STADI: L’UOMO DI IERI, DI OGGI E DI DOMANI, NON MUTA LA SUA NATURA.
Dopo l’uccisione di un poliziotto nello stadio di Catania, si è riaperto il dibattito sul pacchetto di provvedimenti da adottare per arginare il fenomeno violenza. Le soluzioni prospettate sono sempre le medesime: tolleranza zero, flagranza differita, più telecamere, più forze dell’ordine, posti a sedere nominali e via discorrendo. Ottimo, ma non basta! I dirigenti devono rendersi conto che la radice del problema non è di ordine pubblico, ma sociale, educativo, psicologico, e per certi versi: psichiatrico! Il tifoso che ammazza per futili motivi, non va portato in carcere, ma al manicomio criminale. La violenza quale espressione di un disagio esistenziale non si sradica a suon di leggi repressive. Una buona fetta di tifosi che si reca alla stadio, non và per incoraggiare la squadra del cuore, ma per dar sfogo all’animale represso che cova in loro. Solo ed esclusivamente attraverso la rieducazione civica dei miseri tapini, si potrà sperare di ridurre le sventurate conseguenze del branco assassino. Se la famiglia e le agenzie educative hanno fallito, che almeno ci provino le società sportive. Le stesse che per attirare i giovani (o meglio, diciamolo, i loro portafogli) si sono inventate la fiaba dello sport educativo e simili amenità. Qualora invece il progetto di “civilizzazione” dovesse risultare utopico o impraticabile, nessun problema, molto realisticamente, rimangono solo due soluzioni. La prima: partite a porte chiuse e visione tramite programmi a pagamento. La seconda: si creino specifiche aree delimitate da robuste sbarre in acciaio ove rinchiudere gli inguaribili maneschi facinorosi: e che se la vedano tra loro! Se non altro, si aggiungerà spettacolo a spettacolo. Nel passato avevamo le arene, oggi gli stadi. Nulla di nuovo sotto al sole! Rassegniamoci, l’uomo di ieri, di oggi e di domani, non muta la sua natura.
Gianni Toffali