LA LIBERAZIONE DELLE DUE SIMONA: TUTTI ORA SANNO CHE AVEVAMO RAGIONE SU TUTTA LA LINEA, CHE AVEVAMO VISTO GIUSTO. MANCA UN SOLO TASSELLO. VERRA'

di Alberto Frizziero

NON
ERA STATO FACILE SCRIVERE COME SAREBBERO ANDATE LE COSE, COSI' COME
SONO POI ANDATE

Le hanno liberate. Sane e salve, trattate bene; anzi, per dirla
con loro, "trattate con dignità.

Non era stato semplice, sul numero 25 del 10 settembre scorso
scrivere:

"…Un'ipotesi inquietante: i rapitori si tengono le due donne e
stanno zitti. Le trattano bene anche perché potrebbero un
dopodomani far comodo magari come merce di scambio, ma le
tengono sequestrate. Non dicono niente. Lasciano le famiglie, ma
quel che più conta, il Paese intero, i governanti anche di altri
Paesi, le organizzazioni di volontariato, nel buio totale. Se
poi la tensione dovesse diminuire basterebbe un niente, magari
pochi secondi di un video recente, per riacutizzarla…”


Ancora più difficile il 20
settembre, controcorrente


Era stato, nel numero successivo, del 20 settembre, ancora più
difficile ribadire la posizione, quando su siti Internet
compariva quel che compariva. In casa nostra non si stava
indietro: quel "Sgozzate e contenti" di Vittorio Feltri, - un
incredibile amorale cinismo -, aveva contribuito a far pensare
tanti al peggio. E altri commenti, di persone di indubbia
serietà, erano inclini al pessimismo. Abbiamo approfondito le
nostre analisi, partendo proprio dalle caratteristiche
"tecniche" del rapimento, cosa da specialisti non da terroristi,
pensando a quello che sta succedendo in Irak, sotto la cenere, e
di cui non si trova traccia sulla stampa italiana. E,
controcorrente, abbiamo scritto:

“Le due ragazze, entrambe di nome Simona … , sono al sicuro e
ben trattate. Chi le ha rapite sta ottenendo il più vistoso dei
successi con il lasciare tutto nel silenzio. Hanno agito
professionisti, gestiscono il rapimento professionisti e, ad un
tempo, fini ed avveduti politici. Stanno ottenendo un grande
risultato e sanno che se torcessero un solo capello ad una delle
due ragazze, anche inavvertitamente, avrebbero tutto il mondo
contro.

Naturalmente - abbiamo aggiunto nel titolo un "forse" - non
siamo infallibili e potremmo anche - ci auguriamo di no -
sbagliare, anche se appare improbabile che succeda…”.


ABBIAMO CERCATO DI SCONFIGGERE

IL PESSIMISMO DILAGANTE
Il nostro giornale é solo in Internet. Chi non naviga non può
leggere quel che andiamo pubblicando. Ci sembrava importante in
un momento in cui salivano ad un tempo pessimismo e scoramento,
cercare, nel nostro piccolo, di cercare di dare un contributo di
segno opposto. E così sabato abbiamo inviato al quotidiano "La
Provincia di Sondrio" (e anche a "Un ponte per") una nota nella
quale, dopo aver riportato i due brani di cui sopra, del 10 e
del 20 settembre, scrivevamo ancora:

"Le conclusioni della mia analisi del 10 settembre – nessuno in
Italia era arrivato ad esse – si sono rivelate del tutto esatte.
Siccome esse sono figlie di un unico ragionamento ecco che
potrebbe avere validità anche la parte che le vuole al sicuro.

So che il giornalista del Corriere Cremonesi che è stato a lungo
con loro e che è arrivato sul luogo del rapimento 5-6 minuti
dopo, è purtroppo sul pessimista anche con una ipotesi
agghiacciante. Spero si sbagli lui e di aver ragione io, o
meglio, che la sofisticata e complessa analisi da me condotta,
anche sulla base di notizie non presenti sulla stampa italiana,
si dimostri esatta anche nelle conclusioni sulle condizioni
delle due ragazze come si è dimostrata esatta nella questione
del silenzio.

L’unico rischio, novità rispetto ai precedenti, è quella strana
vicenda della liberazione promessa dal Governo irakeno – che ad
ogni effetto dovrebbe avere piena sovranità sui prigionieri,
Saddam compreso - di una delle due scienziate di Saddam
prigioniere, promessa revocata dopo il no americano, che
potrebbe avere modificato alcune condizioni al contorno.

Come si vede uno spiraglio di speranza c’è, non frutto di
emozioni ma di razionalità. Almeno uno cui aggrapparsi, visto
che per il resto é un deserto".


Come volevasi dimostrare, avevamo
ragione


Come volevasi dimostrare, avevamo ragione.

Nelle cose irakene ancora una volta abbiamo visto giusto.

La soddisfazione é notevole perché aver visto giusto fin dal
primo momento, al di là del merito indiscutibile ha coinciso
dunque con il migliore degli esiti possibili.


Manca un solo tassello


Manca un solo tassello.

Non crediamo al riscatto (il milione di
dollari di cui si é parlato, se é vero non é altro che il totale
della lista delle spese, in particolare per intermediari vari) ma pensiamo ad
altro, di cui ovviamente nessuno potrà parlare e che, forse,
passerà sotto silenzio anche quando la vicenda andrà alla sua
fisiologica conclusione.

Intanto si prenda nota di una cosa, del resto per
noi scontata: i rapitori erano sunniti e, guarda caso,
ufficialmente di nessun gruppo politico. Molto chiaro: aderenti
a quello "coperto" che sappiamo.


Il commento di "Un ponte per"


Chiudiamo questo articolo con il commento dell'organizzazione
per la quale operavano le due Simona, "Un ponte per" pubblicato
sul suo sito:

"L’unica notizia che aspettavamo è arrivata.
Ci sarà tempo per ricostruire, ora vogliamo solo ringraziare
tutti coloro che hanno collaborato a questa meraviglioso
risultato, a partire dal mondo arabo a musulmano che in tutto il
mondo, ed in Iraq, si è mobilitato in modo corale. Un
ringraziamento alla società civile, alle forze politiche, alle
organizzazioni religiose, alle organizzazioni della resistenza
irachene.

Un ringraziamento alla società civile e alle forze politiche
italiane. Un ringraziamento ai governi, a quello italiano e a
quelli dell’area. Molti sono stati partecipi seguendo la linea
del dialogo e della collaborazione.

Abbiamo detto all’inizio di questa vicenda che il rapimento dei
nostri quattro operatori di pace era una metafora della guerra.
Che in Iraq ci sono milioni di altre persone ostaggi, della
guerra e della violenza, prigionieri e rapiti. Non ci scorderemo
di loro, chiediamo a tutti di non scordarli.

Vorremmo sperare che anche la liberazione delle margherite possa
essere una metafora della fine della guerra, e dell’occupazione,
che possa prevalere anche per tutti gli iracheni la linea del
dialogo e che tacciano le armi".

Alberto Frizziero

GdS 30 IX 04 -
www.gazzettadisondrio.it

Alberto Frizziero
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