Questa è la guerra e il bambino fedelmente lo urla ricordando esplosioni morti,feriti , funerali
Una fedele interpretazione degli eventi bellici vissuti tra il 10 giugno 1940 (inizio della guerra mondiale e l'aprile 1945. Vissuti sì fra le bombe, le sirene, i funerali
Premessa. ANIOC aveva chiesto agli insigniti di fornire un testo per il sito scelt0 secondo sensibilità, interesse, cultura. Chi scrive dopo averci pensato non poco decise per un diario di guerra, ricco ahimè di tristissimi ricordi. Non però solo cronaca ma una impostazione tale da rendere il clima in quel contesto, da entrare nel mondo dei bambini ben più di quanto ci perviene dal Medio Oriete ovvero il dato statistico delle bare bianche. Ecco il testo
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Diario di guerra di un bambino, di Alberto Frizziero ancora in replica odiando le armi
E chi l’ha detto che un bambino in tenera infanzia ha solo vaghi ricordi? La grande storia si popola di immagini che rivivono ancora oggi, sia pur con un fascino melanconico che incanta.
Una foto? Basta scegliere fra almeno 25mila. Un articolo? Basta scegliere fra diverse migliaia. Sembrava facile, una bella, in bianco e nero, risalente al 4 novembre 1975. Niente da fare, non era dove si pensava. Intanto erano venute fuori quelle scattate in una saletta del Gallia di Milano sabato 18 settembre 1993. Un incontro. ristretto, quasi un tè delle cinque insieme con Gorbaciov al Gallia di Milano, mentre quello in Brianza con tremila imprenditori del Nord Italia essendo invece previsto l’indomani.
UN ARTICOLO
L’articolo? Una ricerca nel mare magnum della produzione giornalistica di 66 anni persa in partenza obbliga non a cercarlo ma a scriverlo. Già, ma su quale argomento? Le alternative sono tante e continuano ad aumentare. No, occorre offrire ai lettori qualcosa di originale possibilmente poi eticamente costruito, un seme di riflessione.
Trovata la strada da percorrere, quella di un inviato speciale al fronte per raccontare quali siano drammi e tragedie della guerra vissuti in prima persona (ormai ne restano pochi). Già, ma subito la prima obiezione. “La guerra è iniziata il 10 giugno del 1940 quando tu non avevi neanche quattro anni (per l’esattezza tre anni, sette mesi, 9 giorni) per cui è impossibile che tu possa rendere testimonianze”. E invece ecco una sorta di film, all’inizio con qualche flash, poi i primi eventi sino, via via ad avere a che fare con quel mostro che è l’attività bellica da vicino, da tanto vicino, da terribilmente vicino.
SAVONA
Abitavamo a Savona, Corso Vittorio Veneto, nei pressi della centrale elettrica perché la Falck, di cui mio padre, ingegnere, era dipendente come diversi valtellinesi, stava finendo di costruire la diga di Osiglia in provincia di Savona. Singolare in quanto lì non si è mai prodotta né si produce energia elettrica. Un invaso (13 mln di mc) maggiore dei nostri Venina o Scais realizzato per potere d’estate far fronte ai fabbisogni degli stabilimenti Falck sulla Morbida.
SUBITO GUERRA
La guerra si fa viva subito dopo l’annuncio, da Palazzo Venezia lunedì 10 alle ore infauste 18, dell’avvenuta dichiarazione a Francia e Gran Bretagna. Alcuni esempi.
1. GENOVA E LIGURIA
- Nella notte dell'11 giugno aerei britannici sganciano 5 tonnellate di bombe su Genova
- Nella notte del 13 lo stesso con la sola variante dei francesi al posto dei britannici
- Il 14 un terribile esempio di incapacità dei comandi militari. Una flotta nutrita anglo-francese riesce ad arrivare indisturbata a due passi dalla costa con un bombardamento navale di Genova e altri obiettivi liguri. E l’Italia aveva la sesta flotta del mondo...
2. SAVONA.
Un sommergibile inglese si avvicina alla costa indisturbato, è Il 6 ottobre Tra Vado Ligure e Savona il sottomarino inglese Triton vede quella che crede una nave mercantile (Verbali del Triton: era in posizione 075 °, Faro di Vado, 1,3 miglia nautiche; due siluri furono sparati contro quella che per gli inglesi era una nave mercantile ancorata di circa 2000 a 4000 tonnellate. La portata era di 4000 yarde). Incredibile: la Marina di Sua Maestà britannica spara i siluri contro…la centrale elettrica DERPO di Vado Ligure, regolarmente costruita a terra. Uno esplode contro il molo senza causare danni, a parte una strage di vetri di finestre anche in casa nostra, il secondo si arena sulla spiaggia. Come tanta altra gente andiamo a vedere questa specie di tubo. “Lì resterà alcuni giorni sorvegliato dai CCRR finché sarà disattivato, recuperato e studiato dagli specialisti dell'Arsenale della Regia Marina di La Spezia”.
I RICORDI
Avevo meno di 4 anni. I più convinti dell’impossibilità che potessi avere ricordi attendibili. L’archivio dei ricordi non ci sta e me ne spedisce tre in forma di memoria visiva e due audio. Il più intenso è quello di ottobre perché mentre scrivo mi si riaffaccia la scena della culla del mio fratellino di sei mesi sotto la finestra. Continuò a dormire nella culla coperta di rottami di vetro all’esplosione del siluro. Memoria visiva per tutta quella gente, i condomini, nell’atrio del Palazzo, mentre piovono le bombe. Memoria visiva per quel siluro ‘spiaggiato’ che avevo preso per un tubo. Memoria audio, e che scoppi, la notte – credo – dei bombardamenti dal mare.
VIA DI CORSA
Eravamo in guerra. Esposti. Doppiamente in quanto di fatto in riva al mare. La diga è finita. Semmai manca l’utilizzazione idroelettrica ma non verrà fatta. Si chiude, Pontremoli attende. Il capoluogo della Lunigiana, vertice tra Liguria, Toscana, Emilia è un cantiere permanente. Già c’erano una diga, una centrale, una rete di impianti vari nella zona e i lavori proseguiranno sino al 1953 con manodopera, anche valtellinese, qualificata. Valtellinese il capocantiere Parolo, padre del prof. Graziano che fu assessore in Sondrio col Sindaco Venosta, un Redaelli di Chiuro – fratello del ‘re degli scampoli’ in quel di Casacce-. Valtellinesi altri con un ricordo particolare per Esterina Donati di Briotti, altissima e apprezzatissima. Era la cuoca per gli ingegneri come una decina di altre figure, tutti Falck. Via dal pericolo-Genova scegliendo la tranquillità della capitale dei librai. Almeno si credeva.
PONTREMOLI IN PACE
Lontani gli echi bellici con la sola eccezione dei frequentissimi passaggi aerei gran parte dei quali – si saprà poi – diretti a Berlino con due tonnellate di bombe per aereo. Una domenica mattina in Verdeno, alle 10, si misero a contarli arrivando a 1700 gran parte B-17 dette ‘fortezze volanti’ (ne furono costruite 12731). A scuola ci insegnavano cosa fare in caso di bisogno (ricordo il coprifuoco). Per il resto la vita scorreva tranquillamente. Fino a… Fino a quando il cantiere, non bellico, della Falck ha attirato l’attenzione degli alleati.
3. PONTREMOLI IN GUERRA
La Falck aveva gli uffici in Via Roma in un edificio a un solo piano dove oggi c'è un’Assicurazione e nella elegante Palazzina a fianco, oltre l'alloggio del direttore, la mensa già citata per la decina fra dirigenti e impiegati, una mensa da ristorante stellato cui provvedeva, pure citata, la chilometrica cuoca, forse 1.80 di altezza ma in compenso snellissima, lì, lei Esterina Donati di Briotti con tanti altri operai valtellinesi. In quella che ora è via Pirandello c'era il cantiere della Falck, provetto capocantiere il Parolo, pure della Val d'Arigna, padre del prof. Graziano assessore a Sondrio con il Sindaco Venosta. Anche la sorella Rita era venuta a Sondrio in città come in Valtellina altri che erano là a lavorare. Contro quel cantiere si avventarono gli aerei alleati una notte intorno alle cinque. 30 le bombe sul cantiere e sulle zone abitate attigue. Quelle sì che furono BOMBE INTELLIGENTI e una INTELLIGENTISSIMA. 29 evitarono accuratamente non solo le persone, i capannoni, le case adiacenti ma persino quei piccoli 'orti di guerra' intorno alle case che assicuravano un po' di cibo in tempi in cui ce n'era assai poco. E la trentesima? La 30ma sfiorò la parete di una casa (il secondo edificio a sinistra dopo l'imbocco di Via Pirandello, salendo verso le scuole, edificio a due piani, allora uno solo più quello rialzato) finendo sul marciapiede e scavando una grossa buca. Fosse esplosa la casa sarebbe andata in pezzi. Ed ecco che lei, INTELLIGENTISSIMA, usò evidentemente il buon senso, oppure ascoltò le preghiere di tanta gente, e dunque decise di non scoppiare. All’alba, la prima luce dà la buona notizia: i piloti alleati hanno fatto cilecca su tutta la linea. Buchi qua e là e persino risparmiati i 24 preziosi mini-orticelli. “Han fatto cilecca? Ma allora torneranno”, il timore, anzi la paura fa ‘90 e quindi per chi può fuga da Pontremoli verso le molte frazioni e contrade. Ovviamente deserto il cantiere visto che era un obiettivo e il cielo costantemente pieno di aerei. Per qualche giorno ecco cominciato a vedere cosa voleva dire essere in guerra. Razionato il cibo, sonno dove? ma stesi per terra su materassi e altro in un localone di 50 mq in 10 o 12. Acqua in una non vicina fontana. Igiene nel bosco. Lavori Falck ovviamente sospesi e ciascuno a casa sua d’intesa e con l’aiuto della società per i non facili viaggi.
4. CHIOGGIA IN PACE
Via da Pontremoli il più presto possibile ovviamente ma c’è una complicazione: Casa Piazzi a Ponte, nostra destinazione, non è ancora pronta. I nonni paterni vorrebbero che l’attesa della casa la si passi da loro. Lo spazio c’è, pericoli non sono stati corsi, la città non è un obiettivo strategico. Lasciamo Pontremoli con grande personale stupore. Era vicino il tempo degli esami dato che allora li si faceva non solo dopo la quinta elementare ma anche dopo la terza. Niente esami, e allora? Efficienza: il certificato è già, comunque pronto, anche senza esame. Partenza, sono in quarta. Del viaggio un solo ricordo: le sciabolate di luce delle fotoelettriche nel cielo alla ricerca di aerei nemici. Non ce ne saranno anche se le sirene, almeno i primi giorni, fanno venire i brividi con la loro terna: preallarme, allarme, cessato allarme.
Cosa voleva dire essere in guerra. Mio padre viene in Valle, torna giù da noi con la valigia forata. Nel burro che ci portava una serie di coriandoli multicolori, frutto del proiettile rimasto dentro. Un bel ricordo di un mitragliamento aereo in un viaggio fatto in parte in treno scappandovi poi, in un camion dell’esercito, in un furgone. Cosa voleva dire essere in guerra. Anticipando i tempi, shoccante vedere dalla mia finestra un furgoncino davanti la stazione di Chiuro con l’autista che corre via disperatamente mentre da due aerei a non più di 3 – 400 metri di quota, probabilmente Mustang P51, escono due strisce di fuoco, vittima il veicolo, grato alla Madonna di Tirano l’autista.
Cosa vuol dire essere in guerra anche se fino a quel momento lì non era stato esploso un solo colpo. Era un’impresa far da mangiare non per il cibo che, pur razionato con la tessera, allora non mancava (poi non parliamone!). Non c’era niente per riscaldare e nel periodo che fummo lì il fuoco lo si fece con la raccolta della Illustrazione Italiana, splendida rivista quasi da collezione.
5. CHIOGGIA IN GUERRA, MITRAGLIATO
Troppo bello per essere vero. 8 anni di età ma già un compito importante: con la mia biciclettina una pedalata mattutina fuori porta Garibaldi perché s’è trovato chi ci fornisce mezzo litro di latte, un tesoretto. 17 agosto, quasi alla Chiesa di S. Andrea lo sguardo in un cielo rumoroso. Sono sette aerei in formazione che piombano in picchiata. Sembrava che l’avessero con me, quasi incantato a guardarli. Ci pensò un soldato a prendermi di peso e buttarmi per terra dentro alla tabaccheria di Calle Fattorini. In uno spazio ridotto molte donne, chi piangeva, chi urlava, chi pregava. Pochi secondi e una esplosione terribile. Pochi secondi e il bis. Poi silenzio e la sirena del cessato allarme. Erano due burchi, grandi barconi in legno a fondo piatto adatti alla navigazione interna, carichi di esplosivo; rimanevano a galleggiare pezzi minuscoli. Quanto agli aerei avevano lasciato una chiarissima testimonianza: a forse neanche mezzo metro di distanza dalla mia biciclettina raccolta l’ogiva di un proiettile che senza l’intervento di quel soldato… Ancora un ricordo. La sera, al solito arrivo di “Pippo” – ovunque così lo si chiamava ma in realtà erano tanti aerei – cominciava il suo lavoro l’antiaerea con i proiettili traccianti. Era il momento di correre alle finestre perché quei traccianti sembravano fuochi artificiali; quindi il momento delle sgridate e dello scendere le scale per rifugiarsi – si fa per dire – nell’atrio delle case non essendoci rifugi antiaerei. Fra gli episodi da richiamare due particolari.
- Il primo riguarda una bettolina da navigazione interna che come molti natanti vedeva installata a bordo una mitragliera. Centrata nel corso di un mitragliamento il fuoco arrivò dopo un minuto o due alla santabarbara. Spettacolo incredibile e rarissimo: una grossa palla di fuoco salita verso il cielo. Nota positiva il nessun danno alle persone fuggite in tempo.
- Il secondo in diretta da una finestra. Sirena, prima del preallarme e quasi subito dell’allarme. Ancora quasi subito il rumore dell’aereo in avvicinamento. Tambureggiante intervento dell’antiaerea sopra il Forte di San Felice ma insolitamente breve. Breve perché questa volta è l’attaccante ad avere la peggio. Pochi colpi dunque, una grande fiammata, l’aereo in laguna e una cosa che a un bambino di neanche 8 anni risultava incomprensibile ossia l’acqua che bruciava (in realtà era il carburante). Torneremo però su questo episodio, per i dettagli impressionanti.
6. CHIOGGIA IN GUERRA, BOMBARDATI
Dormivo nella stanza dei miei nonni paterni. Un boato. Non c’erano tapparelle ma ‘scuri’ che sbattevano facendo intravvedere fiamme, che in realtà erano i cavi elettrici. Esco sul balcone, la casa a sinistra, a due o tre metri, non ‘è più. Un cumulo di macerie e sotto una mia madrina, tre sorelle, altre 2 persone Oltre i morti quello salvato da mio padre e suoi collaboratori con una operazione di alta ingegneria durata 6 ore. Poi i feriti, uno grave ed altri meno. Dalla sua finestra, mentre la casa crollava si era buttato il mio amico Giorgio venendomi incontro: “la mia mammaaaaaaaa”. Solo 8 anni ma azzeccata la risposta, inventata: “L’ho vista, sta bene”. Poi per fortuna è emerso che stava bene. La realtà che che più chi meno in situazioni simili è sotto shock. Non lo sono i ragazzi. Non è finita. La prima bomba ha colpito il vertice sinistro della casa distruggendola. Un’altra ha colpito il vertice opposto non esplodendo ma pregiudicando la stabilità di un altro edificio, mancando di pochi metri la parte di casa dove dormivano tre familiari. E il gas, quello liberato nell’esplosione ancora in gola, ricordando che venne sganciata una quantità di bombe dal potenziale distruttivo eccezionale abbattendo altre quattro case in Corso del Popolo, Calle Gradara e Calle Biseghella, complessivamente 18 vittime, tra cui molti bambini e 6 feriti.
7. CHIOGGIA IN GUERRA, POI AFFONDATI
I piloti assassini prima di prendersela con l’inerme popolazione civile avevano tentato di fare ‘bingo’, Era infatti in navigazione in laguna il piroscafo “Giudecca” solito portare i pendolari a Venezia. Quel 25 settembre gli andò male. Le due bombe sganciate fallirono gli obiettivi finendo l’una in acqua poco prima della prua e l’altra subito dopo la poppa.
Triste ricordo personale. Pochi giorni dopo partimmo infatti per arrivare finalmente in Valle e il nostro inizio fu proprio sul Giudecca. Ahimè, ne ricordo il Corriere della Sera: il 13 ottobre, prima il mitragliamento, poi tre bombe, senza alcuna giustificazione, nemmeno militare. Assassini. Morti ufficiali 67, s’è parlato di 200, qualcuno anche di 400. Tutti inermi. Roba da Stranamore.
8. LA BOMBA INTELLIGENTE DI PONTE IN VALTELLINA
Per finire più sereni una bomba INTELLIGENTE quella sganciata intorno alla mezzanotte da “Pippo”, dall'aereo così soprannominato che ogni notte piombava qua e là sganciando i suoi confetti sulla popolazione civile. “Guerra psicologica – il colmo - la chiamavano...
La bomba era finita nella parte sud del cimitero nei pressi della strada che dalla Madonna di Campagna raggiunge San Carlo, a fianco della strada campestre e senza danneggiare le colture! Più intelligente di così…
LA GUERRA NON GUERREGGIATA DI PONTE
Ponte ricorda anche che quella sera, ormai nel 1945, tre famiglie avevano usato del sale medicinale per cuocere i cibi. Sale normale non ce n'era salvo che al mercato nero ma i soldi non li voleva nessuno. Come eravamo ridotti! C'era il baratto, posto di trovare la quasi introvabile materia prima.. Due kg di zucchero, o due di burro per un kg di sale. E così il farmacista Garlaschelli quando aveva dei sali medicinali li dava per uso alimentare. Quella sera ne usarono, un tipo nuovo, tre famiglie. Bollendo però, si seppe solo dopo, si formava formaldeide, velenosissima. Tutti o quasi colpiti. Mio fratello di 4 anni, dr. Giacomoni al suo fianco per 4 ore, steso sul tavolo delirava - Più tardi si sarebbe liberato con il classico dito in gola superando così la crisi - con tutti noi e tanti amici intorno che poi sarebbero andati di corsa nelle loro case sperando che quella bomba non le avesse colpite.
Per fortuna era una bomba intelligente e poi non è detto che nella deviazione fino a farla finire in un angolo tranquillo e inutilizzato non ci sia entrata l'attigua Madonna di Campagna… Non si può però non ricordare quanti non hanno avuto altrettanta sorte benigna. Ci riferiamo a quei lunghi elenchi di Caduti di guerra nel monumento del Piazzale Valgoi.
LA GUERRA, UN MOSTRO MA ANCHE UMANITA’
Avevamo descritto l’abbattimento dell’aereo attaccante. L’indomani, in un silenzio impressionante nonostante la presenza di svariate centinaia di persone nella piazza di Vigo arrivano una, due, cinque barche. In ognuna una salma, ingrossata, recuperate in laguna una parte della carlinga, altri rottami del velivolo. I soldati le raccolgono, le stendono sul piazzale una a fianco dell’altra. Il parroco di S. Andrea recita un brano funebre, la gente prega. Un picchetto d’onore rende il suo saluto. Non fosse stato abbattuto forse quell’aereo avrebbe potuto portare morte e danni fra noi, eppure l’atmosfera, giusto il richiamo del sacerdote non è di odio. Colpisce, anche un bambino di 8 anni, in quel richiamo il pensiero della notizia che oggi sarà arrivata alle famiglie dei cinque…. L’umanità c’è ancora.
Se ci si pensa quanto sopra è la migliore dimostrazione di cosa la guerra sia: un mostro, anzi un mostro idiota, un mostro persino controproducente. E non ci sono solo le bombe. Innanzitutto il cibo, qualche esempio. Verso la fine del conflitto il prestinaio Cappelletti a Ponte doveva fare il pane, razionato con tessera e bollini, aggiungendo, tanto poca era la farina, patate e un po’ di cellulosa. L’olio ce lo dava, sottobanco, un milite della Confinaria: una bottiglietta ogni 15 giorni. Un po’ di farina dal Giana del mulino di Chiuro in cambio della dotazione per il bimbo che stava per nascere. Una volta in diversi mesi in tutto avevamo vista la carne che un operaio aveva portato a mio padre come un messaggio, che cioè era molto stimato e, significativo (a quel che dicevano forse l’unico dei dirigenti a dare del Lei a tutti i collaboratori degli uffici, dei cantieri, in montagna). Data la presenza di due bambini, 8 e 4 anni, il Podestà aveva assegnato il ritiro giornaliero di mezzo litro di latticello alla latteria sociale. Il sale era quello medicinale che ha portato la mia famiglia, il sottoscritto esente, la famiglia Moltoni e una terza, avvelenati, a ricorrere ai medici, dr. Giacomoni e Quadrio Brunasi. Eccetera, eccetera. La carenza di cibo il dato più appariscente, mentre per capi d’abbigliamento e cose simili tantissimo lavoro alla Singer per mamme e sorelle riciclando, unico modo, a più non posso. Non dimentichiamo poi fra gli altri guai, il flagello della diffusione della TBC che trovò finalmente chi la contrastò – la penicillina - solo ben dopo la fine della guerra.
Infine, per un sorriso, un particolare curioso. Occupata la scuola dalla Confinaria si doveva andare in un’aula di fortuna in un vecchio edificio alla periferia-est del paese, ciascuno portando però il suo pezzo di legno per la stufa
QUINTO NON AMMAZZARE
La scristrianizzazione della società, che del resto la stessa società paga assai, non ha minimamente inficiato il valore e la portata dei 10 Comandamenti, in primis del quinto: non ammazzare (che però, come spiegavano a S. Rocco allora unico centro di aggregazione di noi ragazzi, vale anche ‘rovesciato’, cioè a dire non solo non ammazzare ma anche il non farsi ammazzare. Vale per chiunque ma anche su grandi scacchieri e se ne usa. Troppe volte.
- La prima Guerra del Golfo, ad esempio, era inevitabile come a suo tempo avemmo modo di dimostrare ampiamente. Non per il petrolio come tutti dicevano ma perché Saddam aveva inglobato il Kuwait risolvendo suoi gravi problemi con il patrimonio della Banca Centrale kuwaitiana e per il livello del PIL. Tutti i passi che si dovevano fare sono stati fatti, militarmente ci fu una coalizione, politicamente l’ONU
- La seconda Guerra del Golfo ebbe come motivazione le armi di distruzione di massa di Saddam, gran maggiordomo il Segretario di Stato USA Rusk. Non convinsero nessuno come fu dimostrato mentre stavolta sì che ci fu, non palesata ma reale, la motivazione del petrolio e la scelta di far fuori Saddam. Si complicò tutto come fu per Gheddafi.
- La Primavera araba, fortemente sostenuta, a nostro avviso ma non solo nostro, dal Presidente Napoletano contro quelli che erano gli interessi dell’Italia. “10.000 morti a Bengasi” erano una ragione più che sufficiente per intervenire, solo che si trattava di una balla enorme. Lo dimostrammo allora andando a vedere il traffico che scorreva tranquillamente mentre ci fossero stati non 10.000 ma anche solo 100 morti la mobilitazione araba sarebbe stata amplissima. Francia e Gran Bretagna furono mosse certo dalla volontà di scalzare e sostituire l’Italia in Libia, i suoi interessi petroliferi, gli investimenti libici ma ci fu ben altro. Per sintetizzare quanto già scrivemmo i Paesi africani avevano raggiunto un accordo, semplifichiamo, per una loro banca con tanto di percentuali di capitalizzazione, prima Algeria poi Libia, Egitto e via. Era in programma la firma e con quella firma i Paesi avrebbero cessato la loro indipendenza finanziaria dalla Francia. Altro che Primavera araba!
- L’atomica. Gli americani giustificarono l’uso delle bombe atomiche sostenendo che c’era da far finire la guerra evitando di dover perdere ancora tante vite. Terribile ma una sua logica va riconosciuta. Questo però per “Little Boy” sganciata su Hiroshima il 6 agosto 1945. Tali le distruzioni e quindi la nuova situazione da rendere inevitabile la resa superando l’ostinazione bellica dell’esercito giapponese. Tre giorni troppo pochi per una decisione come quella della resa. Tre giorni, probabilmente già decisi per cui toccò a Fat Man (che nome!!!), il secondo ordigno nucleare, di operare a Nagasaki una seconda strage. Come si fa a non ritenere questo secondo evento un crimine contro l’’umanità?
8 MILIARDI
Siamo vicini al 7,87 miliardi, di cui quasi tre fra Cina e India e l’incremento non accenna a ridursi, almeno nel nostro tempo. Una parte di questa popolazione, spesso la più disagiata, ‘vive di guerra’. Una parte, la più agiata, tra Gibilterra e quasi gli Urali ha conosciuto il periodo più lungo di pace della storia. I giovani di oggi, le persone mature, gli anziani fin quasi gli 80 anni non hanno idea cosa voglia dire la guerra. Ne abbiamo dato qualche aspetto rivivendo quel percorso. L’auspicio che si colga l’essenza di quel che si è scritto, su questo terribile mostro che è la guerra d’offesa dovunque e comunque la si collochi.
Alberto Frizziero
(ulteriore replica:con questo titolo
Diario di guerra di un bambino -Diario tra il 10 giugno 1940 (inizio della guerra mondiale e l'aprile 1945) vissuti fra le bombe, le sirene, i funerali