Ferocia assiro-babilonese in Irak
 
 Fuori dalle regole
 Il mondo è scosso per la tragica piega degli avvenimenti in Irak, 
 imprevista ma non imprevedibile, preannunciata ma senza ascolto, 
 ingestibile perché “fuori delle regole”, regole che però sono le 
 nostre alle quali, sbagliando, vorremmo che tutti si attenessero.
 Ci 
 spieghiamo.
 Durante la guerra di Corea, l’intervento cinese colse di sorpresa 
 gli Stati Uniti che corsero il rischio di una sconfitta umiliante. 
 Cosa era successo? Sino allora un certo sbarramento di fuoco 
 avrebbe fermato qualsiasi avversario perché su 100 soldati 
 all’attacco 99 sarebbero caduti. Nessuno avrebbe portato un 
 attacco in quelle condizioni. E invece i cinesi lo fecero. Non 
 seguirono le nostre regole ma le loro. Non gliene fregò niente – 
 salvo alle famiglie dei soldati… - di avere perdite catastrofiche, 
 visto e considerato che la materia prima là non manca. 99 caduti 
 ma il centesimo che arrivava nella trincea americana con la sua 
 bomba la faceva cadere e così di trincea in trincea, di linea in 
 linea i cinesi, partendo dal confine nord arrivarono ad 
 asserragliare gli americani in un francobollo intorno a Pusan e ci 
 volle solo una grande operazione di sbarco a nord per evitare il 
 peggio.
 Legame "culturale"!
 C’è un legame tra quello che succede in Irak, quello che è 
 successo alle Torri Gemelle, quello che succede in Israele, quello 
 che rischia di succedere in Europa se non si cambia registro, ed è 
 un legame culturale. Qualcuno inorridirà a sentire questo termine 
 collegato a missioni di morte, eppure è proprio così. Chi in 
 Occidente sacrificherebbe volutamente, consciamente, convintamente 
 la vita per la propria causa? Qualcuno c’è, Salvo D’Acquisto ad 
 esempio o Pietro Micca, ma sono casi tanto isolati da restare 
 scolpiti nel tempo. Vediamo di tutto, persino madri di famiglia 
 con figli che si imbottiscono di esplosivo. Dietro, e dentro, c’è 
 un modo di pensare che porta a considerare la propria vita nulla 
 di fronte alla causa in cui si crede. Del resto non erano forse 
 così i martiri cristiani?
 Ora gli ostaggi
 Questo per quanto riguarda i kamikaze. Ed ora gli ostaggi. In un 
 certo senso il sistema più semplice, perché catturare occidentali 
 è facilissimo, e di occidentali là ne girano parecchi visto che di 
 lavori da fare ce ne sono parecchi. E chi li cattura sa che si 
 tratta di un’arma di pressione gigantesca, enfatizzata oltre ogni 
 limite dai mass-media, data la cultura occidentale.
 In un certo senso il video della ferocia con la quale è stato 
 assassinato Fabrizio Quattrocchi gioca però contro su almeno tre 
 piani.
 Il suo gesto eroico, di sfida, “vi faccio vedere come muore 
 un italiano!” è stato in definitiva una manifestazione di 
 superiorità, rendendo, senza che i barbari se ne rendessero conto, 
 persino controproducente la loro diffusione del film.
 Diceva Saddam... 
 
 Saddam: "noi possediamo la fede in Dio, nella patria e nel popolo 
 iracheno. E’ importante credere nel popolo arabo. Non lasceremo 
 che sia una passeggiata per i soldati americani e britannici, mai. 
 La terra combatte affianco del suo popolo, sempre”.
 Il 18 novembre del 2002 abbiamo pubblicato la prima intervista che 
 Saddam concedeva dopo 12 anni, intervista ancora leggibile su 
 questo giornale andando all’indice di Italia Mondo – Politica 
 estera. Il Rais ad un certo punto così diceva: “Noi siamo pronti 
 ad affrontare una guerra anche fra un'ora. Con i loro attacchi 
 giornalieri, i loro tentativi di consumare le nostre forze, 
 l’uccisione dei civili con i loro missili lanciati dagli aerei e 
 con attacchi dalle basi dei Paesi vicini, gli Stati Uniti ci fanno 
 vivere dal 1991 in un continuo stato di guerra. Noi siamo comunque 
 pronti alla guerra. Ma l'Iraq non sarà mai come l'Afghanistan. 
 Questo non significa che siamo più forti degli USA -con la loro 
 flotta e i missili a lunga gettata- ma noi possediamo la fede in 
 Dio, nella patria e nel popolo iracheno. E’ importante credere nel 
 popolo arabo. Non lasceremo che sia una passeggiata per i soldati 
 americani e britannici, mai. La terra combatte affianco del suo 
 popolo, sempre”.
 "Noi siamo le armi di distruzione 
 di massa"
 "Gli Americani dicono che stanno ancora cercando le armi di 
 distruzione di massa. Ebbene le hanno trovate. Noi siamo le loro 
 armi di distruzione di massa!"
 Nei molti articoli che abbiamo pubblicato, tuttora leggibili 
 consultando gli indici, si trova una miniera di argomentazioni 
 tali da dimostrare il catastrofico errore commesso facendo la 
 guerra nel modo che si è fatto e preparando politicamente il 
 prima, il durante, il dopo allo stesso modo come un ciabattino può 
 compiere sofisticate operazioni chirurgiche. Se può essere 
 interessante la conversazione con un appartenente alla resistenza, 
 in particolare per la frase "Gli Americani dicono che stanno 
 ancora cercando le armi di distruzione di massa. Ebbene le hanno 
 trovate. Noi siamo le loro armi di distruzione di massa!", e 
 questa affermazione trova ormai quotidianamente dimostrazione e 
 supporto.
 ”Noi possiamo resistere dieci anni”
 ”Noi possiamo resistere dieci anni”.
 Quello che appare in un certo senso profetico è il “proclama” 
 irakeno alla vigilia del conflitto, più o meno di questo tenore: 
 “Noi possiamo resistere dieci anni”. La parola d’ordine, ci si 
 affanna in questo, é minimizzare. Inizialmente erano gli ultimi 
 conati del regime. Poi erano frange guidate dai figli di Saddam, 
 deliberatamente assassinati quando sarebbe stato giusto portarli 
 in un aula a rispondere delle loro malefatte. Morti loro, 
 guardacaso non è però cambiato niente, anzi. Allora è stato tirato 
 fuori Bin Laden. Poi una serie di altre, periodiche, 
 giustificazioni. Inconsistenti.
 Il nemico comune non è più solo l’angloamericano ma l’occidentale 
 in genere, italiano compreso.
 Si sta accorgendo anche l’ultimo sprovveduto delle storielle 
 che ci sono state raccontate in continuazione. Quando abbiamo visto gli Sciti, i 
 sacrificati sotto Saddam e quindi teoricamente amici dei 
 “liberatori” americani, di fatto in guerra, anche se la si chiama 
 guerriglia, abbiamo visto che si toccava il fondo del disastro 
 causato dagli analisti da strapazzo del Presidente Bush in 
 combutta con gli arroganti falchi del Pentagono. Ha ben precisato Bowman a cosa possono servire, 
 - come si leggerà avanti - le sofisticatissime armi di quei 
 signori, é proprio il caso di dirlo, della guerra.
 Vediamo che quanto preannunciato prima del conflitto non era un 
 bluff. Vediamo che Sciti e Sanniti hanno messo in disparte le loro 
 storiche rivalità “per correre alle mura” contro il nemico comune 
 che non è più solo l’angloamericano ma l’occidentale in genere. 
 Italiano compreso nonostante che sino a ieri il nostro rapporto 
 con gli Arabi era un positivo modello di riferimento per tutti.
 Dal Vietnam all'altare
Robert Bowman: “Se le illusioni riguardo al terrorismo non saranno 
 disfatte, la minaccia continuerà fino a distruggerci 
 completamente. La verità è che nessuna delle nostre migliaia di 
 armi nucleari può proteggerci da queste minacce”
 Avevamo pubblicato, dichiarandoci contro la guerra pur da amici 
 degli americani, quanto scriveva al Presidente Bush Robert Bowman, 
 ex-tenente colonnello ed ex-combattente in Vietnam con 101 
 missioni di guerra. Dopo quegli eventi ha cambiato vita ed ora é 
 Vescovo cattolico di Melbourne Beach, Florida. Uno stralcio: 
 “.."Racconti la verità al popolo, signor Presidente, sul 
 terrorismo. Se le illusioni riguardo al terrorismo non saranno 
 disfatte, la minaccia continuerà fino a distruggerci 
 completamente. La verità è che nessuna delle nostre migliaia di 
 armi nucleari può proteggerci da queste minacce. Nessun sistema di 
 Guerre Stellari (non importa quanto siano tecnologicamente 
 avanzate né quanti miliardi di dollari vengano buttati via con 
 esse) potrà proteggerci da un'arma nucleare portata qui su una 
 barca, un aereo, una valigia o un'auto affittata. Nessuna arma del 
 nostro vasto arsenale, nemmeno un centesimo dei 270 miliardi di 
 dollari spesi ogni anno nel cosiddetto "sistema di difesa" può 
 evitare una bomba terrorista. Questo è un fatto militare"...
 Ferocia assiro-babilonese
L'uccisione dell'ostaggio italiano, nella tragica contabilità 
 delle casse da mprto, sarebbe un dato marginale se statisticamente 
 considerata. Ovviamente non é un dato marginale, sia per la 
 ferocia, tipicamente assiro-babilonese, che per l'impatto che essa 
 ha avuto nell'opinione pubblica mondiale. E lo ha avuto anche 
 perché tutti si sono resi conto, proseguendo su questa strada, 
 dove si rischia di andare a finire.
 Purtroppo capita spesso che i generali americani diano prova di 
 ottusità politica, se per deformazione loro o per l'ormai nota 
 incapacità degli analisti non é dato sapere anche se il prodotto 
 non cambia.
 C'é voluta la determinazione del nostro generale, comandante delle 
 truppe italiane, a impedire l'ennesima fesseria sul piano dei 
 rapporti con la popolazione, impedendo che i soldati americani 
 entrassero, come avrebbero voluto, nella zona controllata dagli 
 italiani per cercare di catturare un personaggio della resistenza. 
 Era del resto già successo in Somalia e si é visto l'ingloriosa 
 fine della linea ottusa seguita dal Comando USA, ancora una volta 
 in polemica con i nostri che sanno trovare il rapporto giusto in 
 ogni situazione.
 Si deve restare in Irak
E per finire ripetiamo ancora una volta che si deve restare in 
 Irak.
 La ragione non é politica e nemmeno quella ufficiale di aiutare il 
 consolidamento della democrazia.
 La ragione é assolutamente egoistica.
 Se non restiamo là, se dopo la Spagna e Paesi che si stanno 
 orientando nello stesso modo, altri alzano bandiera bianca, e 
 magari anche noi, dobbiamo sapere che lasciamo l'Irak in mano ai 
 talebani di turno con rischi enormi visto che da quelle parti pare 
 proprio ci sia qualche miliardo di barili di petrolio....
 Non sarebbe uno scherzo, tutt'altro.
 E allora bisogna evitare una jattura del genere.
Alberto Frizziero
 
GdS 20 IV 04 - 
www.gazzettadisondrio.it
