LA MALATTIA DEL PAPA, UNA STRAORDINARIA PARTECIPAZIONE POPOLARE

I

Scrivo cosa che non riguarda direttamente la
politica. Ma riguarda il fatto più importante di questi giorni:
la malattia del Papa.

L’abbiamo seguita tutti. Ma non sono i dati clinici, di cui anzi
la stampa ha abusato, ad appassionare. Il fatto che ha
profondamente colpito è la straordinaria partecipazione
popolare. Fatto già noto, mi direte. E’ vero, ma ugualmente
straordinario per la intensità, per la spontaneità. E fatto
ancora più straordinario e singolare perché si cala, in una
opinione pubblica sempre più stanca, sempre più abulica. Almeno
in Italia il quadro è quello di una società che non ha più
passioni, che sembra non credere più a nulla, che si rifugia nel
privato o nelle partite di calcio.

Questa Italia disamorata di tutto, che concede sempre meno
interesse alla politica e alla vita pubblica, che non si
appassiona più per niente, segue invece con trepidazione e con
un interesse sincero la vicenda di un uomo ormai vecchio e dal
fisico debilitato. E’ il capo della Chiesa cattolica, mi direte.
Certo, ma il fatto va ben oltre i confini dei credenti e dei
praticanti. Riguarda tutti. E si badi che si tratta di un Papa
le cui battaglie spesso non sono popolari, vengono anzi
condivise solo

da minoranze. La sua rigida difesa dei principi, si tratti di
matrimonio o difesa della vita, non è seguita da gran parte di
quella società che si è commossa. La sua predicazione contro la
guerra in Iraq è stata condivisa dalle masse, ma totalmente
ignorata dalla gran parte dei governi, il nostro incluso. Non si
tratta cioè di un Papa facile; anzi, Giovanni Paolo II è
certamente un papa scomodo.

M anche chi non ne condivide le idee lo ama.

Dobbiamo allora porci una domanda che si riallaccia alla
politica. Perché la gente che si commuove per Wojtyla, non segue
affatto la politica? Perché questo accade in mo do ancora più
evidente per i giovani? Perché questa sensazione sembra
aumentare,anziché diminuire, nonostante ci si avvicini alle
elezioni, regionali prima e poi politiche? Non è vero quindi che
il paese rifiuti di per sé la vita pubblica, o gli eventi
esterni. Non è vero che viviamo in una società senza passioni.
E’ la politica e i suoi protagonisti che non interessano più.

Al di là dello straordinario carisma che lo circonda, della
figura che colpisce, il Papa ha incarnato, dal primo giorno del
suo Pontificato ad oggi, la figura di un uomo dedito in modo
assoluto alla causa in cui crede, di un uomo di una linearità
totale, di cui ogni energia viene spesa senza risparmio al
servizio delle sue idee. La malattia rende questo ancora più
evidente: la volontà prevale in ogni secondo sulla sofferenza.
Anche la sua decisione di continuare nella sua opera sino a che
Dio non lo chiami testimonia agli occhi del mondo la dedizione
assoluta, senza limiti. Ed è q uesto, o credo, che affascina
tutti. Perché l’uomo ha bisogno di credere in qualcosa di
positivo, di bello, di nobile: e lo trova in ogni atto del
Pontefice.

Nessuno pretende questo dai politici. La vita pubblica è immersa
fatalmente in un coacervo di problemi, di compromessi. Per di
più non è popolata da santi. Ma c’è qualcosa che la può
nobilitare, che si può imporre alla attenzione del popolo: è la
sensazione di combattere per una causa, per una idea, non per
vantaggi o interessi.

La stanchezza della gente non è per la politica in sé, ma per il
modo in cui è condotta, per lo spettacolo che si offre di una
estenuante rissa le cui motivazioni non sono comprensibili, per
la sensazione di una battaglia limitata al potere. Quando
riuscirà a rappresentare una battaglia per idee, con
protagonisti che in quelle si incarnano, tornerà ad
appassionare.

Ho parlato troppo di cose che non ci riguardano? Può darsi, ti
avevo avvertito da prima. Ma sono cose importanti. Nel nostro
piccolo abbiamo sempre combattuto per idee in cui crediamo,
dalle battaglie per la riforma istituzionale a quella per una
destra seria. Continueremo a farlo.
Mario Segni


GdS 10 III 2005 -
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Mario Segni
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