Sintesi dei 5 punti della relazione al DdL governativo che 'de-costituzionalizza' le Province

L'approfondita e dettagliata analisi sulla nuova posizione romana, netta retromarcia rispetto a situazioni insostenibili, in altro articolo

Una vera sorpresa la relazione che accompagna il Disegno di Legge di soppressione delle Province. Il testo approvato dal Consiglio dei Ministri falcidiava la Costituzione eliminando ogni e qualsivoglia riferimento a quello che sinora è istituzionalmente considerato uno dei tre Enti autarchici fondamentali. In questo modo il Parlamento può procedere con legge ordinaria senza bisogno di seguire il più complicato iter attuale, quello che é previsto per ogni modifica della nostra legge fondamentale dello Stato.

I cinque punti della relazione accompagnatoria, resa nota nei giorni scorsi, cambiano completamente le carte in tavola. Li sintetizziamo rimandando all'altra nostra analisi, su questo stesso numero del giornale, per l'approfondimento di dettaglio.

A Roma ci si è resi conto che le Provincie svolgono una serie di funzioni da Ente intermedio per le quali occorre 'flessibilità'.

La varietà di situazioni nel Paese esclude si possa operare ovunque con lo stesso metro, oltre a tutto con maggiori costi.

Quello che i fautori hanno sempre sostenuto, e cioè il passare le funzioni a Regioni e Comuni, non sta in piedi. Si sono accorti che si arriverebbe (!) a rendere ingestibile il sistema dei servizi del territorio.

Viene poi ribadito, con ragione, il pollice verso contro la proliferazione di Enti e soggetti vari che c'é stata in Italia.

Ultimo punto quello dedicato alle Città Metropolitane, quelle che permetterebbero razionalizzazioni e risparmi. A parole tutti gli interessati le vogliono, naturalmente incrociando poi le dita dietro la schiena perchè quella voglia di nuovo nella realtà non ce l'hanno né gli amministratori dei 10 capoluoghi né quelli dei Comuni del loro hiterland...

a.f.

a.f.
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