Elezioni provinciali: TARABINI CROLLA

di L.A.

La
posizione di Giugni anche sotto questo profilo è di una logica
stringente. Partendo da una “vicinanza” umana, con il
riconoscimento delle qualità e degli aspetti positivi di
Tarabini, entra nel vivo delle tematiche politiche con una
sostanziale ricerca di obiettività.

Si dichiara sorpreso, dopo aver elencato i dati positivi
dell’uomo, di come Tarabini non abbia colto il clima ostile
che si era diffuso – noi diciamo probabilmente non verso la
persona ma verso il suo modo d’essere Presidente della
Provincia – e ancor più di come le persone a lui vicine che
non lo hanno adeguatamente reso edotto della situazione, visto
che era tale il clima che è impossibile pensare non fosse
conosciuto. Sottolinea il suo isolamento e non manca una riserva
si risultati delle cose importanti per la provincia che erano
sul tavolo del Presidente. (“A
me pare che il limite del senatore Eugenio Tarabini sia stato
quello di aver vissuto la sua esperienza amministrativa in
solitudine, senza rapporti con i sedicenti alleati e gli
espliciti avversari, irrealisticamente convinto che il suo
operare nella stanza dei bottoni, che i risultati del suo lavoro
(per vero indecifrabili rispetto a questioni di decisiva
importanza per la nostra terra) avrebbero fatto giustizia di
ostilità e infedeltà varie. Evidentemente non è stato così.”).

Non c’è dubbio che l’analisi molto puntuale metta il dito
nella piaga seppur manca la presa in considerazione della
giustificazione di una così ampia sconfitta data in
un’intervista dal sen. Tarabini: una manovra, una sorta di
complotto, contro di lui. Una giustificazione comprensibile per
non arrivare alle vere ragioni della sconfitta, una sola delle
quali è stata parzialmente ammessa, vale a dire il non aver
adeguatamente informato sul lavoro compiuto in provincia.
Parzialmente in quanto non essendovi stato il minimo
coinvolgimento esterno nel lavoro svolto, alcuni risultati, per
quanto poi conosciuti, non sono affatto parsi positivi. Non
basta infatti operare, ma operare al meglio, e nella ricerca
delle soluzioni migliori 4 occhi vedono meglio di due, 8 meglio
di 4 e così via. Il Piano Territoriale, importantissimo, è
arrivato in porto, come bozza, ma è da largamente rivedere
anche in molte parti che con un minimo di partecipazione
avrebbero potuto essere messe a posto prima.

C’è poi il linguaggio dei numeri. Rispetto al primo turno nel
ballottaggio Provera ha guadagnato circa 10.000 voti, tra i
sette e gli ottomila provenienti dalle formazioni minori che
avevano rivolto invito in tale direzione ai loro elettori. Ha
avuto quindi un paio di migliaia di voti in tutto provenienti da
chi aveva votato al primo turno Polo o sinistra, magari anche
per effetto delle candidature locali nei diversi collegi.

Una manovra o complotto che dir si voglia avrebbe dunque dovuto
vedere ben altri numeri travasarsi dal fronte
Tarabini-Presidente all’altro.

Il busillis trova invece soluzione ancora nei numeri e non nelle
percentuali che falserebbero questa analisi. Tarabini è
crollato dai 33 mila e rotti voti del primo turno alla metà del
secondo. Quasi 15.000 persone in definitiva che non hanno
cambiato candidato ma che molto più semplicemente se ne sono
rimasti a casa oppure se ne sono andati al mare approfittando
delle tariffe più favorevoli in questo periodo.

Al di là dei numeri resta comunque incomprensibile quello che
si era appreso e cioè che ognuno era andato per conto suo,
senza riunioni preliminari dei partiti della coalizione, senza
inviti del candidato-Presidente ai partners, persino con pagine
su
Centro Valle
di resoconto – controproducente perché quanto mai tardivo e
troppo prolisso – dell’attività svolta in Provincia a nome
soltanto dei Popolari Retici e non dalla coalizione.

Il risultato non sarebbe cambiato per via di una serie di buche
sull’asfalto della strada percorsa (il no all’ottavo
assessore di FI, la situazione determinatasi per la scelta del
candidato-Sindaco a Sondrio, le modalità della presentazione
della ricandidatura di Tarabini) e di altri due elementi. Il
primo è il durissimo “j’accuse” di Dario Benetti, un
tempo di fatto il numero due dei Popolari Retici, pubblicato sul
settimanale La Provincia, che ha colpito per i contenuti e
indubbiamente per il destinatario che, anche se non precisato,
è proprio Tarabini, ma che evidenzia il venir meno della base
come d’altronde il risultato deludente dei Popolari Retici ha
evidenziato. Il secondo è il totale smarrimento intervenuto
nell’intero staff una volta emerso che l’avversario al
ballottaggio sarebbe stato Provera e non Tognini, segno che
superficialmente questa ipotesi, sia pure solo a livello di
ipotesi, non era stata neppure lontanamente presa in
considerazione, nonostante fosse da mettere il preventivo che
alcuni passi del centro-sinistra a Roma, più da
sinistra-centro, si sarebbero ripercossi anche su Tognini.
Importava la candidatura, perché dopo l’esito sarebbe stato
scontato, ma il diavolo fa le pentole e….

Il risultato non sarebbe cambiato in quest’ultimo scorcio di
tempo anche perché non va dimenticato che poco alla volta tanti
fedelissimi di Tarabini erano stati o si erano messi da parte.
Anche qui le ragioni di una sconfitta, comunque di una simile
sconfitta.
L.A.

GdS 10 VII 04 -
www.gazzettadisondrio.it

L.A.
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