Conflitto o dialogo?

di: Maria de falco Marotta

Sbattuti dallo sgomento del Covid 19 diventato tra tante mutazioni Omicron e dal fondamentalismo, ci siamo abituati a pensare a un mondo lacerato da fedi e culture continuamente in conflitto e incomprensioni. Invece

viviamo in un mondo fittamente interconnesso che necessita di dialogo e che non può essere definito semplicemente globalizzato e neppure multiculturale, che indica la malattia che pretende di curare. Il nostro atteggiamento etico è cambiato, ciascuno di noi si riconosce

cittadino del mondo, anche per lo sviluppo della rete mondiale di informazioni – radio, televisione, telefono, internet – non implica soltanto la possibilità di influire sulla vita degli altri, ovunque essi si trovino, ma anche quella di imparare dal loro modo di vivere. Ogni individuo di cui sappiamo qualcosa e su cui possiamo avere una qualche influenza è una persona di cui dobbiamo sentirci responsabili: dire questo significa riaffermare l'idea stessa di morale. La sfida, quindi, è prendere menti e cuori formati nel corso di lunghi millenni di vita in gruppi locali e dare loro idee e istituzioni che ci permetteranno di vivere insieme in una società che è diventata una tribù globale. La relazione sempre più stretta tra le dimensioni locali e quella globale, risulta quindi essere la base necessaria per l’edificazione di un principio etico condiviso e per una comprensione autentica tra i luoghi e i popoli della Terra.

Sono reali, i valori? E come? Che cosa intendiamo, quando parliamo di differenza? Fortificati da un comune linguaggio di valori, possiamo spesso guidarci l'un l'altro, nello spirito cosmopolita, verso risposte condivise. E quando non è possibile raggiungere un'intesa, la comprensione che le nostre risposte siano espresse grazie a parole dello stesso vocabolario può aiutarci a essere d'accordo nel disaccordo. A dispetto di fedi e culture in conflitto, una cosa è certa: il dialogo tra persone di paesi diversi può essere piacevole o carico di tensione, a seconda delle circostanze, ma è comunque inevitabile (Cfr. Kwame Anthony Appiah, Cosmopolitismo contemporaneo).

    Cosmopolita, atteggiamento di chi si riconosce cittadino del mondo, al disopra di ogni motivo nazionalistico.
    Ma al di là di ogni definizione, ogni persona è libera, felice in quello che crede e spera anche che la sua vita materiale possa essere lunga, anzi lunghissima.
    Alla faccia degli imbrogli e legami che si possono realizzare in questo meschino tempo di poveri politici.

 

Maria de falco Marotta
Editoriali