LA CRISI FINANZIARIA MONDIALE E I VALTELLINESI

Tutti siamo coinvolti, direttamente i indirettamente. Qualcuno calcolando il valore delle azioni, altri semplicemente andando a fare la spesa. Tutti ne parlano ma noi abbiamo un argomento in più: appunto, i valtellinesi

Premessa

La credibilità di un giornale, qualsiasi giornale, dipende dalla sua attendibilità. Quest'ultima in genere dipende a sua volta dalla serietà con la quale viene predisposta l'offerta al lettore. Un giornale serio deve mettersi in condizione di non dover mai scrivere "cari lettori, scusateci, in questa cosa abbiamo sbagliato".

Da sette anni e quasi nove mesi in rete siamo riusciti a non dover mai chiedere scusa nonostante che ai requisiti di cui dianzi noi abbiamo cercato, in occasioni importanti, di aggiungerne un altro. Non solo il racconto e il commento degli eventi ma qualcosa di più: il tentativo di prevedere i futuribili, ovvero i futuri possibili. Difficile, anzi in certi momenti difficilissimo. Soprattutto impegnativo in quanto costringe ad approfondire al massimo le cose di ieri e di oggi per tentare di individuare le vie logiche dell'indomani.

L'abbiamo fatto, e sinora non ci siamo trovati nella condizione di chiedere scusa.

Un esempio: la disgraziata guerra irakena, esempio che ci riporta nel tema.

La guerra irakena

Abbiamo a suo tempo pubblicato una serie di articoli sulla guerra irakena, prima che scoppiasse. Avremmo preferito dover chiedere scusa ai lettori per avere sbagliato le previsioni. Invece quelle le hanno sbagliate oltre Atlantico, principale responsabile non tanto Bush quanto il Segretario di Stato alla Difesa Rumsfeld (quello che agli inviti alla cautela di molti, Papa compreso, rispondeva "E' la vecchia Europa che parla" con la risposta di Prodi "No, è invece la saggia Europa che parla". Le hanno sbagliate perché hanno dimenticato che nei momenti che contano occorre fare attenzione a quel che pensano e dicono gli amici e non basarsi solo su qualcuno, com'è stato nella fattispecie quando Blair dimenticò d'essere anche lui in Europa correndo al fianco di Bush e ponendo così solidissime basi alla fine della sua carriera politica fin allora brillantissima.

Fra i terribili sbagli di allora va annoverata la stima dei costi della guerra, allora previsti in circa 80 miliardi di dollari (che qualche economista gradito alla Casa Bianca pensava, non si sa in base a quale criterio, di recuperare poi con il petrolio irakeno. Recentemente c'è stato negli Stati Uniti chi ha fatto i conti arrivando alla conclusione che, in un bilancio reale omnicomprensivo, siamo a dieci volte tanto. Solo quest'anno, come abbiamo scritto, traducendo in vecchie lire lo stanziamento del Congresso per Irak ed Afghanistan ha superato i 250.000 miliardi di vecchie lire. Nelle macro-cifre tutti si perdono e pertanto traduciamo in termini comprensibili a chiunque la portata di questa colossale cifra. La spendesse l'Italia essa graverebbe quest'anno su una famiglia di quattro persone per oltre 17 milioni di vecchie lire.

Al salasso economico va aggiunta la perdita di consenso. Dopo l'11 settembre gli Stati Uniti erano giunti forse al punto più alto della loro giovane storia in termini di simpatia e di solidarietà in tutto il mondo.

L'aver voluto usare "i muscoli" a tutti i costi e contro il parere di tutti, meno quello di Londra, è stato uno sfacelo. A nostro avviso non ha complicato le cose solo dal punto di vista politico, con il dilagare per giunta del terrorismo e delle psicosi alimentate di conseguenza (l'allucinante tesi che correva e corre nei Paesi arabi secondo cui sono stati gli americani a compiere l'attentato alle Torri Gemelle per dare la colpa agli arabi!!!) ma anche sotto il profilo economico sino ai giorni nostri. 2008: le lunghe code agli sportelli snidandosi anche fuori dalle banche lungo le strade finitime di gente che correva a cercare di salvare i propri risparmi non sono solo l'immagine tristissima di una crisi profonda ma rappresentano il fallimento di teorie prive di anima fondate sulla creduta nuova divinità: non il libero mercato ma il liberissimo mercato.

Presunzione

Presunzione la nostra? "Pellegrini" di periferia vogliamo cimentarci in argomenti su cui hanno scritto e scrivono i migliori commentatori mondiali, europei, nazionali? E cosa pensiamo di aggiungere di nuovo? E perché mai qualcuno dovrebbe leggerci? Due risposte.

- La prima. Mario Monti, Presidente della Bocconi di Milano, ex Commissario Europeo, interrogato il 20 settembre dal TG1 sulla crisi finanziaria mondiale ha detto che il capitalismo, dopo la storica vittoria sul marxismo, ha sì portato a un grande sviluppo ma non avendo competitore, ha - traduciamo - dilagato con i grandi scompensi conseguenti per fortuna meno incidenti in un'Europa "meno liberista" e in Italia "meno liberista ancor di più". Qualche lettore affezionato ricorderà nostri articoli nei quali abbiamo sostenuto questa tesi e, con essa, l'altra e cioè della necessità che si torni al predominio della politica sull'economia (Tremonti sostiene che le regole non le devono più fare "i regolati").

- La seconda. Noi abbiamo qualcosa da aggiungere, sostanzialmente citazioni, perché noi abbiamo qui in Valtellina strani geni particolari nel DNA come cercheremo di dimostrare.

Sul primo punto nulla da dire dopo quanto appena scritto. Vediamo invece il secondo

Il DNA valtellinese

Viene il dubbio che almeno uno degli stimati 30.000 geni presenti nelle 23 coppie di cromosomi presenti nelle cellule di valtellinesi sia il gene dell'economia. Una considerazione che è in sostanza una constatazione.

Vediamo prima di arrivare ai giorni nostri cosa la Valtellina abbia fornito in materia al Paese. Cominciamo da Vanoni e, cronologicamente, proseguiamo con Forte, Tarabini, Moro, personaggi che, graduati, hanno dato i loro apporti al Governo.

Vediamo nelle banche, da piccoli pulcini fra oltre mille Istituti di un tempo assurti, mentre il mercato faceva illustri vittime e drasticamente ne riduceva il numero, ad un rango elevatissimo e con due personaggi indubbiamente da bancari diventati banchieri, e che banchieri! Ci riferiamo, in ordine alfabetico a Decensi numero uno del Credito Valtellinese e a Melazzini numero uno della Banca Popolare di Sondrio.

Vediamo, e veniamo al dunque (non dimenticando che nelle Università si trovano ad insegnare cose economiche altri valtellinesi), due "numeri uno", sempre in ordine alfabetico: Alberto Quadrio Curzio e Giulio Tremonti, verso i quali non mi fa velo l'amicizia e la stima profonda per loro e per la genialità di entrambi.

Alberto Quadrio Curzio

Stringata, ma esauriente, la parte dedicata al prof. Alberto Quadrio Curzio. Ci rifacciamo infatti alla sua posizione pubblica e precisamente all'intervista rilasciata alla RAI e trasmessa nel TG di maggior ascolto. Durissimo con il Governo e con la Banca Centrale (Federal Riserve) americana. Sia per non essere intervenuti a suo tempo, non esercitando pertanto la dovuta sorveglianza, sia per aver lasciato andare al fallimento la banca d'affari statunitense Lehman Brothers, "robetta" da 640 miliardi di dollari. Occorre, ha aggiunto in sostanza, che la politica riprenda il suo ruolo fissando le regole che evitino quello che è successo, precisando tuttavia che l'Italia, grazie al suo sistema, è la meno esposta ai rischi della situazione. In effetti, aggiungiamo noi, com'è stato l'anno scorso per la crisi del subprime (si tratta dei prestiti concessi a chi non ha la possibilità di fare operazioni al tasso d'interesse di mercato, e quindi, come si è visto, rischiosi sia per i creditori sia per i debitori), le banche ma anche le assicurazioni in Italiane hanno il vantaggio di essere meno partecipi della cosiddetta globalizzazione e anche della cosiddetta 'finanziarizzazionè ("noi" - diceva il Ministro dell'Economia qualche giorno fa - "abbiamo tantissimi sportelli. Queste banche in crisi hanno solo lussuosi uffici nei piani alti dei grattacieli").

Giulio Tremonti

La posizione nel Governo, nel G8, nell'Aspen comportano una serie di dichiarazioni e d'altro materiale che rendono molto ricca la parte dedicata al concittadino Giulio Tremonti. Alcune citazioni:

1) "Ammettiamolo: aveva ragione Giulio Tremonti. E, per molti versi, continua ad averla. In un'intervista al Tg1 ha dichiarato, riferendosi al crack di Lehman Brothers, che 'non è fallita una banca, è fallito un sistema. E non è il principio della fine ma la fine del principio. E' stata la scelta pazzesca di finanziare la globalizzazione con il debito. Poi è venuto giù tutto il castello di carta. Stanno fallendo le banche, stanno fallendo gli operatori, è fallito il sistema di sorveglianza e vigilanza'. Guardando al futuro Tremonti sostiene che 'sulla finanza e sulla speculazione tornerà la manifattura' e si dice ottimista sul futuro del Paese, perché 'l'Italia ha la seconda manifattura d'Europa dopo la Germania' e perché 'il nostro sistema bancario è più solido rispetto a quello americano, mentre abbiamo un sistema assicurativo abbastanza solido e un sistema pensionistico abbastanza solido molto più che altrove. Le famiglie non sono indebitate. Non sono state prese dalla vertigine del consumo a debito e con i mutui un po' sono sistemate'. Dunque l'Italia dopo la crisi - e tutte le crisi finiscono - sarà più forte di prima e più forte degli altri".

2) Roma (Reuters) - La crisi in atto dimostra il fallimento del sistema di sorveglianza e di vigilanza sul sistema finanziario che ha bisogno di nuove regole fatte dai governi. Per questo l'Italia da presidente del G8 del prossimo anno porrà la questione di nuove regole per il settore. Lo ha detto il ministro dell'Economia Giulio Tremonti in una intervista al Tg1. Tremonti ha anche ribadito che il sistema bancario italiano è più solido di quello americano e che il paese, potendo contare sulla seconda manifattura a livello europeo dopo la Germania e su un più equilibrato sistema pensionistico, potrà diventare più forte di prima.

3) Roma, 16 set. (Apcom) - L'Italia, ha detto Tremonti. "dopo la crisi e tutte le crisi di prima sarà più forte di prima e più forte degli altri. Il nostro sistema bancario è più solido. Le nostre banche hanno gli sportelli, le filiali, la raccolta, le altre avevano i grattacieli di lusso. Abbiamo - ha aggiunto - un sistema assicurativo abbastanza solido e un sistema pensionistico abbastanza solido molto più che altrove. Le famiglie non sono indebitate. Non sono state prese dalla vertigine del consumo a debito e con i mutui un po' sono sistemate".

E poi, ha proseguito, "sulla finanza e sulla speculazione tornerà la manifattura. L'Italia ha la seconda manifattura d'Europa dopo la Germania. Penso che abbiamo ragione ad avere fiducia nell'Italia, negli italiani e nel nostro futuro le crisi finiscono e la morale del lavoro che noi cerchiamo di imporre alla fine ci premierà".

Più in generale, ha osservato il ministro riferendosi al crack di Lehman Brothers, "non è fallita una banca, è fallito un sistema. E non è il principio della fine ma la fine del principio. E' stata la scelta pazzesca di finanziare la globalizzazione con il debito. Poi è venuto giù tutto il castello di carta. Stanno fallendo le banche, stanno fallendo gli operatori, è fallito il sistema di sorveglianza e vigilanza. Solo che - ha fatto notare - i banchieri portano a casa la liquidazione, i sorveglianti e i vigilanti vengono a farci lezione e chi ci perde è la povera gente".

Globalizzazione "Quello che è successo - ha poi evidenziato Tremonti parlando della globalizzazione e delle sue conseguenze - è un mondo senza regole basato sull'idea che la liberta assoluta è la libertà dalle regole. L'idea che la ricchezza si fa sul debito e non sul lavoro. E' un mondo che è finito, dobbiamo fare nuove regole, e le regole non le fanno i regolati ma i governi e le autorità. Bisogna vietare certi contratti, di andare in certi paradisi legali e di fare bilanci falsi come è avvenuto in tutto questo periodo. Credo che il G8 a presidenza italiana - concluso - porrà la questione di nuove regole che vuol dire fiducia: se c'è fiducia c'è la ripresa".

4) Eleonora Micheli su "Il Sole 24 Ore" scriveva l'11 settembre "Numeri alla mano Lehman Brothers oggi capitalizza circa 3,4 miliardi di dollari, ovvero 2,47 miliardi di euro (tenendo conto dell'attuale cambio euro-dollaro a 1,3927). Insomma quanto la Popolare di Sondrio (in ordine di grandezza più o meno come il Credito Valtellinese -ndr-), o forse meno se se prendessimo in considerazione i minimi toccati oggi dalle azioni della banca d'affari Usa (la capitalizzazione dell'investment bank é scivolata fino a 2 miliardi di euro)."

5) Clara Belloni Getz scriveva il 25 luglio scorso su "L'Occidentale":

"Quale scrittore, intellettuale italiano è oggi degno dell'aggettivo apocalittico?...

Il ministro dell'economia ama giocare a dadi con il caos e questo lo rende un politico singolare. A nessuno nel Palazzo piace scendere in trincea e rischiare nel Risiko della battaglia, ma per Tremonti è l'elemento naturale, il suo spazio di manovra…"

"…Non a caso non ha mai preso le distanze dalla magistratura e, anzi, mentre infuriava Tangentopoli incarnava lo spirito della borghesia lombarda desiderosa di un certo ordine di antica matrice austro-ungarica. Negli anni dello scandalo Parmalat (qui Tremonti ebbe lo sguardo più lungo di chiunque altro) inventò il "metodo Aspen", un tavolo bipartisan del think tank di filiazione americana al quale sedeva anche il magistrato più acuto dell'ex pool di Milano, Francesco Greco, il numero uno nelle indagini sui reati finanziari…"

"…Oggi Tremonti è l'unico ministro dell'Economia d'Occidente a udire e amplificare lo scricchiolìo sinistro del sistema generato da Bretton Woods e dal fallimento del progetto Euratom. Avverte i rari lettori di libri presenti in Parlamento sul "rischio di un altro Ventinove"

E concludeva: "…. Gli uomini pratici, che si ritengono completamente liberi da ogni influenza intellettuale, sono generalmente schiavi di qualche economista defunto» e a Giulio Tremonti oggi sta riuscendo la non piccola impresa di dettare la linea prima che qualcuno provi a scrivere il suo epitaffio."

6) Da webster.it, "la più grande libreria italiana online" per i suoi libri:

a) "Rischi fatali. L'Europa vecchia, la Cina, il mercatismo suicida: come reagire" (2005)

Due date, secondo l'autore, hanno cambiato irreversibilmente la struttura e la velocità del mondo in cui viviamo: il 9 novembre 1989, crollo del muro di Berlino, e il 15 aprile 1994, stipula dell'accordo del Wto sul libero commercio mondiale. La fine del mondo comunista e l'irruzione sul neonato mercato globale di nuovi agguerriti competitors, in particolare della Cina, hanno segnato per l'Europa il passaggio dall'età dell'oro (che va dagli anni '50 agli anni '90) ai tempi di ferro. Ma, secondo Tremonti, non tutto è perduto. L'Europa deve innanzitutto capire cosa è successo, individuare i campi in cui l'intervento è ancora possibile e reagire con un programma realistico.

b) "La paura e la speranza. Europa: la crisi globale che si avvicina e la via per superarla" (2008)

Abbiamo i cellulari ma non abbiamo più i bambini. In un mondo rovesciato, oggi il superfluo costa meno del necessario. Vai a Londra con 20 euro, ma per fare la spesa al supermercato te ne servono almeno 40. Sale il costo della vita, dal pane alle bollette; stiamo consumando le risorse del pianeta; e dal mondo non vengono segnali di pace. Giulio Tremonti ha compreso ciò che sta emergendo nella consapevolezza comune: LA GLOBALIZZAZIONE, TANTO CELEBRATA, HA UN LATO OSCURO, FATTO DI DISOCCUPAZIONE E BASSI SALARI, CRISI FINANZIARIA, RISCHI AMBIENTALI, PERICOLOSE TENSIONI INTERNAZIONALI. E, per l'Europa in cui viviamo, di un doppio declino: cadono sia i numeri della popolazione, sia i numeri della produzione. Tremonti racconta le cause della situazione attuale, i passi falsi della politica e le spietate dinamiche della finanza internazionale, delineando i contorni della crisi globale di cui ogni giorno vediamo singoli episodi. Ma cerca anche di indicare una strada percorribile per superare questo momento e vincere la paura. La pianta della speranza non può nascere solo sul terreno dell'economia, ma su quello della morale e dei principi. SI TRATTA DI RIFONDARE LA POLITICA EUROPEA A PARTIRE DA SETTE PAROLE D'ORDINE: VALORI, FAMIGLIA E IDENTITÀ; AUTORITÀ; ORDINE; RESPONSABILITÀ; FEDERALISMO. E in tutti questi campi bisogna ritornare alle radici dell'identità europea, in un percorso che va nella direzione opposta e contraria rispetto al '68 e ai suoi errori.

7) Lamberto Dini

Alla domanda 'Come valuta la proposta di Tremonti di trasformare la Banca europea degli investimenti in un fondo sovrano?' risponde: «Il ministro dell'Economia è stato il primo a non sottovalutare il pericolo recessione. Giusta l'idea di un Fondo europeo per finanziare le infrastrutture dei Paesi membri. Ma alcuni Stati hanno già bocciato in passato la soluzione di un'Agenzia europea». Adesso, vista la situazione pare stiano cambiando idea e dare ragione a Tremonti… (ndr).


Il federalismo fiscale

Oggi per tutti pare la cosa migliore di questo mondo, speranza del domani (sia pure nell'equità).

Laterza nella sua collana Sagittari ha pubblicato nel 1994, 14 anni or sono, un libro dal titolo significativo: "Il federalismo fiscale. Autonomia municipale e solidarietà sociale", autori Tremonti Giulio, Vitaletti Giuseppe.

Ebbene, 14 anni fa non ne voleva sentir parlare nessuno… Ogni commento è superfluo.

Le ultime di Tremonti

Il prossimo anno la Presidenza di turno del G8 toccherà all'Italia per cui toccherà a Tremonti presiedere il settore economia. Ha già cominciato a muoversi in questa direzione. In ogni caso vogliamo citare qualcuna delle sue "ultime trovate". Il Presidente della Banca Europea Jean-Claude Trichet ha rivendicato l'autonomia della banca dai Governi ma intanto l'idea di usarne per investire in infrastrutture è piaciuta ai suoi colleghi europei.

La proposta migliore ci è parsa quella di dire basta alle regole scritte dai regolati. Era quasi solitario contro, adesso tutti stanno concordando che la politica deve riprendere il suo ruolo ed essere essa a stabilire le regole.

Un'altra annotazione. All'ultima riunione dei Ministri economici del G8 Tremonti ha portato la proposta che l'intero Occidente fissi il prezzo massimo che è disposto a pagare per il petrolio. Sarà un caso ma il barile da 149 dollari in quel momento ha cominciato una rapida discsa sino a circa 100. Prendiamo nota che ai Ministri l'idea era piaciuta. Poi ognuno la pensi come vuole. L'ultima citazione è per gli emblematici piselli e preservativi presi ad esempio dell'insulsaggine dei burosauri di Bruxelles (dal suo libro "Rischi fatali").

Sarebbe ora di fare piazza pulita di un modo di procedere al cui confronto il nostro UCAS (alias Ufficio Complicazione Affari Semplici) appare un portento di fulmineità e di chiarezza.

Parzialità politica? No, affatto

Qualcuno, posto che sia arrivato a questo punto, sicuramente prenderà questa nota come frutto di parzialità politica mentre è solo oggettività in un commento che alla obiettività riserva il 95% lasciando il restante 5% a quello che possiam chiamare "patriottismo di Valle".

Luigi Berlinguer, Ministro della PI dal 1996 al 2000, al rientro al Governo di Tremonti lasciato il 3 luglio 2004 dopo uno scontro con l'on. Fini - ma qualcuno pensa che già bolliva in pentola lo scontro con Fazio, o meglio con il sistema (nulla di personale, diceva Tremonti), ammoniva il centro-sinistra e la sinistra. Attenzione, diceva, che Tremonti non è affatto quello che abbiamo dipinto. Occorre più attenzione per la sua linea. E in effetti quello che un tempo era un tambureggiamento continuo contro il Ministro dell'Economia si è grandemente sopito. Significativo.

Oggettività di giudizio quindi che potrà essere riconosciuta se vi sarà oggettività di lettura.

Alberto Frizziero

Alberto Frizziero
Editoriali