Analisi di dettaglio della relazione del DdL che 'de-costituzionalizza' le Province

Il Governo, in retromarcia, si è finalmente reso conto che la strada percorsa sinora era costeggiata da vere e proprie castronerie e riconosce che il problema "Province" è oggettivamente più complesso e che la soppressione non risolve ma aggrava i pro

Sul n. 18 scorso abbiamo pubblicato il testo del Disegno di Legge del Governo sulla soppressione delle Province. Ora una novità, sostanziale.

La pubblicazione ufficiale da parte del Governo di tale DdL presenta una grossa sorpresa. Ci riferiamo alla relazione che lo accompagna - indirizzo pubblicato in calce (x) -.

Ci sono quattro punti fondamentali:

1. Il Governo ha capito che ci vogliono "forme flessibili di organizzazione delle funzioni di area vasta esercitate dalle Province".

2. Il Governo ha capito che la situazione nel Paese "è caratterizzata da una tale varietà di situazioni che potrebbe rendere inefficace, e probabilmente nemmeno conveniente anche dal punto di vista economico, una decisione uniforme"

3. Il Governo ha capito che la soluzione, a Province soppresse, "non potrebbe essere efficacemente garantita da semplici forme associative tra questi stessi comuni, con il rischio di rendere ingestibile il sistema dei servizi del territorio".

4. Il Governo dice una cosa che occorre venga capita da tutti e cioè l'impossibilità di continuare ad andare avanti con la proliferazione di Enti e soggetti vari che c'é stata in Italia.

5. Il Governo poi indica la via per realizzare le città Metropolitane. Campa caval...

La relazione e le nostre note

Il Governo prende atto della censura da parte della Corte Costituzionale " per violazione dell'art. 77 della Costituzione, in relazione agli artt. 117, secondo comma lett. p) e 133, primo comma Cost", e cioè per avere usato impropriamente della decretazione d'urgenza. Da qui il disegno di legge perché l'intervento è "reso urgente anche dalla necessità di rispondere a quelle autorevoli sollecitazioni europee verso un contenimento della spesa pubblica dell'amministrazione territoriale che erano state all'origine dell'intervento attuato con i citati decreti legge".

Osservazione nostra

L'Europa non ci ha detto di sopprimere le Province ma di ridurre la spesa pubblica. E' dimostrato - perfino l'Ufficio Legislativo del Senato! - che l'abolizione delle Province non produce alcun risparmio. Noi diciamo, con tanti altri e dopo dimostrazioni, che se ne avrebbe un aumento. Le Città metropolitane comporterebbero risparmi, in base alla legge dovrebbero già essere costituite ma questa via non la si segue, e abbiamo spiegato più volte il censurabile perché.

Il governo punta poi ad "una più estesa razionalizzazione del Titolo V della Costituzione, rivolta al superamento di quella sorta di policentrismo anarchico che oggi caratterizza gran parte del nostro assetto territoriale decentrato". Da coniugare, e questo è giusto, le ragioni della autonomia locale con quella della semplificazione e della efficienza per una modernizzazione complessiva del nostro assetto istituzionale decentrato. da attuare anche alla luce dei molti limiti emersi in oltre dieci anni di esperienza di conflittualità e di deresponsabilizzazione diffusa che sono conseguiti alla entrata in vigore della riforma del Titolo V.

Il DdL dispone l'abolizione delle Province, elimina il termine "Province" dalla Costituzione con il che nuovi provvedimenti rientrerebbero nell'ambito della legislazione ordinaria.

Il Governo inoltre prevede che con una norma transitoria le Province siano soppresse entro sei mesi dalla entrata in vigore della presente legge costituzionale, affidando alla legge statale la funzione di definire un insieme di criteri e di requisiti generali in base ai quali lo Stato e le Regioni, nell'ambito delle rispettive competenze, devono individuare le forme e le modalità di esercizio delle funzioni che sono oggi spettanti costituzionalmente alle Province. "Questa tecnica normativa consente, all'interno di un quadro generale di riferimento, di prevedere forme flessibili di organizzazione delle funzioni di area vasta esercitate dalle Province".

Osservazione seconda.

E qui finalmente Roma dà segno di avere cominciato a capire la realtà concreta e non quella virtuale. Meglio tardi che mai! Cartina di tornasole del cambio di rotta dopo le fesserie del recente passato è l'ammissione che occorrono forme FLESSIBILI, che Sondrio è una realtà diversa da Rimini, come lo è, a 30 km da Pisa, Livorno con le sue isole rispetto a Rovigo, e via dicendo. Il pellegrinaggio romano a Canossa prosegue con l'ammissione di cui a seguire.

Il Governo ammette: "Tale soluzione è apparsa la più adeguata in un contesto come il nostro caratterizzato da una tale varietà di situazioni che potrebbe rendere inefficace, e probabilmente nemmeno conveniente anche dal punto di vista economico, una decisione uniforme. In realtà caratterizzate, come alcune Regioni italiane, dalla prevalenza di piccoli o piccolissimi comuni, infatti, la necessità di un coordinamento delle funzioni di area vasta non potrebbe essere efficacemente garantita da semplici forme associative tra questi stessi comuni, con il rischio di rendere ingestibile il sistema dei servizi del territorio.

In altre realtà regionali, caratterizzate, invece, da una generalità di comuni medio grandi e strutturati, quella dell'associazionismo comunale potrebbe costituire una soluzione senz'altro efficace".

Osservazione terza.

Errare humanum est, perseverare autem diabolicum, diceva Sant'Agostino riprendendo detti latini simili. Prendiamo positivamente atto della retromarcia non senza però osservare il permanere di un errore concettuale figlio della visione dell'Ente intermedio, sia quello che sia. Lo si pensa infatti come soggetto che amministra e non come soggetto che governa, in primis avendo in questo caso a indispensabile riferimento il territorio

Il Governo prosegue con una osservazione indubbiamente fondata: "In un caso o nell'altro bisognerà comunque considerare l'opportunità di evitare forme di neo centralismo regionale o la proliferazione di ulteriori enti o agenzie regionali che possano rivelarsi meno funzionali dell'ente Provincia di cui si dispone la soppressione. Nell'ambito dei principi e criteri generali statali potrà anzi essere anche considerata l'esigenza di razionalizzare la spesa pubblica, intervenendo sull'attuale pletora di enti, agenzie ed organismi, comunque denominati, rivolti comunque allo svolgimento di funzioni di governo di aree vaste".

Osservazione quarta

Una testimonianza personale. Chi scrive fu per un certo periodo uno dei cinque componenti del Comitato Regionale di Controllo. A Milano ci arrivavano atti da oltre 4800 Enti, diconsi quattromilaottocento, dei quali solo poco più di un centinaio da Valtellina e Valchiavenna. D'accordo che la Lombardia ha quasi 10 milioni di abitanti e, allora, 1546 Comuni (oggi due di meno), ma 4800 Enti, con le incrostazioni burocratiche tipiche della nostra vita amministrativa erano, e in parte sono ancora, un eccesso. Difficile pensare che al termine del processo di modernizzazione le Comunità Montane riescano a salvaguardare la propria presenza, peraltro in qualche parte d'Italia già messa in discussione. Ribadiamo invece quanto ripetutamente affermato che diversa è la situazione dei Consorzi BIM che nulla ricevono dalla finanza pubblica e che hanno avuto ripetuti riconoscimenti a loro salvaguardia da parte della Corte Costituzionale, come del resto esposto e illustrato dal sottoscritto sul "Dossier BIM", sorta di 'breviario' o, laicamente sorta di 'Manuale Colombo' degli ingegneri, a suo tempo diffuso in tutta Italia senza registrare dissensi.

Il Governo poi dedica parecchia attenzione al tema della "Città metropolitana" nell'intento di 'rimediare a quella ventennale inerzia che, per diversi motivi, ha portato al fallimento della scelta di demandare alla legge regionale la loro istituzione". 'Diversi motivi'? Pensate che il Sindaco di Milano avv. Giuliano Pisapia sia così contento di doversi sedere al tavolo con altri 58 Comuni (dato PIM) dal rag. Pierluigi Arrara Sindaco di Abbiategrasso, poco più di 30.000 abitanti, all'arch. Pierino Garbelli Sindaco di Zibido San Giacomo, meno di 7.000 abitanti? E che lo siano i 58 Sindaci che sentono la presenza del Comune di Milano come una cappa?

Milano, ma così per tutte le città metropolitane come indicate dalla legge vigente: Roma, Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria con le Province "soppresse, con contestuale istituzione delle relative città metropolitane, come recita la legge 7 agosto 2012, n. 135 e tante altre precedenti.

Ora la parola al Parlamento.

Alberto Frizziero

(x) http://www.governo.it/backoffice/allegati/72060-8797.pdf

 

Alberto Frizziero
Editoriali