LA JIHAD? E’ SCRITTA NEL CORANO (1)

Le reazioni scomposte alla citazione del Papa. Ma hanno letto il suo discorso?

Dopo le reazioni scomposte alla citazione di un breve passo di Manuele II Paleologo (imperatore bizantino che si sentiva assediato dalle armate turche, alla metà del quattrocento), delle varie élites musulmane (tanti, quanti sono i Paesi che professano Allah) che sobillano, ad arte, le masse dei credenti islamici, arrabbiati sicuramente contro l’Occidente non per la fede in Dio, ma in tutte altre cose politiche ed economiche, il titolo a tutta pagina : "Il nostro Dio è diverso da Allah”(Il Foglio), fa proprio cascare le braccia.

Ma com’è che in Occidente vi siano tanti mestatori e che le cose più semplici devono per forza diventare motivo di conflitto con gli altri?

Chi è che non conosce che tra le varie religioni vi è un fondo di incomunicabilità, che i costumi tribali dei vari popoli difficilmente sono dimenticati, che gli islamismi si credono i soli portatori dell’unico Dio, che gli sforzi (Jihad) per rendere il mondo una comunità di uomini e donne liberi sono perigliosi e improbabili?

Intanto, il nostro Dio non è diverso da Allah. Se si ammette la sua presenza è lo stesso che permea l’universo, che è chiamato con nomi “diversi” nelle varie religioni, tant’è che nella Bibbia è scritto: “ Quando il Dio Altissimo assegnò ai popoli la terra,- quando distribuì gli uomini nel mondo,- segnò i confini delle nazioni- e diede ad ognuna un dio protettore” (Deuteronomio, 32, 8).

- Le frasi “incendiarie”pronunciate da Benedetto XVI in Germania, all'università di Ratisbona, sul rapporto tra fede e ragione, che hanno fatto scoppiare le proteste del mondo musulmano.

«Tutto ciò mi tornò in mente - ha detto Papa Ratzinger interrogandosi sulla natura di Dio per mezzo della ragione - quando recentemente lessi la parte edita dal professore Theodore Khoury (Muenster) del dialogo che il dotto imperatore bizantino Manuele II Paleologo, forse durante i quartieri d'inverno del 1391 presso Ankara, ebbe con un persiano colto su cristianesimo e islam e sulla verità di ambedue. Fu poi presumibilmente l'imperatore stesso ad annotare, durante l'assedio di Costantinopoli tra il 1394 e il 1402, questo dialogo; si spiega così perchè‚ i suoi ragionamenti siano riportati in modo molto più dettagliato che non quelli del suo interlocutore persiano. Il dialogo si estende su tutto l'ambito delle strutture della fede contenute nella Bibbia e nel Corano e si sofferma soprattutto sull'immagine di Dio e dell'uomo, ma necessariamente anche sempre di nuovo sulla relazione tra le - come si diceva tre Leggi o tre ordini di vita: Antico Testamento - Nuovo Testamento Corano. Di ciò non intendo parlare ora in questa lezione; vorrei toccare solo un argomento - piuttosto marginale nella struttura dell'intero dialogo che, nel contesto del tema fede e ragione, mi ha affascinato e che mi servirà come punto di partenza per le mie riflessioni su questo tema».

«Nel settimo colloquio - ha proseguito il Papa - edito dal prof. Khoury, l'imperatore tocca il tema della jihad, della guerra santa. Sicuramente l'imperatore sapeva che nella sura 2, 256 si legge: 'Nessuna costrizione nelle cose di fede'. È una delle sure del periodo iniziale, dicono gli esperti, in cui Maometto stesso era ancora senza potere e minacciato. Ma, naturalmente, l'imperatore conosceva anche le disposizioni, sviluppate successivamente e fissate nel Corano, circa la guerra santa. Senza soffermarsi sui particolari, come la differenza di trattamento tra coloro che possiedono il Libro e gli 'increduli', egli, IN MODO SORPRENDENTEMENTE BRUSCO CHE CI STUPISCE, si rivolge al suo interlocutore semplicemente con la domanda centrale sul rapporto tra religione e violenza in genere, dicendo: «Mostrami pure ciò che Maometto ha portato di nuovo, e vi troverai soltanto delle cose cattive e disumane, come la sua direttiva di diffondere per mezzo della spada la fede che egli predicava».

«L'imperatore, dopo essersi pronunciato in modo così pesante, spiega poi minuziosamente le ragioni per cui la diffusione della fede mediante la violenza è cosa irragionevole. La violenza - si legge nel discorso di Ratzinger - è in contrasto con la natura di Dio e la natura dell'anima. «Dio non si compiace del sangue - egli dice -, non agire secondo ragione è contrario alla natura di Dio. La fede è frutto dell'anima, non del corpo. Chi quindi vuole condurre qualcuno alla fede ha bisogno della capacità di parlare bene e di ragionare correttamente, non invece della violenza e della minaccia. Per convincere un'anima ragionevole non è necessario disporre nè del proprio braccio, nè di strumenti per colpire n‚ di qualunque altro mezzo con cui si possa minacciare una persona di morte». L'affermazione decisiva in questa argomentazione contro la conversione mediante la violenza è: non agire secondo ragione è contrario alla natura di Dio. L'editore, Theodore Khoury, commenta: per l'imperatore, come bizantino cresciuto nella filosofia greca, quest'affermazione è evidente. Per la dottrina musulmana, invece, Dio è assolutamente trascendente. La sua volontà non è legata a nessuna delle nostre categorie, fosse anche quella della ragionevolezza. In questo contesto Khoury cita un'opera del noto islamista francese R. Arnaldez, il quale rileva che Ibn Hazn si spinge fino a dichiarare che Dio non sarebbe legato neanche dalla sua stessa parola e che niente lo obbligherebbe a rivelare a noi la verità. Se fosse sua volontà, l'uomo dovrebbe praticare anche l'idolatria».

- Gli interrogativi

La gente comune è frastornata dai molteplici tumulti scomposti nel mondo musulmano a seguito delle parole del papa( Bé, non è vero che nel Corano vi è l’invito alla guerra santa contro tutti i miscredenti- tra questi i seguaci delle varie religioni? Tant’è che ancora oggi, per esempio, una donna islamica si potrà sposare con un seguace delle religioni del Libro- ebrei- cristiani- ma assolutamente no con i politeisti) e si chiede: chi ha ragione? Chi dipinge Ratzinger con l'elmetto vicino a George Bush? Chi lo interpreta come una sorta di Papa Urbano II pronto a scatenare la prima crociata intellettuale e postmoderna contro l'Islam? O chi ha letto nel discorso a Ratisbona la condanna dell'Islam più radicale?

Sta di fatto che davanti a interpretazioni così contrastanti e in un momento storico nel quale il dialogo fra Islam e Cristianesimo non è mai stato così difficile, il lettore medio, cattolico o laico che sia, è colto da sconforto.

"Sull'intervento di Benedetto XVI mi sentirei di dire alcune cose" dice il teologo Vito Mancuso, docente all'Università San Raffaele di Milano. "Le parole che ha detto il Papa sul logos e la razionalità come patrimonio intrinseco del Cristianesimo sono del tutto vere ed è stata per me una gioia sentirle. Condivido in pieno anche la sua analisi del Corano come testo privo di un criterio assoluto in base al quale pensare Dio. Il cristiano sa che Dio è amore, il musulmano non sa chi è Dio, sa solo che esiste, che è unico e che domina il mondo".

- I fatti.

1)Le reazioni musulmane, dai quotidiani nazionali italiani del 18 settembre 2006

“La Guerra santa continuerà finché l'Occidente non sarà sconfitto”. La cellula irachena di al Qaeda (il "Consiglio consultivo di mujahideen") reagisce così alle parole del Papa sull´islam e la violenza. L'avvertimento dell'organizzazione si legge in un comunicato piazzato su un sito Internet. «Diciamo al servo dei crociati (il Papa): aspettatevi la sconfitta. Noi diciamo agli infedeli e ai tiranni: aspettatevi ciò che vi affligge. Proseguiremo la nostra jihad. Ci fermeremo soltanto quando la bandiera dell'unità sbandiererà in tutto il mondo», si legge nella nota del Consiglio consultivo di mujahideen.

Ma non sono solo le organizzazioni terroristiche a non essere soddisfatte delle scusa del Papa. L´Iran ritiene le spiegazioni date domenica durante l´Angelus dal Papa sul suo discorso a Ratisbona sono state «necessarie», ma non sufficienti. Il Pontefice «deve dire che quello che aveva affermato è sbagliato», ha detto il portavoce del governo di Teheran, Gholam Hossein Elham. L´esponente iraniano ha denunciato quello che ha definito «un complotto dei Sionisti, che per continuare a commettere i loro crimini, hanno usato in modo distorto le parole del Papa». Perciò, ha aggiunto il portavoce del governo, pur giudicando «positive» le parole pronunciate dal Pontefice «per chiarire le cose, debba parlare in modo più chiaro e trasparente». «Il Papa - ha aggiunto Elham - deve dire che quello che aveva affermato (nella lectio magistralis di Ratisbona) è sbagliato».

Stesso discorso per la massima autorità religiosa dei copti egiziani, Shanuda III. «Avrei sperato che il papa avesse valutato le conseguenze prima di pronunciare le sue parole – ha detto il capo di questa antica chiesa che oggi conta sei milioni di fedeli - , ma visto che è già avvenuto, non rimane che (Il Papa) rimedi per evitare le rabbiose reazioni» del mondo islamico. Shanuda, che parlava in conferenza stampa, rivolto agli egiziani ha fatto un appello a tutti i fedeli di «mantenere la calma a livello locale e non fatevi condizionare delle idee che provengono dall'estero».

Calma che per il momento non si riesce a mantenere in Pakistan, dove dopo le parole del pontefice, dei manifestanti hanno bruciato le immagini del Papa, chiedendo le sue scuse per le dichiarazioni sull'Islam(riprese ampiamente da tutte le televisioni).

La questione può avere inoltre conseguenze ancora maggiori, visto che è a rischio il previsto viaggio del Papa in Turchia( ripensati, politici, ad ammettere la Turchia nell’Unione europea…). Il Gran Muftì di Turchia, Ali Bardakoglu, che giovedì scorso aveva reagito duramente alle affermazioni del papa sull'Islam, chiedendo le sue scuse, ha dichiarato che domenica il papa «non ha chiesto scusa per le sue parole, ma ha detto di essere stato frainteso a causa delle sue parole». «Era difficile per il papa fare delle scuse dirette. Ha fatto perciò delle scuse di terzo grado. Non ha chiesto scusa per le sue parole, ma di essere stato inteso male a causa delle sue parole» - ha dichiarato Bardakglu (che è un alto funzionario governativo) al giornale Hurriyet.

Anche la stampa turca, sia laica sia islamica, esprime un giudizio analogo sulle affermazioni del papa. «Il mondo islamico aspetta le sue scuse, ma il papa non ha potuto chiedere scusa ed ha affermato che la sua era solo una citazione di un episodio medioevale che non riflette le sue opinioni ed ha confermato la sua volontà di dialogo».

L'organizzazione terroristica in Iraq pubblica un comunicato su internet, mentre a Bassora 500 iracheni bruciano l'effige di Benedetto XVI.

"Conquisteremo Roma come promesso dal Profeta": la guerriglia irachena si scaglia contro il Papa. "Il servo della croce, il Papa del Vaticano come Bush attacca l'Islam e offende il profeta nel suo discorso sulla Jihad". L'autocritica di Ratzinger non placa il mondo islamico più radicale e su un sito internet, la cellula irachena dell'organizzazione terroristica al Qaeda promette di proseguire la Jihad (la guerra santa) fino alla "sconfitta" dell'Occidente. "Questa è la nostra risposta alla denigrazione che il Papa Benedetto XVI ha fatto dell'islam e della jihad”.

Il comunicato di al Qaeda. ''Ai seguaci della croce - si legge nel comunicato attribuito al Consiglio consultivo dei Mujahedeen - diciamo: Preparatevi alla sconfitta. Ai tiranni e agli infedeli diciamo: aspettatevi ciò che vi affliggerà. Noi proseguiamo con la nostra Jihad e non ci fermeremo finché un solo vessillo sventolerà sul mondo''.

- «Conquisteremo Roma come promesso dal Profeta»: è questa la minaccia lanciata dal Consiglio dei Mujahidin, sigla della guerriglia irachena all'interno della quale è confluita la cellula locale di Al Qaeda.

MESSAGGIO SUL WEB - «Diciamo al servo dei crociati: aspettatevi la sconfitta. Noi diciamo agli infedeli e ai tiranni: aspettatevi ciò che vi affligge. Proseguiremo la nostra Jihad. Ci fermeremo soltanto quando la bandiera dell'unità sbandiererà in tutto il mondo», si legge nella nota del Consiglio consultivo di mujahideen. Secondo il gruppo terroristico iracheno, ci sarebbe un nesso tra la guerra americana all'Iraq e le posizioni della Santa Sede. «Dopo che lo stupido portatore della croce Bush ha annunciato l'inizio di una nuova campagna dei crociati contro l'Islam e i musulmani e ha cominciato questa campagna con l'invasione dell'Afghanistan e dell'Iraq, ecco che il servo dei crociati, il papa del Vaticano, ha seguito le orme di Bush negli attacchi flagranti contro l'Islam e il suo profeta Maometto, per ciò che riguarda il rito della Jihad», afferma il messaggio, intitolato «Comunicato sulla denigrazione del Papa dei cristiani contro il nostro profeta».

2) La fede cristiana nel mirino dal Medio Oriente all’Asia

Per i cristiani la «mappa del pericolo» include paesi formalmente laici e democratici come la Turchia, dove il parroco don Andrea Santoro è stato assassinato da un fondamentalista il 5 febbraio 2006 nella chiesa di Santa Maria a Trebisonda, e regimi teocratici come l’Iran e l’Arabia Saudita. Ma anche, antichi luoghi-simbolo della cristianità come Mosca, oggi la città europea con il maggior numero di musulmani: al Cremlino è appena stata costruita la moschea più grande del continente e nel 2015 la maggioranza dei giovani saranno di fede islamica.

La geografia del rischio spazia dal Medio Oriente al Pakistan, dall’Iraq all’Africa. «La persecuzione islamica a danno dei cristiani nel sud del Sudan - denuncia il cardinale Roberto Turci - ha provocato un milione di morti. In Sudan ed in molti altri Paesi islamici si sta sviluppando il lato peggiore del fondamentalismo. Abbiamo avuto martiri cristiani a causa delle persecuzioni comuniste, naziste ed oggi islamiche». Somalia, alcune zone dell’India (in particolare al confine col Pakistan), Afghanistan, Sudan ed Egitto sono i Paesi dove «sono più a rischio i religiosi e i missionari cattolici», precisa Attilio Tamburrini, direttore di «Aiuto alla Chiesa che soffre», un ente ecclesiale che raccoglie informazioni per il Vaticano sui fenomeni di «intimidazione e violenza» contro le comunità cristiane nei cinque continenti.

«In Somalia è in corso da parecchio tempo una terribile guerra interna ed è senz’altro un Paese dove può esplodere di continuo la violenza anticristiana - precisa Tamburrini -. Forti pericoli, esistono, comunque, in tutta l’area islamica: Sudan, Afghanistan, Iraq». In Egitto, poi, la situazione è particolarmente ad alto rischio, per i turisti e le comunità cristiane. L’autorità copto- ortodossa della Chiesa egiziana Shenouda III è già intervenuto per calmierare gli animi. «In Somalia non si può certo escludere un legame tra l’agguato alla suora e le reazioni alle parole di Benedetto XVI - osserva Tamburrini -. Ma episodi di violenza contro religiosi cristiani non sono nuovi e le corti islamiche che si contendono il potere minacciano continuamente gli stessi somali cristiani». Inoltre in Africa sono all’ordine del giorno fenomeni di banditismo locale che a volte colpiscono dei religiosi. In Turchia i sacerdoti cattolici sono accusati dai mass media di svolgere proselitismo e la Costituzione non garantisce né alle comunità religiose di organizzarsi liberamente e possedere beni, né al cittadino di cambiare fede o di riunirsi con altri fedeli in una comunità. E un mese fa il ministro turco per gli Affari religiosi, Mehmet Aydin, ha avvertito il Parlamento che «i missionari minacciano l’unità della Nazione». Quasi ogni giorno si verificano aggressioni fisiche contro sacerdoti in Afghanistan e negli altri Paesi che considerano l’Islam religione di Stato e la «sharia» legge fondamentale, inclusa la condanna a morte per apostasia per chi cambia religione, come accaduto al medico afghano Abdul Rahman cui l’Italia ha concesso asilo politico.

Colpiti dalla minaccia del terrorismo, molti cristiani hanno scelto la via dell’esilio in Occidente. È il caso di Iraq e Palestina, dove è particolarmente alto il rischio di estinzione delle comunità cattoliche di rito orientale. Solamente da agosto a ottobre 2004, in Iraq hanno abbandonato il Paese tra i 10 mila e i 40 mila cristiani. Agli sforzi di alcuni Stati, come Marocco e Tunisia, di promuovere il dialogo e la tolleranza, si oppone la retromarcia dell’Algeria, che due mesi fa ha approvato una legge che punisce le conversioni dall’Islam. Intanto in Egitto si sta radicalizzando lo scontro fra fondamentalisti islamici e copti ortodossi, con tentativi di conversioni forzate e aggressioni di massa.

L’avanzata dell’Islam radicale si avverte anche in Kenya e soprattutto in Nigeria. E segnali inquietanti arrivano dall’Indonesia, il Paese musulmano più popoloso, dove sono sempre più frequenti attacchi e violenze contro persone e chiese. Spesso gli estremisti, appoggiati dalla popolazione, riescono ad interrompere le funzioni religiose dei cristiani, costretti così a riunirsi nelle abitazioni private, sebbene sia vietato dalla legge(Cfr.: i quotidiani italiani, 18 settembre 2006).

3) IN SOMALIA, DOVE COMANDANO LE CORTI ISLAMICHE, a Mogadiscio, raffiche di mitraglia sulla folla che guarda una partita.

Morire per vedere una partita di calcio. Non è violenza negli stadi, che in Somalia nemmeno ci sono. Sono le regole imposte a Mogadiscio dalle Corti islamiche che hanno "liberato" la città dai signori della guerra. Un ragazzo di 13 anni è caduto sotto i colpi dei miliziani islamici che hanno sparato contro la folla raccolta in un cinema di Mogadiscio per seguire le immagini via satellite di Chelsea- Liverpool. Altri tre giovani sono rimasti feriti. Si erano riuniti a centinaia, al Duale, un cinema in disarmo nel quartiere di Bulo-Hubey, per uno svago che accomuna i ragazzi - e gli adulti - di tutto il mondo. Una tv, un impianto satellitare. Ma anche una sfida ai nuovi padroni della Somalia che, come già avevano fatto i taleban in Afghanistan, hanno posto il veto su tutto ciò che è "occidentale" e quindi, secondo loro, contro la sharia, la legge islamica. Film, radio, tv, musica dal vivo, spettacoli e persino ricevimenti nuziali(dai quotidiani italiani, 18 settembre 2006)

Le affermazioni di un islamologo di fama mondiale, Samir Khalil Samir, gesuita, e autore di : "Cento domande sull´islam", sul significato del jihad:

«La parola jihad deriva dalla radice j-h-d che in arabo evoca uno sforzo, in genere quello bellico. Nel Corano la parola jihad è sempre utilizzata nel senso di lotta per Dio secondo l´espressione integrale jihad fi sabil Allah, lotta sul cammino di Dio, e perciò viene tradotta nelle lingue europee, dagli stessi musulmani, come "guerra santa".

«Questa traduzione è stata di recente messa in discussione da alcuni studiosi, soprattutto occidentali, secondo i quali il jihad non è la guerra, bensì la lotta spirituale, lo sforzo interiore. Si opera anche la distinzione tra il jihad akbar e il jihad asghar, il grande jihad e il piccolo jihad. Il primo sarebbe la lotta contro l´egoismo e i mali della società - insomma, uno sforzo etico e spirituale -, mentre il secondo sarebbe la guerra santa da combattere contro gli infedeli in nome di Dio.

«Tutto ciò è un´elaborazione che non corrisponde né alla tradizione islamica né al linguaggio moderno. Tutti i gruppi islamisti che adottano la parola jihad nel loro nome non la intendono certamente nel suo significato mistico, bensì nell´accezione violenta, e le decine di libri pubblicati negli ultimi anni sul jihad si riferiscono tutti alla guerra santa. Dunque sia a livello storico, dal Corano in poi, sia a livello sociologico, il significato odierno di jihad è univoco e indica la guerra musulmana in nome di Dio per difendere l´islam».

«La violenza è d´altronde chiaramente presente nella vita stessa di Maometto. È interessante osservare che le prime biografie del fondatore non portano il nome di sira, come saranno chiamate nel terzo secolo dell´egira, (IX secolo dell’era cristiana), bensì quello di kitab al-maghazi, ossia "il libro delle razzie". È stato lo stesso Maometto a condurre sistematicamente, come capo politico, queste razzie, ad organizzarle e a conquistare, una dopo l’altra, le varie tribù arabe. E queste si sono sottomesse a lui e al suo Dio, pagando un tributo che permetteva a Maometto di lanciarsi in nuove conquiste.

«Subito dopo la sua morte (632) molte tribù si sono ribellate al suo successore, il califfo Abu Bakr al-Siddiq (632-634), rifiutando di continuare a pagare il tributo cosicché il califfo ha dovuto dichiarare loro guerra. Gli storiografi musulmani chiamano queste guerre hurub al-ridda, le guerre degli apostati. Da qui è derivato l’obbligo di uccidere chiunque si tiri indietro, l’apostata che rinnega la sua fede [...].

«La violenza, in definitiva, ha fatto parte dell’islam nascente. In quell’epoca, nessuno trovava nulla di riprovevole nelle azioni belliche di Maometto, dato che le guerre erano una componente della cultura beduina dell’Arabia. Ma il problema è che, oggi, i gruppi musulmani più agguerriti continuano ad adottare quel modello. Dicono: "Anche noi dobbiamo portare all’islam i non musulmani come ha fatto il Profeta, con la guerra e la violenza", e fondano queste affermazioni su alcuni versetti del Corano. ("Cento domande sull´islam", intervista a Samir Khalil Samir a cura di Giorgio Paolucci e Camille Eid, Marietti 1820, Genova, 2002)».

Quello che scrive un famoso scrittore musulmano

Si parla oggi di conflitti di civiltà ed è vero che in primo piano c'è la dimensione globale: non si tratta pertanto di guerre in senso fisico ma di conflitti in senso ideologico. Il che cambia completamente l'approccio ed i parametri: del resto, Gruppi radicalizzati vorrebbero portarci su questo terreno nella gestione del diritto islamico per mezzo di vecchi concetti come dar al-harb e dar al-islam che, esprimendo "lo spazio della guerra" e "lo spazio dell'islam", propongono una visione binaria del mondo. Questo spostamento di senso è illegittimo, monco e pericoloso. Le prescrizioni islamiche in materia di "diritto di guerra" non lo permettono. Di fronte all'invasione culturale dell'Occidente ed al famoso "scontro" di civiltà, la maggior parte dei movimenti islamici non risponde con le armi e non pensa in termini di guerra armata. Per loro c'è ovviamente il Jihad, ma questa resistenza passa attraverso la promozione dei loro valori, della loro identità, attraverso l'educazione, l'impegno sociale, l'iniziativa economica. Nel cuore delle nazioni soffocate dal peso della dittatura e del sottosviluppo, resistono lottando continuamente per il pluralismo, la libertà d'espressione e la solidarietà. Essi parlano veramente di GIHAD ed è proprio di questo sforzo e di questa resistenza che si tratta. (Tariq Ramadan Peut-on vivre avec l’ Islam")

Brani del Corano sulla jihad

Combattete per la causa di Allah contro coloro che vi combattono, ma senza eccessi, che' Allah non ama coloro che eccedono.

Uccideteli ovunque li incontriate, e scacciateli da dove vi hanno scacciati: la "persecuzione" (fitna) e' peggiore dell'omicidio. Ma non attaccateli vicino alla Santa Moschea fino a che essi non vi abbiamo aggredito. Se vi assalgono, uccideteli. Questa e' la ricompensa dei miscredenti...." (Corano al-Baqara 2,190-191)

"...Vi e' stato ordinato di combattere, anche se non lo gradite. Ebbene, e' possibile che abbiate avversione per qualcosa che, invece, e' un bene per voi, e puo' darsi che amiate una cosa che invece vi e' nociva...."(Corano al-Baqara 2,216)

"...(Allah e' migliore e duraturo, (...) lo avranno...) ....coloro che si difendono quando sono vittime dell'ingiustizia..."(Corano ash-Shura 42,39)

"....Ho chiesto al Messaggero di Allah: -Oh Messaggero di Allah, Qual'e' il miglior atto?- Egli ha risposto: -Offrire la preghiera all'inizio dei loro tempi stabiliti- Ho chiesto: -Qual'e' il prossimo atto di bonta'?- Egli ha risposto: -Essere buoni ed obbedienti con i propri genitori- Nuovamente ho chiesto: -Qual'e' il prossimo atto di bonta'?- Egli ha risposto: -Partecipare al jihad nella Causa di Allah- Io non gli ho chiesto nient'altro e se gli avessi chiesto di piu', egli mi avrebbe detto di piu'...."(Hadith Bukhari vol.4 n.41 raccontato da 'Abdullah bin Mas'ud)

"...-Combatteteli finché non ci sia più presecuzione e il culto sia (reso solo) ad Allah. Se desistono non ci sia ostilità a parte contro coloro che prevaricano..."(Corano al-Baqara 2,193)

"....(E ricordate) quando Allah vi promise che una delle due schiere (sarebbe stata) in vostro potere; avreste volute che fosse quella disarmata! Invece Allah voleva che si dimostrasse la verità (delle Sue Parole) e (voleva) sbaragliare i miscredenti fino all'ultimo...."(Corano al-'Anfal 8,7)

"....E quando ispirò agli Angeli: -Invero, sono con voi; rafforzate coloro che credono. Getterò' il terrore nel cuore dei miscredenti: colpiteli tra capo e collo, colpiteli su tutte le falangi!

E ciò avvenne perché si erano separati da Allah e dal Suo Messaggero.- Allah e' severo nel castigo con chi si separa da Lui e dal Suo Messaggero....!

Assaggiate questo! I miscredenti avranno il castigo del Fuoco!

O voi che credete, quando incontrerete i miscredenti in ordine di battaglia, non volgete loro le spalle.....(Corano al-'Anfal 8,12-15)

"....Oh Profeta, incita i credenti alla lotta. Venti di voi, pazienti ne domineranno duecento e cento di voi avranno il sopravvento su mille miscredenti. Che in verità,é gente che nulla comprende...."(Corano al-'Anfal 8,65)

"....Disapprovazione (bara'a) da parte di Allah e del Suo Messaggero, nei confronti dei politeisti con i quali concludeste un patto.

Per quattro mesi potrete liberamente viaggiare sulla terra e sappiate che non potrete ridurre Allah all'impotenza. Allah svergogna i miscredenti.

Ecco, da parte di Allah e del Suo Messaggero, un proclama alle genti nel giorno del Pellegrinaggio: -Allah e il Suo Messaggero disconoscono i politeisti. Se vi pentite sarà meglio per voi; se, invece, volgerete le spalle, sappiate che non potrete ridurre Allah all'impotenza. Annuncia a coloro che non credono un doloroso castigo.

Fanno eccezione quei politeisti con i quali concludeste un patto, che non lo violarono in nulla e non aiutarono nessuno contro di voi: rispettate il patto fino alla sua scadenza. Allah ama coloro che (lo) temono.

Quando poi siano trascorsi i mesi sacri, uccidete questi associatori ovunque li incontriate, catturateli, assediateli e tendete loro agguati. Se poi si pentono e eseguono l'orazione e pagano la decima, lasciateli andare per la loro strada. Allah é Perdonatore e Misericordioso.

E se qualche associatore ti chiede asilo, concediglielo affinché possa ascoltare la parola di Allah e poi rimandalo in sicurezza. Ciò in quanto, e' gente che non conosce....."(Corano at-Tawba 9,1-6)

E poiché le parole del Corano sono increate( esistono presso Dio da sempre), non modificabili, da rispettare nella loro totalità, è facile comprendere anche le reazioni violente dei musulmani.

Il Corano è per loro quello che Gesù Cristo è per i cristiani.

La Jihad da Maometto ai giorni nostri

Abbiamo appena ricordato quel terribile 11 settembre del 2001, quando un commando di terroristi islamici riuscì a dirottare alcuni aerei di linea che sorvolavano gli Stati Uniti (A Venezia 63 Oliver Stone, ha portato World Trade Center, una agghiacciante esperienza di due soccorritori, intrappolati nelle macerie. L'episodio scosse il mondo e provocò una serie di guerre, ritorsioni, attentati riproponendo uno dei temi che sembravano esser destinati a rimanere per sempre a marcire nei manuali di storia: le «guerre di religione» - in lingua araba, «jihad».

Nel Corano , ma anche negli hadith.,raccolte scritte («tradizioni») dei detti e delle azioni di Maometto, il cui esempio e autorità hanno grande influenza nell'Islam, governano ogni aspetto della vita, inclusa la legge civile. Esistono diverse raccolte di hadith, ma quella compilata da Bukhari, che visse 200 anni dopo Maometto, è considerata di molto peso. Molti musulmani, è noto, sono persone straordinariamente benevole e desiderose della pace. E l'Islam ha in sé molti elementi di pacifismo: As-Salâm, ovvero «la Pace», è uno dei novantanove nomi di Allah; e «pace, pace» è il canto dei beati nel Paradiso musulmano. A parte questo, però, chiunque voglia commettere una violenza è perfettamente giustificato dal Corano a farlo. Sebbene la violenza nel Corano a volte sia intesa come autodifesa, altre volte è violenza gratis. Ci sono tre motivi per cui qualcuno può essere ucciso: assassinio, adulterio, o abbandono dell'Islam (apostasia); secondo la legge pakistana, chiunque insulti Maometto può essere messo a morte, mentre in Siria per essere uccisi basta pronunciare la parola «ebreo» (inserita in qualsiasi contesto).

Molti passaggi nel Corano esortano i musulmani a uccidere gli infedeli, termine che in origine designava gli Arabi che non si sottomettevano all'Islam ma, dopo la morte di Maometto e la violenta espansione territoriale islamica, passò ad indicare tutti i non-musulmani.

Ma il Corano non è la sola base per la violenza nell'Islam. L'esempio di Maometto stesso ha posto le fondamenta per la violenza mediante le sue opere e i suoi comandi, che si trovano negli hadith. L'11% delle pagine degli hadith di Bukhari fa riferimento alla Guerra Santa. La jihad militare è una parte tradizionale dell'Islam, sebbene la partecipazione alla guerra santa sia oggi ritenuto dalle correnti moderate un dovere facoltativo e non un obbligo.

Maometto proclamò di aver avuto la sua prima visione da Dio nell'anno 610 dopo Cristo, e i primi 13 anni del suo ministero furono contraddistinti da una predicazione pacifica nella città della Mecca. In questo tempo, si mostrò ben intenzionato ad elevare la condotta morale del suo popolo attraverso una serie di leggi che faceva credere gli fossero state dettate da Dio. Nell'anno 623 egli divenne un leader politico nella città di Medina e col suo potere politico comparve un nuovo comportamento aggressivo. Attaccò le carovane e usò la spada per diffondere la sua religione e accrescere il suo potere: nei soli 10 anni in Medina, Maometto condusse personalmente 27 sanguinose invasioni e ne preparò 65, ordinando ai suoi seguaci di condurne molte altre. Si trattava, in pratica, di razzie e saccheggi per procurarsi il cibo, tanto che alcuni teologi musulmani sostengono che le uniche «guerre sante» siano quelle da lui combattute. Egli, inoltre, assassinò molti dei suoi oppositori durante la sua vita, compresi poeti e poetesse di opere satiriche. Durante la sua battaglia contro i quraisciti, attaccati a tradimento dopo che lui stesso li aveva convinti ad una tregua, donne e bambini furono venduti come schiavi, e centinaia di uomini catturati furono decapitati (pratica che abbiamo visto essere comune per i terroristi di oggi); anche alcuni del suo stesso popolo furono inorriditi da queste cose.

Osama bin Laden (il miliardario saudita che vive rintanato in qualche grotta dell'Afghanistan o del Pakistan ed ha progettato l'attacco dell'11 settembre contro gli Stati Uniti), nel famoso videotape scoperto in Afghanistan nel 2001, disse: «Mi è stato ordinato di combattere la gente fino a quando essi non diranno che non c'è altro Dio se non Allah, e che Maometto è il suo profeta». In queste parole echeggia il linguaggio del Corano stesso.

Inoltre, ai musulmani viene insegnato che chi combatte e muore in una jihad riceve il perdono di tutti i peccati commessi, e viene ricompensato con una vita sensuale e lussuriosa in Paradiso: il Paradiso islamico si chiama «Giardino delle Delizie» ed è descritto come una grande oasi, dove i beati vivono in ricchi palazzi, banchettano con cibi squisiti e bevande inebrianti (comprese quelle proibite sulla terra) e fanno l'amore con le sempre-vergini urì. Molte sure promettono, a chi muore in guerra, di andare «nel più alto dei Paradisi»; si veda, ad esempio, la sura 3 (157-158): «E se sarete uccisi sul sentiero di Allah, o perirete, il perdono e la misericordia di Allah valgono di più di quello che accumulano. Che moriate o che siate uccisi, invero è verso Allah che sarete ricondotti» e più ancora nel versetto 195: «Il loro Signore risponde all'invocazione: "In verità non farò andare perduto nulla di quello che fate, uomini o donne che siate, ché gli uni vengono dagli altri. A coloro che sono emigrati, che sono stati scacciati dalle loro case, che sono stati perseguitati per la mia causa, che hanno combattuto, che sono stati uccisi, perdonerò le loro colpe e li farò entrare nei Giardini dove scorrono i ruscelli, ricompensa questa da parte di Allah. Presso Allah c'è la migliore delle ricompense"». Oppure alla sura 4, versetto 74 si legge: «Combattano dunque sul sentiero di Allah, coloro che barattano la vita terrena con l'altra. A chi combatte per la causa di Allah, sia ucciso o vittorioso, daremo presto ricompensa immensa», come anche si esplicita alla sura 22 (58-59): «Quanto a coloro che sono emigrati per la causa di Allah, che furono uccisi o morirono, Allah li ricompenserà nei migliore dei modi. In verità Allah è il migliore dei compensatori! Li introdurrà in un luogo di cui saranno soddisfatti. In verità Allah è il Sapiente, il Magnanimo». Inoltre si veda Bukhari 4:63, 72, 80, 85, 137, 175, 216, 266.

Dunque, uccidendo i non-musulmani si ottiene la ricompensa più elevata. E c'è un solo modo per essere quasi sicuri di andare in Paradiso: morire in una jihad.

Da qui ai kamikaze (parola giapponese che durante la Seconda Guerra Mondiale designava i piloti nipponici che si suicidavano gettandosi con gli aerei contro le navi americane per avere la certezza di colpirle) il passo è breve: sebbene Maometto condanni il suicidio, negli anni '80 del XX secolo il dittatore iraniano Khomeini stabilì che chi si toglie la vita per uccidere - o tentare di uccidere - un nemico non-musulmano diventa martire e va in Paradiso. Agli aspiranti kamikaze vengono imposte veglie, digiuni e la lettura di passi del Corano che inneggiano alla morte per Allah ed ai premi che si riceveranno. Già nel «Milione» (in pieno Medioevo), Marco Polo racconta del Vecchio della Montagna che aveva fondato la «setta degli assassini»: nel suo inaccessibile castello aveva fatto crescere un rigoglioso giardino e qui allevava dei giovani facendo loro credere d'essere in Paradiso. Quando voleva uccidere un nemico, addormentava uno di questi giovani e lo faceva trasportare in una stanzetta fredda e angusta. Poi gli prometteva che l'avrebbe fatto tornare in Paradiso in cambio di un omicidio. Sia che il giovane sopravvivesse sia che morisse nell'impresa, era sicuro di tornare in Paradiso!

Nel 2005, la televisione di Stato iraniana mandò in onda un cartone animato raccapricciante: era la storia di un ragazzino palestinese che, dopo aver visto uccidere i suoi genitori dai soldati israeliani, si recava dai kamikaze e si faceva dare una cintura esplosiva, gettandosi poi su un convoglio israeliano e facendosi saltare in aria insieme agli odiati nemici. La tradizione di violenza, che è iniziata con Maometto, continua ai giorni nostri. In ogni parte del mondo molti musulmani uccidono o comunque perseguitano le persone semplicemente perché non sono musulmane. Questi fatti sono ben documentati in Nigeria, Algeria, Sudan (dove è presente anche la moderna schiavitù), Egitto, Iran, Afghanistan, Tajikistan, Pakistan, Iraq e Malesia.

Se l'Islam è una religione di pace, come si sente dire di tanto in tanto non solo dai musulmani ma anche dai mass-media, perché c'è così tanta oppressione in tutti i Paesi islamici?

Secondo un documentario PBS Frontline intitolato «Saudi Time Bomb?» («Bomba a orologeria Saudita?»), nell'anno 2000 i libri di testo del Ministero dell'Educazione dell'Arabia Saudita contenevano un insegnamento ributtante proveniente dagli hadith (Bukhari 4:176-177) e secondo l'insegnamento di Maometto stesso. Quest'insegnamento fa parte dell'istruzione dell'obbligo per tutti i bambini delle scuole medie dell'Arabia Saudita. L'insegnamento, intitolato «La vittoria dei musulmani sugli ebrei», è il seguente: «L'ultima ora non verrà prima che i musulmani combatteranno gli ebrei, e i musulmani li uccideranno. Così gli ebrei si nasconderanno dietro le rocce e gli alberi. Allora le rocce e gli alberi grideranno: "Oh, musulmani. Oh, servitori di Dio. C'è un ebreo dietro di me. Venite e uccidetelo"».

Fa parte del testo anche un elenco di principi, che comprendono il seguente: «Ebrei e Cristiani sono i nemici dei credenti. Essi non approveranno mai i musulmani. State attenti a loro». Quest'insegnamento è perfettamente in linea con i precetti del Corano (sura 5, versetto 51): «Oh voi che credete, non sceglietevi per amici i giudei e i Cristiani».

Quanto detto finora spiega perché i leader musulmani in tutto il mondo siano stati così accomodanti nel condannare l'attacco dell'11 settembre 2001 contro gli Stati Uniti. Anche in America, la loro risposta è stata: «Sì, l'attacco era sbagliato, ma...» È ciò che segue il «ma» che è importante per comprendere le loro reali opinioni.

L'Islam è una dottrina di potere e di gloria. I musulmani trovano difficile credere che i cristiani possano adorare Gesù, data la sua mancanza di potere politico e la sua apparente sconfitta per mano delle autorità. Inoltre, non ammettono che Gesù possa essere stato crocifisso, sia perché nell'Islam nessuno può versare il proprio sangue in remissione di altri, sia perché Allah non poteva permettere che un suo messaggero morisse. In realtà, l'Islam non è una religione: è un'ideologia con dei chiari interessi socio- politici- economici. Le nozioni occidentali di democrazia e libertà sono in opposizione all'Islam ortodosso: così come Allah è uno, unico deve essere il suo rappresentante sulla terra. L'umanità intera deve essere controllata completamente dalla legge islamica, e non deve essere permesso allontanarsi dall'autorità di Allah. Per usare le parole del dottor Samuel Schlorff, esperto di religione islamica dell'Arab World Ministries, «i musulmani credono che il destino dell'Islam sia di estendere il proprio controllo fino a quando l'intera Dar al-Harb [che significa "Casa della Guerra", e designa l'intero mondo non-musulmano] sia soggetta alla legge islamica in uno Stato islamico, e ciò include l'uso della forza». Il fatto stesso che non esista libertà di religione in molti dei Paesi musulmani è una prova che dimostra che l'Islam non vuole altro che il dominio globale attraverso il controllo politico.

Si sente affermare comunemente dalla stampa e dai media che l'Islam è una religione di pace. Questo è vero soltanto se inteso in un senso - la pace verrà quando tutte le religioni «concorrenti» saranno state sottomesse all'Islam (vedere la sura 9, versetto 29, già citata più sopra). I musulmani che dicono che l'Islam è una religione di pace, possono dirlo solo ignorando o adattando i suoi comandamenti violenti. Quando finirà questa catena di sangue? (Cfr.: dagli scritti di Simone Valtorta: www.storico.org/ autori.htm ).

Maria de Falco Marotta

Maria de Falco Marotta
Editoriali