SEI AMBASCIATORI CI DICONO COSA DOBBIAMO FARE! A CASA DICE COSSIGA. LA COSA E' PERO' PIU' SERIA PERCHE' INDICA LA SFIDUCIA NEI NOSTRI CONFRONTI

Ambasciatori, per ruolo vitati al silenzio, scrivono una lettera aperta! - L’appello agli italiani - L’ambasciatore USA e quello inglese - Diplomaticamente misurata la reazione italiana - Debolezza politica - La chiave di lettura: una sfida per noi,

Ambasciatori, per ruolo vitati al silenzio, scrivono una lettera aperta! Questa è nuova.

Sei ambasciatori (di Stati Uniti, Gran Bretagna, Australia, Canada, Olanda, Romania) prendono carta e penna e scrivono. A chi? A tutti noi italiani saltando le Istituzioni al punto che Il Presidente emerito della Repubblica Cossiga, sicuramente un riconosciuto amico degli Stati Uniti, ha sostenuto che “un Governo con una politica estera chiara e certa e la cui posizione fosse sempre compresa dalla società internazionale, dovrebbe dichiarare questi ambasciatori ”personae non gratae“, e chiamare i propri dalle Capitali interessate… ”per consultazioni“.. Ritiro quindi, diciamo noi, dell’exequatur che il Governo, con tanto di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, rilascia quando vi è una nuova nomina di ambasciatori o consoli stranieri.

Per loro natura gli ambasciatori hanno un canale preciso che è il Ministero degli Affari Esteri del Paese nel quale operano. Per loro natura gli ambasciatori hanno la bocca cucita. La politica estera vive molto di immagine, ma questa è prerogativa dei Ministri o dei Capi di Stato. I grandi appuntamenti internazionali, quelli dai quali escono soluzioni o constatazioni di non-soluzioni sono lo sbocco e ad un tempo la vetrina di un’opera silenziosa e discreta, appunto “diplomatica”, svolta con pazienti tessiture delle intese,certe volte generali qualche volta parziali. Per la guerra nel Vietnam si succedevano gli incontri ad alto livello ma senza progressi sostanziali. Per fortuna mese dopo mese il gruppo di lavoro segreto a Varsavia andava avanti. E così per altre vicende.

Diplomatico un tempo voleva dire colui che aveva la delega (il “diploma”) per rappresentare il suo Paese in campo internazionale. Nel tempo il termine è però diventato indicativo di comportamenti. Il Palazzi dice che lo é chi “è molto abile, accorto e riservato nel trattare gli affari”.

Questi sei ambasciatori non sono stati per nulla abili e accorti, essendosi comportati come da elefanti in cristalleria. Quando poi alla riservatezza è caratteristica che è assai improbabile possa avere una qualsiasi “lettera aperta”

Ambasciatori ciarlieri dunque perché dilettantisticamente zuzzurelloni? Non proprio e vediamo perché, prima però fermando l’attenzione su quel che hanno scritto.

L’appello agli italiani

Cosa dicono in estrema sintesi, omettendo i passaggi non essenziali:

- Vi apprezziamo per l’apporto che date in Afghanistan con i vostri 2000 soldati, presenza valida.

- Vi ricordiamo le ragioni dell’impegno (L’11 settembre con la distruzione delle Torri Gemelle venne progettato nell’Afghanistan dei talebani, sponda di Al Qaeda

- Vi sottolineiamo l’indispensabilità di evitare che questi fanatici si riorganizzino. Occorre pertanto agire sia sul piano militare che su quello civile oltre che nella lotta alle coltivazioni di droga.

- Non andatevene dunque dall’Afghanistan. Restate per andare avanti a fianco degli altri Paesi nella missione di pace. Mantenete cioè gli impegni assunti (segno che ci sono dubbi…).

L’ambasciatore USA e quello inglese

Il Presidente Cossiga se l’è presa con l’ambasciatore americano Richard Spogli, quello che ha assunto l’iniziativa della lettera, definendolo un uomo d’affari dilettante in diplomazia, ma questa volta non l’ha indovinata. Esperto o meno che sia Spogli, basta vedere la seconda firma per rendersi conto che non si tratta di dilettanti zuzzurelloni. La seconda firma è infatti di un navigatore di lungo corso, l’ambasciatore della Gran Bretagna Edward Chaplin, uno che sapeva benissimo cosa firmava anche perché prima di farlo aveva certo chiesto istruzioni al riguardo. E a Londra sono attentissimi alla situazione afgana visto che hanno dovuto aggiungere altri 800 uomini ai 5000 che hanno là. Non solo, ma sono loro in questi giorni a sostenere l’urto violentissimo dei talebani nonostante il periodo invernale, quello che in teoria dovrebbe avere bloccato ogni attività bellica.

L’orizzonte si deve quindi spostare sulle Cancellerie dei vari Paesi.

Diplomaticamente misurata la reazione italiana

Cominciamo dalla nostra. Misurato il Ministro degli Esteri D’Alema. D’acchito definisce la sortita dei sei ambasciatori “irrituale”. Poi aggiungerà “inopportuna”. Infine scriverà ai sei Governi lamentando una ingerenza in cose prerogativa di Governo e parlamento. La situazione è già tesa. Il cordiale incontro D’Alema-Condolezza Rice non ha risolto, né lo poteva, alcuni nodi sia pure non rilevanti. Per fare un esempio l’aver aperto un tavolo di discussione con l’Iran, che è positivo viste alcune aperture, quella con il Papa compresa, del Presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad, la cui sincerità ci pare doveroso verificare, non piace oltre Atlantico.

Vista dagli altri Paesi, dalla Casa Bianca in particolare, la situazione italiana, al minimo, preoccupa. E poco diplomatica, ma illuminante, è la secca nota di commento: l’ambasciatore ha fatto quel che Segretario di Stato e Casa Bianca hanno detto di fare. E’ evidente la ragione: la debolezza di un interlocutore che pure personalmente è credibile per come si è comportato da Presidente del Consiglio in una situazione non simile ma peggiore di questa, quando cioè, cosa di cui molti che oggi ricordano l’art. 11 della Costituzione pare si siano dimenticati, i nostri aerei bombardavano la Yugoslavia. La debolezza gli viene dal dato politico.

Debolezza politica

In nessun Paese del mondo potrebbe succedere che la relazione del Ministro della Difesa sia approvata in Parlamento con i voti dell’opposizione mentre lo schieramento che dovrebbe essere di maggioranza e che dovrebbe sostenere il Governo, e quindi nel caso specifico il Ministro della Difesa, vota contro. In Italia tutto è possibile e quindi una cosa così abnorme non fa sensazione, ma all’estero non è così. Si aggiunga che sul decreto di rifinanziamento della nostra missione in Afghanistan senza tre ministri (Ferrero, Bianchi, Pecoraro Scanio) si sono tirati indietro. Si aggiunga che sulla richiesta della nuova base americana a Vicenza la corda è stata tirata fino al punto da rischiare che tutto, nuove e vecchia base, finissero in Germania. E non dimentichiamo affatto la base di sommergibili USA a La Maddalena di fatto sfrattata per volontà locali e del Governatore sardo e con la assurda pretesa che lo Stato intervenga per i problemi che lo smantellamento della base pone (addio posti di lavoro, addio indotto, conseguenze economico-sociali ecc.). E sottolineiamo a chi lo sapeva (pochi) e a chi non lo sapeva (quasi tutti) il senso della richiesta all’Italia, ossia un impegno maggiore e non solo a fare poco più che i Vigili Urbani, ma sempre con notevoli rischi e senza adeguate armi per difendersi in caso di attacco non solo con i fucili o i mortai. Ci erano stati chiesti aerei. E abbiamo detto di no. Volevano qualcosa di più incisivo visto che a battersi con i talebani, in stagione morta, ci sono gli inglesi e non marca affatto bene. Abbiamo detto di no. E allora la chiave di lettura è ben diversa. Non il parto estemporaneo si una serata romana quasi primaverile di dilettanti zuzzurelloni con abito da ambasciatore ma ben altro.

La chiave di lettura: una sfida per noi, un messaggio per il mondo

Una sfida per noi. Un chiaro messaggio per gli altri Paesi sparsi nel mondo, in particolare agli altri 29 presenti in Afghanistan.

- Sfida indubbiamente vinta dai sei ambasciatori, visto l’esito del vertice convocato dal Presidente del Consiglio, con la coda di un po’ di teatro a Vicenza il giorno 17 dove a fingere che ci sia ancora qualcosa da fare parteciperanno anche parti della maggioranza di Governo (Se ci fossero Ministri sarebbe grave).

- Messaggio arrivato a destinazione. Guardiamoci intorno: nessuno al nostro fianco, e pensare che siamo nel Consiglio di Sicurezza. Solidarietà? Nessuna. E allora? Prodi in queste situazione ha un rimedio: affidarsi al tempo in modo che il rinvio dia fiato e porti migliori consigli. Può andare bene per le cose di casa nostra. Da noi alla lunga scatta il “volemose bene”, la drammatizzazione dei problemi, l’arte dell’arrangiarsi (sia pure in veste nobile). Nello scacchiere internazionale le regole sono diverse. Da noi il “vietato” non basta. Bisogna dire “severamente vietato”. Da noi la linea continua in mezzeria della strada, che da sola dovrebbe bastare a impedire i sorpassi, non basta. Deve esserci la doppia linea continua. Eccetera. Nello scacchiere internazionale non è così.

Italia, volere o volare, in difficoltà. Non invidiamo D’Alema.

GdS

PS La conferma di quanto avevamo scritto viene dal fatto che mettiamo a disposizione un aereo da trasporto e due ricognitori senza pilota, sostitutivi dei cacciabombardieri richiesti e dei gruppi di combattimento che non mandiamo...

GdS
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