciascuna di queste ha, separatamente, presentato al Governo italiano una propria bozza d'intesa, allo scopo di ottenere il riconoscimento dell'esistenza della comunità islamica nel nostro Paese e quindi di regolare alcuni aspetti della vita che sono strettamente collegati alla religione. Le richieste delle tre Associazioni, si concentrano particolarmente sul tema della famiglia, del lavoro e dell'istruzione. Da tenere ben presente che i musulmani provengono da una moltitudine di Paesi diversi, e quindi ciascun gruppo nazionale riproduce le divisioni esistenti in patria intersecandole con quelle degli altri gruppi. Il panorama risulta quindi molto variegato, e nessuna istituzione islamica o federazione associativa può presentarsi per ora come rappresentante dei musulmani all'interno di uno stato, perché non è in grado di raccogliere i consensi di tutti i gruppi, e in mancanza di questo la sua rappresentatività è sempre contestabile da altri. L'immigrazione in Italia è infatti ancora troppo recente, e la maggior parte degli immigrati è alle prese con problemi più concreti di natura economica e familiare. D'altra parte la maggior parte dei musulmani non conosce il contesto italiano, quale rapporto intende stabilire con esso, le modalità con cui sintetizzare la propria appartenenza all'Islam con l'adesione ai valori fondamentali della società italiana. La stessa scarsa frequenza alle moschee dimostra che gli stessi organismi islamici esistenti non rappresentano la maggioranza della popolazione. La distanza che si manifesta tra gli enti dell'associazionismo islamico e la maggioranza della popolazione musulmana residente in Italia, è un dato di fatto da considerare, nella prospettiva d'iniziative sul piano politico. Probabilmente la via migliore da seguire non è quella di legittimare istituzionalmente organismi la cui rappresentatività reale è dubbia - magari stipulando un'intesa prematura tra lo Stato italiano e una "confessione musulmana" rappresentata da enti scarsamente rappresentativi - , ma lasciare spazio e tempo al confronto e al dibattito all'interno delle varie correnti e organismi musulmani e nel più vasto ambito della popolazione musulmana di origine immigrata, perché possa emergere gradualmente una rappresentanza reale, che esprima realisticamente le esigenze dei musulmani nel contesto italiano. Prima di giungere a un'Intesa, di per sé difficilmente modificabile una volta stipulata, sembra indispensabile un maggiore radicamento dei musulmani in Italia, tenendo conto che il diritto comune italiano garantisce già, indipendentemente da qualsiasi Intesa, la libertà di religione, di espressione, di associazione per i musulmani come per gli altri residenti e cittadini. Precorrere i tempi significherebbe non consentire che emergano tutti gli interlocutori musulmani con i loro tratti specifici e che neppure vengano espresse in modo compiuto le esigenze religiose sentite dalla base. D'altra parte sarebbe come minimo imprudente non valutare i rischi di interlocutori legittimi per lo Stato italiano che potrebbero favorire un'evoluzione dell'Islam italiano in senso conflittuale rispetto ai valori fondamentali della società e della cultura italiana ed europea. I nostri politici in cerca di sensazionalismo, si informassero meglio su che cosa è "Islam" e si occupassero più seriamente dei veri problemi della scuola.
Maria de Falco Marotta