ANCORA SUL BIM. UN DISASTRO PER LA NOSTRA GENTE CHIUDERLO 12.3.20.12

Abbiamo ricevuto una e-mail sulla questione BIM che, come ormai diffusa abitudine sul web, tira il sasso nello stagno ritraendo il braccio. In altri termini uno dice la sua e poi, arrivato in fondo, si guarda bene dal firmare. C'è una tradizione consolidata dei mass media secondo la quale chi scrive ad un giornale deve firmarsi. Poi può richiedere o che ci sia tassativamente la firma, o che ci siano le iniziali, o che ci sia uno pseudonimo o infine che non ci sia niente. Coerenti con la tradizione non pubblichiamo ma sintetizziamo le due accuse che ci vengono rivolte per il reato di mantenimento del BIM dato che da sempre ne sosteniamo l'indispensabilità, pena grossi rischi.

La prima riguarda le poltrone. Chi scrive, "uomo della Prima Repubblica" difenderebbe le poltrone che non ci sarebbero più se i sovracanoni venissero passati alla Provincia.

La seconda riguarda il BIM così com'è oggi ed ecco le accuse di contributi a pioggia e simili.

Innanzitutto ci va di ringraziare l'anonimo critico per il riferimento alla Prima Repubblica. Ne trattiamo in calce dopo avere risposto sul tema centrale (x).

Comuni titolari del diritto

Perchè il BIM deve restare. Abbiamo chiarito ciclicamente, in corrispondenza di ogni sussulto abolizionista, la ragione fondamentale perchè il BIM deve restare, ovvero l'interesse della nostra gente. Abbiamo addirittura predisposto un corposo e documentatissimo dossier nel periodo in cui folate di vento contrario erano entrate nella sala consiliare del Comune di Sondrio, dossier diffuso anche fuori provincia e fuori regione senza che vi fossero osservazioni critiche, neppure da parte degli abolizionisti. Ricorderemo che si è dimostrato come i Consorzi BIM siano a prova non solo di legge regionale ma anche di legge nazionale. Il diritto è unicamente dei Comuni e solo loro potrebbero, con maggioranza qualificata, sciogliere il Consorzio (poi litigando per 25 anni, se bastano, per dividersi i soldi in 78 pacchetti più Sorico...). A supportare l'esclusività dei diritto dei Comuni ci sono infatti due esemplari sentenze della Corte Costituzionale e sarebbe bene che gli abolizionisti non dico le studiassero ma quantomeno le leggessero.

La disastrosa fine della CM unica

Ciò premesso ai sostenitori della liquefazione del BIM, va in primis ricordato il precedente della Comunità Montana unica di Valtellina. Avevamo un'occasione unica con i poteri che la CM aveva per legge e che poi le Comunità piccole non hanno più avuto. L'ondata abolizionista prevalse con alcuni di noi a fare la figura del Don Chisciotte alle prese con i mulini a vento, a cercare di arginare l'autolesionismo dilagante risultato vittorioso. Bastarono tuttavia pochi mesi per far capire, quantomeno ai più avvertiti e informati in materia, quale cantonata fosse stata presa. Intellettualmente onesta la loro pubblica autocritica ma intanto il danno per la nostra gente era fatto. Un solo esempio: tutti lamentano la cementificazione lungo la SS38 con la capannonite dilagata e tuttora dilagante. Inutile prendersela con i singoli Sindaci ciascuno dei quali oggi guarda l'interesse del proprio orto. La responsabilità, gigantesca, è di chi ha voluto la soppressione della CM unica, rivelatasi disastrosa, il cui piano aveva razionalizzato gli insediamenti produttivi in aree ben delimitate e pianificate. Non ci sarebbe scappato il Patrocinio Unsco al versante terrazzato...

Si dice "Historia magistra vitae". Si dice anche, però, che non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire. Rivediamo in rapida sintesi le due inconcludenti proposte che periodicamente affiorano nel dibattito, alquanto asfittico da qualche anno a questa parte, provinciale. La prima punta sulle CCMM.

Via il BIM, soldi alle CCMM (?!?)

Che la Comunità Montana sia un Ente istituzionalmente precario lo dimostra tutta la sua storia. E' nato nel 1971 senza essere strutturalmente né carne né pesce nella genesi e persino nelle sue finalità. La legge statale affidava alle Regioni il compito di delimitare le cosiddette 'aree omogenee', ovvero il territorio delle CCMM. Due tesi a confronto. Chi, come noi, Valli bergamasche, Valcamonica, Trentino aveva esperienza di maglia larga era per Enti di una certa dimensione per incidere sul territorio, tenuto conto che le Province allora avevano limitate competenze e bilanci molto rigidi, sostanzialmente con sola finanza derivata. Altri vedevano la Comunità come una sorta di grosso comune, tesi che aveva sponsor importanti. Uno per tutti il comm. Piazzoni, segretario generale dell'UNCEM (Unione Nazionale Comuni Enti Montani). Amico personale ma due sponde opposte. Lui per le CCMM piccole, sia come posizione intellettuale sia come 'potere' UNCEM, essendo più facile governare da Roma unità piccole che non quelle grosse. Si tenga conto, e in Regione questo non piaceva, che la CM unica di Valtellina, assunto il ruolo di leadership lombarda, era arrivata al punto di fare ritirare alla Giunta regionale progetti di legge, di modificarne altri, di trattare pari a pari con ANAS (in un anno e mezzo dall'incarico di progettazione partiva l'appalto del lotto del Tartano e della Sernio-Mazzo!), con il Magistrato del Po, con l'ENI (uranio di Val Vedello), con il Credito Svizzero a Zurigo (problema Bagni di Bormio), con l'AEM, prima volta nella storia. Occasione splendida perduta. Un coacervo di forze,dentro e fuori della politica, riuscì a spuntarla dividendo in 4 l'unica col risultato però che le nuove CCMM non avevano più l'eccezionale potere sovraordinato di coordinamento né avevano più statura e autorevolezza nei confronti degli altri interlocutori. Persa ovviamente la leadership.

Oggi le CCMM sono virtualmente morte e basta, per riscontrarlo, vedere quale riduzione vi è stata dei fondi nazionali. Da noi non si nota questo degrado per il semplice fatto che le nostre cinque hanno a disposizione i fondi BIM. Probabilmente è questione di tempi. Nella presente fase di fatto l'orientamento è che vedano le Regioni se tenerle o meno con il sottinteso che se una Regione le tiene deve anche pensare a finanziarle. In ogni caso futuro incerto.

Si fosse dato retta a chi negli anni decorsi si batteva per far sparire il BIM dando i sovracanoni alle Comunità oggi saremmo in braghe di tela con un diritto affievolito e senza lo scudo della Corte Costituzionale. La storia insegna.

Via il BIM, soldi alla Provincia (?!?)

Fermo restando quanto abbiamo scritto sul diritto dei Comuni ancora più cervellotico è il voler chiudere il BIM passando i sovracanoni alla Provincia, dimenticando, fra parentesi, che la Provincia, ammesso che resti, compartecipa al gettito dei sovracanoni rivieraschi, oltre al discorso sul canone, oggetto tuttora di querelle con la Regione.

La Valtellina non è il centro del mondo.

Il legislatore che volesse occuparsi della materia deve considerare, oltre la Valtellina, anche tutto il resto del territorio nazionale. Un esempio per meglio far capire le cose. Qui, ambito del BIM, a parte il Comune di Sorico dentro al bacino dell'Adda ma fuori dal Consorzio BIM, vi è coincidenza con il territorio provinciale e quindi di ambito di gestione dei fondi. Si vada all'Aprica e si scenda in Valcamonica. Si vada sul Corno Stella o altri passi orobici e si scenda nelle valli bergamasche. Si vada a dire ai Comuni e alle popolazioni dei territori a monte, oggi con sede del BIM in Via Moro di Breno, che i loro fondi verranno gestiti a Brescia. Si vada a dire ai bergamaschi (pur con sede BIM in Via Taramelli ma solo per questioni baricentriche rispetto ai 195 comuni consorziati) che i loro fondi li amministrano gli amministratori del capoluogo, quelli di Seriate o di Treviglio... Si vada a dire alla gente della Fonanabuona che si chiude la sede BIM in Viale Italia di Cicagna e si porta baracca e burattini in Piazzale Mazzini dove ha sede a Genova la Provincia. E a quelli della Val Morbida dire che i soldi traslocano e vanno a Savona. Dobbiamo andare avanti?

Allora lasciamo le cose così?

Lasciamo allora le cose così? Questa può essere la considerazione di chi è scarso di fantasia o di chi sta nella superficie dei problemi e non scava in profondità come dovrebbe fare chiunque deve prendere decisioni che durano nel tempo e incidono sulla vita della gente. Vale per i Comuni e la volontà di accorparli. In alcuni casi, certo, è la via da percorrere. In molti altri il rimedio può essere peggiore del male, come si vedrà. Studiando si scoprirà che in Francia, Paese di grande tradizione per l'efficienza amministrativa i Comuni sono circa quattro volte e mezzo quelli italiani, 36.568 rispetto ai nostri 8092. Il problema prioritario pertanto non è quello di accorpare ma di maggiore efficienza e minori costi, e le soluzioni possono esserci. Lo stesso può valere per il BIM, e le soluzioni possono esserci, innovative. Il problema è culturale e poi politico. Quali siano queste soluzioni le avremmo anche in mente ma non tocca a noi e comunque non ci va di trattarne, con tanti sordi che ci sono in giro. Quindi ci fermiamo qui.

Alberto Frizziero

(x) Sono, e in tanti siamo, orgogliosi d'essere uomo della Prima Repubblica che non è cominciata negli anni '80 avanzati, dalla data in cui il degrado è andato in discesa e i valori in salita, in ogni caso non in Valtellina. La Prima Repubblica è iniziata, anche se allora c'era ancora il Re, meglio il Luogotenente, il 25 aprile del 1945 in un momento in cui il Paese era pieno di macerie e non solo quelle tangibili. Le macerie erano dentro la gente. La guerra, le vittime, poi la guerra civile, il rischio comunista (più quello fuori dai confini che quello dentro), l'incertezza del futuro. Difficile tutto, persino mangiare. Per un anno e mezzo gli italiani, al nord, continuarono ad avere la tessera, fortunati solo quelli che erano in zone occupate dagli americani, la cui sussistenza meritoriamente operò a favore di popolazioni affamate, denutrite, esposte alla TBC. In non molti anni ci fu un'ascesa vertiginosa, con la trasformazione da Paese in gran parte agricolo a Paese moderno sino ad arrivare a vedere assegnata alla lira l'Oscar delle monete, e per due volte I 761 km dell'Autostrada del Sole, aperta nel 1964, furono un simbolo di questa trasformazione. Di fronte a innegabili grandi progressi, sino ad arrivare nel ristretto club dei Paesi più importanti del mondo, i critici ad oltranza dicono che il merito è degli italiani. Certo ma anche i bambini sanno che i risultati sono il frutto dell'impegno di tanti ma se non c'è chi traccia la strada, indica gli obiettivi, dirige la marcia si va a finire male. Oggi i giovani hanno un'immagine della Prima Repubblica totalmente distorta. Viste le cose d'oggi, sintetizzando, si può dir loro che una ricetta c'è per uscire dai problemi odierni. Basterebbe copiare, quasi pari pari, la Prima Repubblica (fermandosi, naturalmente, dal 1945 ai primi anni ottanta).

Alberto Frizziero
Editoriali