CONTROCORRENTE - SCUOLA. PIAZZA RUMOROSA E PAESE REALE
Questione di democrazia
Si discetta spesso di democrazia, vale a dire del cosiddetto "governo del popolo", spesso invocando una sorta di democrazia "assoluta" come è ad esempio quella "assembleare", che in realtà è negazione della democrazia. Lo é perché si presta a mille manipolazioni ad opera anche di piccoli nuclei ben organizzato in grado di pilotare i lavori assembleari indirizzandoli verso le soluzioni preordinate. La demagogia in tali frangenti domina e decisioni complesse, delicate, impopolari non hanno alcuna possibilità di spuntarla anche se utili ed urgenti per il bene comune.
Italiani d'accordo
Quello che sta succedendo nel mondo della scuola è illuminante. La stragrande parte degli italiani ha approvato ed approva i provvedimenti messi a punto dal Ministro s.ra Gelmini. Non siamo alle prese con provvedimenti complessi alla portata e alla comprensione di pochi. Si tratta di poche misure, semplici e da tutti valutabili. I dati dei sondaggi peraltro non sono stati contestati neppure dagli oppositori che preferiscono spostare il tiro su aspetti collaterali come ad esempio il tempo prolungato che secondo loro subirà una mazzata mentre il Governo sostiene che verrà incrementato.
Silenzio sul fatto che l'Italia spende di più degli altri Paesi europei ma malissimo visto che a tutto quello che servirebbe destina solo il 3% di questa spesa. E perché solo il 3%? Perché il 97% va in stipendi che poi, evidentemente, continuano a restare modesti. Pochi soldi per tanti dipendenti della P.I. invece di averne di meno e pagati meglio, e magari anche con un numero di giorni lavorativi pari a quelli degli altri dipendenti pubblici. Idem per le ore settimanali. A questo proposito si sente in TV e altrove la solita obiezione e cioè che alle ore di insegnamento vanno aggiunte quelle per le riunioni e soprattutto quelle per la correzione dei compiti, la preparazione delle lezioni ecc. Verissimo. Si facciano a scuola. Non sarebbe un problema per i docenti che queste ore le spendono a casa propria, lo sarebbe per quelli che invece dicono di spenderle ma in pratica non lo fanno.
Minoranza rumorosa
A fronte di una reazione sempre largamente maggioritaria, e per alcune voci addirittura plebiscitaria, scende in campo una minoranza, talora estrema minoranza rumorosa. Ecco che sentiamo parlare di "genitori" che contestano pretendendo di parlare a nome della categoria e sono quattro gatti. Ecco che vediamo scendere in campo legioni di studenti - e se ciascuno di noi fosse ancora nei banchi di scuola di fronte alla prospettiva di uno sciopero resterebbe forse in classe? - con una serie di slogans, molti dei quali nulla hanno a che fare con i provvedimenti in discussione al Senato dopo la fiducia della Camera.
Si occuperanno le scuole, sfileranno i cortei, si griderà molto. Si lasci fare e si proceda.
Scioperanti. Tanto fumo su stampa e TV ma poco arrosto: 4,43%
Nei giorni scorsi c'è stato lo sciopero cui hanno dato grande rilievo stampa e TV. La partecipazione a questo sciopero generale indetto da Cobas scuola e altre sigle autonome, e' stata pari al 4,43 %. Questo dato lo desumiamo dai dati parziali alle 17 dello stesso giorno relativi a 5015 scuole rilevate su 10753. Dati non certo contestabili visto che sulla base di questi vi é la trattenuta degli emolumenti per chi non ha lavorato. A poco meno di metà strada, quindi campione rilevantissimi, avevano scioperato 21136 dipendenti su 476826 "tenuti al servizio". Certo che le strade si riempiono! Con tanti studenti…
Riforme: armiamoci e partite
Abbiamo visto nel tempo finire male i Ministri che proponevano riforme (Giustizia, Pubblica Istruzione ecc.) per il fondamentale motivo che l'auspicare, il chiedere, il sollecitare, il pretendere riforme è una sorta di ritornello costante molto e da molti urlato. Quando qualcuno ne propone qualcuna allora salta fuori che è tutto sbagliato. Sì, riforma ma non quella ("armiamoci e partite). Nelle cose grandi ma anche in quelle piccole. Citiamo una di queste.
Brunetta, l'assenteismo e i primi commenti
Il Ministro Brunetta è intervenuto con l'accetta sull'assenteismo nei Ministeri, di colpo calato in misura straordinaria, segno evidente che in precedenza il malvezzo era arrivato a limiti intollerabili. Abbiamo sentito all'inizio - poi evidentemente chi straparlava è stato ridotto al silenzio da qualche collega che lo ha richiamato ad un minimo elementare senso del pudore - sindacalisti dichiarare in TV, alcuni che il problema non c'era, altri che il principio è giusto ma il metodo è sbagliato. Poi è stata la grande eloquenza dei dati a imporsi. Ma se per anni è andata avanti una simili tolleranza e quindi tassi di assenteismo così elevati non vuol forse dire che la Pubblica Amministrazione potrebbe andare avanti con assai minore personale di oggi? E non è forse vero che il passaggio dal cartaceo all'informatico ha ridotto e di non poco il fabbisogno di personale che però è rimasto tal quale?
Ogni 45 italiani c'è un dipendente della Pubblica Istruzione
Tornando alla scuola si è letto proprio su questo giornale che nella stessa scuola ove bastavano 4 o 5 bidelli quand'era del Comune si è passati a 12 quando l'ha acquisita a sé lo Stato!
La Pubblica Istruzione ha un milione e trecentomila dipendenti (uno ogni 45,48 italiani per la precisione: una esagerazione; in Francia, per fare un esempio, ce n'è uno ogni 56,69 francesi). Fonti sindacali danno un dato minore ma non tengono conto di due aspetti: da un lato i dipendenti ministeriali e dell'organizzazione, dall'altro che esiste anche un numero elevato di docenti e altro personale nel privato.
E poi le Scuole private, dell'Infanzia in particolare, supplenza dello Stato
In particolare da citare la situazione della Scuola Materna che svolge in moltissime località un ruolo non di alternativa ma di supplenza della Pubblica istruzione. Sono circa 8.000 le scuole dell'infanzia cattoliche o di ispirazione cristiana - presenti in oltre 4.800 Comuni italiani con 550.000 bambini. - che scolarizzano oltre il 35% dei bambini in età. Se chi le porta avanti, in genere soggetti cattolici e con gran sacrificio anche economico, gettasse la spugna dovrebbe pensarci lo Stato con ulteriore aumento dei suoi dipendenti.
Le regole "ad usum delphini", esempio i 50 milioni di €uro per cercare supplenti!
Governare un apparato così complesso con un milione e trecentomila dipendenti, con le esigenze le più varie è un'impresa. Con un numero così elevato di dipendenti e la forza dei sindacati, per certi aspetti con la difficoltà che trova un rapporto con "sindacati autonomi", con difficoltà di carattere politico che trova qualsiasi provvedimento relativo alla scuola sono venute alcune regole ferree dettate dai Sindacati interni che peraltro da sempre hanno controllato il Ministero di Via Trastevere. Regole in funzione non già degli utenti ma del personale.
Portiamo ad esempio di una regola folle, quella che per supplenze anche di pochissimi giorni un dirigente scolastico - ecco una delle sole riforme che non trovano opposizioni, quella di aver eliminato le parole Provveditore e Preside sostituendole con Dirigente Scolastico! - deve fare il giro di telefonate per ogni dove secondo la sua graduatoria e quindi chiamando magari progressivamente Castelfidardo, Alassio, Rosolina, Mulazzo, Tolmezzo, Termoli, Maglie, Sortino, Trapani, Torre del Greco, Alba prima, finalmente!, di avere, poniamo a Tirano, una risposta positiva del supplente in graduatoria, e positiva perché per quei pochi giorni può fare il pendolare per venire a Sondrio a sostituire il/la collega di ruolo.
QUESTE TELEFONATE COSTANO ALLO STATO OGNI ANNO QUASI 50 MILIONI DI €uro.
L'esempio delle Finanze. Quando fu introdotta l'IVA il Ministro di allora, ne diremo poi il nome, decise un modo nuovo di reclutamento del personale. I Concorsi erano nazionali. C'er a molta partecipazione dal Sud. Poi, comprensibilmente, poco dopo l'ingresso nell'Amministrazione veniva la richiesta di tornare a casa propria. E comunque era stato introdotto il principio "dell'avvicinamento" con risultato di sovraccaricare le sedi del sud e spopolare quelle del nord. Era addirittura successo al Ministero delle Poste che in Alta Italia occorrevano trimestrali a migliaia per far fronte alle normale incombenze a partire dalla consegna della posta mentre c'era personale, tanto, inutilizzato al sud. Si arrivò al punto che la corrispondenza imbucata a Sondrio e diretta, poniamo, a Bergamo, veniva portata per lo smistamento …a Siracusa!
Il Ministro delle Finanze dell'epoca in previsione dell'avvio dell'IVA il 1.4.1972 decise, non senza le solite forti opposizioni, che i Concorsi sarebbero stati su base regionale. In questo modo chi vinceva il posto nell'Ufficio IVA di Sondrio al massimo poteva chiedere di andare, se l'organico lo consentiva, a Mantova o Pavia ma entro il territorio regionale. Ovviamente poteva partecipare ai concorsi qualsiasi cittadino italiano. In Lombardia poteva partecipare, e vincere, il valtellinese come il padovano, il senese, il messinese. Chi vinceva sapeva però che doveva restare. Fu un successo. Non ci fu più il turn-over che aveva caratterizzato altri uffici, si consolidarono le situazioni con il miglior rendimento e quindi il miglior servizio per i cittadini.
Quel Ministro si chiamava Athos Valsecchi.
A distanza di 36 anni e 293 giorni dall'entrata in funzione degli Uffici IVA fare una cosa analoga nella Pubblica Istruzione potrebbe essere utile, no? C'è la proposta di ricorrere alla base provinciale per le supplenze. Staremo a vedere quali bastoni fra le ruote verranno messi…
Problemi da risolvere
Quando si cambia non è pensabile che il proverbio non abbia un pizzico di ragione. Ci riferiamo al famoso detto secondo il quale "chi lascia la via vecchia per la nuova sa quel che lascia ma non sa quel che trova". Detto che se l'uomo si fosse comportato in questo modo sarebbe ancora nelle caverne, occorre pur dire che l'apologia del nuovo deve avere anche qualche limite perché non tutto quel che è nuovo è bene come non tutto quel che è bene è nuovo. Se alcuni provvedimenti (il voto per il profitto, il voto in condotta, i libri di testo ecc.) possono avere immediata applicazione senza problemi è evidente che altri, come ad esempio il maestro unico, devono passare dalla fase di prospettazione a quella di studio e infine a quella di applicazione concreta. Resta il fatto che se non si fa il primo passo si è destinati a restare nelle caverne.
Problemi da risolvere pertanto ce ne saranno parecchi (in questo numero pubblichiamo una nota sindacale di D'Onofrio; la si legga). Si eviti comunque di tornare indietro privilegiando minoranze rumorose e penalizzando, in tal caso, la stragrande maggioranza degli italiani.
GdS