SULLA STRADA DEL GOVERNO IL PROBLEMA DEL NUMERO LEGALE IN SENATO
Quota 162
Il Senato della Repubblica conta 315 membri eletti, estero compreso, e sette a vita, di cui due in quanto ex Presidenti della Repubblica e cinque nominati a vita. Totale 322. Se poi Ciampi non venisse rieletto alla Presidenza 323.
In ogni caso il numero legale non cambia ed è 162. Vale a dire che in aula per la validità delle sedute è necessario che siano presenti almeno 162 senatori. Per essere esatti potrebbero anche essercene di meno in aula e la seduta andare avanti lo stesso perché la verifica del numero legale la sia fa soltanto se qualcuno la richiede.
Alla Canera il numero legale è 316 per cui la maggioranza che la legge elettorale ha previsto, pari al 55% dei seggi “italiani” lo assicura permanentemente, sempre che i deputati siano presenti.
Il problema si presenta a palazzo Madama.
Prodi ha ripetutamente dichiarato che avendo la maggioranza in entrambi i rami del Parlamento governerà cinque anni, probabilmente tenendo anche conto che ci sono i senatori a vita che possono dare una mano. Ora noi non entriamo qui nella valutazioni politiche, in particolare di tenuta della maggioranza, ma ci fermiamo ai dati tecnici.
Se non ci sono intese diventa arduo far passare i provvedimenti del governo
Se non ci sono intese, quali che siano e comunque maturate, diventa arduo far passare i provvedimenti del governo. La maggioranza ha 158 senatori eletti. Perché ci sia il numero legale e quindi la discussione sul provvedimento all’odg possa andare avanti occorre che ce ne siano altri quattro. Ci sono i senatori a vita, ma posto che tutti gli altri, i 158, non si muovano da Palazzo Madama per nessunissima ragione e siano lì anche se al paesello si sposa la figlia, non è certo pensabile che anche i senatori a vita, Levi Montalcini compresa, trasferiscano la loro residenza abituale in senato. La verifica del numero legale infatti non è che venga chiesta in anticipo per cui può arrivare in qualsiasi momento.
La questione delle 14 Commissioni
Non è finita. Al Senato ci sono 14 Commissioni, e per l’esattezza:
1ª Affari costituzionali - 2ª Giustizia -3ª Affari esteri, emigrazione - 4ª Difesa - 5ª Bilancio - 6ª Finanze e tesoro - 7ª Istruzione pubblica, beni culturali - 8ª Lavori pubblici, comunicazioni - 9ª Agricoltura e produzione agroalimentare - 10ª Industria, commercio, turismo - 11ª Lavoro, previdenza sociale - 12ª Igiene e sanità - 13ª Territorio, ambiente, beni ambientali - 14ª Politiche dell'Unione europea. La composizione è prevista all’art. 21 del Regolamento del Senato. In particolare “ciascun Gruppo – parlamentare -, entro cinque giorni dalla propria costituzione, procede, dandone comunicazione alla Presidenza del Senato, alla designazione dei propri rappresentanti nelle singole Commissioni permanenti di cui all'articolo 22, in ragione di uno ogni tredici iscritti”. Seguono altre norme, ma in ogni caso in base al terzo comme “I Senatori che non risultino assegnati dopo la ripartizione prevista nel primo comma sono distribuiti nelle Commissioni permanenti, sulla base delle proposte dei Gruppi di appartenenza, dal Presidente del Senato, in modo che in ciascuna Commissione sia rispecchiata, per quanto possibile, la proporzione esistente in Assemblea tra tutti i Gruppi parlamentari.”.
Di fatto le Commissioni avranno una composizione paritetica con i problemi di gestione conseguenti, anche se la clausola della possibilità di farsi sostituire da un collega di Gruppo rende meno difficili le cose per il centro-sinistra in particolare per lassicurare sempre il numero legale. Sembra comunque indispensabile che quanti avranno cariche di governo si dimettano da senatori per consentire quelle assidue e costanti presenze ai lavori di commissione e di aula che il lavoro di governo non consentirebbe.
Numero legale problema delle maggioranze
E’ vero che possono nascere le polemiche, ma che il numero legale debba essere assicurato dalle maggioranze, in qualsiasi consesso, dal Consiglio Comunale al Parlamento, è cosa lapalissiana.
Esclusa l’ipotesi, eticamente inammissibile, che o un Partito oppure alcuni sentori facciano il salto della quaglia, consegue che questo è problema ben presente agli addetti ai lavori, come del resto hanno dimostrato alcune prese di posizione, la più autorevole delle quali quella di D’Alema.
Problema ben presente anche a Ciampi, futuro possibile ancora Presidente, e in ogni caso a chi gli dovesse succedere.
Soluzione sino al 2007, e poi di nuovo al voto?
Esclusa poi l’ipotesi della grande coalizione, e magari anche della piccola coalizione, abbiamo l’impressione che non ci siano gli estremi per un accordo di legislatura, al più di un anno, sino alla primavera del 2007 con il nuovo voto in programma a legge elettorale integrata, e tutti i giochi aperti, compreso il Quirinale se Ciampi avesse accettato di traghettare il Paese in questo periodo difficile come mai per il Paese.
CdL: mosse tattiche perché eventuali proposte devono venire dall’Unione
Un’ultima cosa. Se è vero che la Casa delle Libertà ha avuto il consenso degli italiani, superando in voti l’Unione, è però vero che per i giochi di legge il maggior numero di seggi, sia pur di poco al Senato, ce l’ha il centro-sinistra.
Da questa considerazione elementare scaturisce una conseguenza elementare: le proposte, le idee, le prese di posizione di Berlusconi non possono che essere mosse tattiche.
Chi ha l’interesse, e magari l’onere, della proposta è l’Unione salvo che non venga seguita la linea del “noi governiamo e chi ostacola, ad esempio facendo valere l’impossibilità di certezze sul numero legale, se ne assuma le responsabilità” una linea ovviamente tattica ma micidiale, anche autolesiva, sotto il profilo sostanziale.
Supponiamo: Ciampi bis al Quirinale. Ci fosse questa proposta l’accettazione è scontata. In un caso del genere però conterebbe quello che magari sarebbe difficile da conoscere, ossia l’addendum esplicativo…
A dopo la proclamazione
Alberto Frizziero
20.IV.2006 – www.gazzettadisondrio.it