Editoriale di stagione: su e giù per la Tunisia. E si impara. E lo si spiega (2)

Riprendiamo - Roma - Altro corso della storia - Bourghiba - Zine El Abidine Bel Ali - Treni, acqua, energia. E le conseguenze



RIPRENDIAMO



Riprendiamo. Una seconda parte preannunciata e ritardata, anche
tenendo conto che in tanti sono via.

La Tunisia é a due passi. Pensiamo, ad esempio, che l'ultima
propaggine d'Italia, l'isola di Lampedusa, é molto più a sud di
Tunisi. Un tempo qui era Impero Romano. E lo si vede.

ROMA

A El Djem, o El Gem come da altra grafia, ci aspetta un
grandioso anfiteatro, ci dicono il terzo in assoluto con una
capienza che fa pensare: 35.000 gli spettatori che potevano
prendere posto nelle gradinate, su tre piani di arcate (32,45
metri di altezza), cosa abbastanza rara, come il Colosseo (che
aveva un quarto piano ma solo per poter tendere il “velarium” e
cioè una specie di enorme tendone che riparava gli spettatori) e
l'anfiteatro di Capua.

Dimensioni incredibili: Sesto in ordine
di grandezza degli anfiteatri costruiti dai romani: asse
maggiore di 148 metri e quello minore 122; arena 65 metri per
39. Due confronti utili: il Colosseo a Roma capace di ospitare
tra i 45.0 00 e gli 80.000 spettatori, secondo le valutazioni,
ha gli assi maggiore 188 metri e minore 156, con l'arena di 78
metri per 46 e un’altezza di 48 metri: l’ anfiteatro di Pola:
132 metri per 105 e 32 di altezza con una capienza di 25.000
spettatori.
Riflessione uno. Non abbiamo illustrato quanto sopra per sostituirci a chi si
occupa di turisti fornendo loro le notizie del caso, ma abbiamo
posto le premesse per una domanda: “che ci faceva una struttura
da 35.000 spettatori?” e per una considerazione. Se potevano
assistere agli spettacoli in 35.000 vuol dire che la popolazione
della zona era, primo, assai numerosa e, secondo, anche
danarosa. D’altronde un tempo si parlava dell’Africa del Nord
come “il granaio di Roma”.- Un granaio che partiva dall’antica
Numidia, oggi Algeria, sino all’Egitto (Poi i Romani
disboscarono la Sicilia per piantarvi il grano, data la maggior
vicinanza, così come grano veniva pure dalla Sardegna. Erano
magari “colonie”, ma del tutto particolari.
Riflessione  due. La seconda riflessione riguarda infatti quella “formula magica:
CIVES ROMANUS SUM” che poteva pronunciare solo chi aveva avuto
il maggior riconoscimento possibile. Il colonialismo romano va
infatti inteso nella sua atipica espressione. Basti pensare che
cosa sorgeva nelle cosiddette “colonie”: terme, basiliche, fori,
archi, nuove città, fortificazioni, e assicurando la protezione
dell’Impero con le formidabili “Legioni” (4.500 soldati ciascuna
con 3000 uomini di Fanteria pesante, divisi in ASTATI, PRINCIPES
e TRIARI; 1200 uomini di Fanteria leggera – VELITI -; 300 uomini
di Cavalleria – TORME). Dagli autori latini abbiamo appreso di
tangentopoli antiche, come ad esempio Verre ripetutamente
accusato da Cicerone (finito però male come il suo accusato per
volere di Antonio…), ma, da loro e dalle vestigia giunte sino
a noi, di una straordinaria efficienza dell’Impero. B asti
pensare alla viabilità, alle comunicazioni anche marittime, ad
acquedotti e fognature, a terme e arene. Per quei tempi un
livello molto alto di qualità di vita.

In definitiva la regione poteva dirsi non già Africa del Nord,
come si usa oggi, ma “Roma del Sud”. Ovviamente la capitale,
“caput mundi”, ne aveva grandi vantaggi, ma ne avevamo pure le
popolazioni locali. Non era, in altri termini, una situazione da
colonialismo inglese caratterizzato dal solito complesso di
enorme superiorità ma piuttosto quella da colonialismo italiano,
complessivamente carico di umanità per via di quella cultura di
secoli che inconsapevolmente sprizza dai cromosomi della gente
italica.


ALTRO CORSO DELLA STORIA


La storia ha poi avuto il suo corso in altra direzione. Dal 670
DOMINO ARABO, poi dal 1574 al 12/05/1881 DOMINIO TURCO ma 1574-
SEC XVIII DOMINIO DIRETTO e SEC XVIII-12/05/1881 MONARCHIA
INDIPENDENTE. Dal 12/05/1881 al 20/03/1956 POSSEDIMENTO
FRANCESE, sino al 1946 come Colonia e dopo Stato associato
all'unione francese. Poi dopo il 20/03/1956, INDIPENDENZA, sino
al 25/07/1957 MONARCHIA, dal 20/03/1956 al 25/07/1957 Regime
assoluto. Infine dal 25/07/1957 passaggio a REPUBBLICA
PRESIDENZIALE. Per quanto riguarda il BEY, Sidi Mohaned el Amin,
Bey dal 1943 al 25.7.1957 quando viene rovesciato. Terrà duro.
Non abdicherà né rinuncerà ai suoi diritti. Il suo Palazzo oggi
per una parte ospita il Museo del Bardo con fantastici mosaici
risalenti al periodo romano e nell’altra parte il Parlamento.


BOURGHIBA

Habib Bourghiba, fondatore del movimento di indipendenza
tunisino, nato il 3 agosto 1903 a Monastir poco più di un
centinaio di km a sud di Tunisi, può essere considerato per il
suo Paese quello che fu Ataturk per la Turchia. Formazione
culturale francese, assai utile in futuro per l’impostazione
moderna della pubblica amministrazione tunisina, ma tale da
“guardare troppo avanti”, al futuro della sua Patria
indipendente, libera e sovrana, col risultato di finire dietro
le sbarre delle carceri francesi dal '34 al '36 e poi dal '38 al
'43, dato che la Francia aveva, dal 1881, il Protettorato.
Formalmente perché di fatto la Tunisia era colonia.

Ci ricordano ancora oggi, fra le cose importanti fatte, subito
la soppressione della poligamia e del ripudio e, quasi mezzo
secolo fa, l’obbligo scolastico sino ai 16 anni, maschi e
femmine con il bilinguismo (arabo e francese) fin dal primo anno
di scuola. Dopo anche l’inglese, e alle Superiori una quarta
lingua facoltativa a scelta.

Nominato dall’Assemblea Costituente resta in carica sino al
8.11.1959 quando ottiene la piena titolarità con il voto
popolare. Verrà rieletto nel 1964, nel 1969, nel 1974. Poi però
dal 17 dicembre di tale anno il mandato è a vita. Dovrebbe
esserlo, perché poi in realtà il 7 novembre del 1987 un “golpe
medico” porta alla sua deposizione. Probabilmente giustificato
se pensiamo che una persona accorta e prudente Andreotti,
interrogato in proposito, rispose che in occasione della visita
effettuata con il Presidente della Repubblica Pertini avevano
trovato il Presidente Bourghiba “in condizioni fatiscenti”. Pare
anzi che l’Italia abbia giocato un ruolo determinante
assicurando la copertura dell’operazione sostituzione di
Bourghiba con l’allora Primo Ministro e attuale Presidente della
Repubblica Zine El Abidine Ben Ali, precedendo di 24 ore i
francesi che erano sulla stessa strada ma con altro candidato,
evidentemente considerato più vicino ai colori francesi.
Bourghiba, nonostante la malattia, vedrà il nuovo millennio
spegnendosi il 6 aprile del 2000 nella sua città natale,
Monastir, oggi terminale di molti voli charter specie
dall’Italia.

ZINE EL ABIDINE BEN ALI

Tocca dunque al Primo Ministro e attuale Presidente della
Repubblica Zine El Abidine Ben Ali assumere l’interim che dura
sino al 2 aprile del 1989 quando, sostenuto da sei Partiti,
viene eletto con il 99,9 % dei voti. Sarà riletto il 20.3 del
1994 (99,91%, candidato unico), il 24.10 del 1999 (99,4% in
lizza con altri due candidati) e – dopo il referendum popolare
del 26.5.2002 che con il 99,52% dei voti ha eliminato il limite
di tre mandati elevando inoltre l’età massima a 75 anni – lo
scorso anno. Questa volta “solo”, e si fa per dire, con il 94,5%
dei suffragi, presenti però altri tre candidati di opposizione:
Mohammed Bouchiha, del Partito di Unità Popolare, Mounir el Beji
del Partito Liberale Sociale e Mohammed Alì Halouani del
movimento Ettajdid.

La sua residenza estiva proprio a fianco del nostro albergo ci
ha spinto a volerne sapere di più, sia documentandoci che
chiedendo alcune cose ai locali.

Il nostro arrivo il 25 luglio aveva coinciso con la Festa
Nazionale (48° anniversario della Repubblica), e quello al
nostro albergo all’arrivo del Presidente nella sua residenza
estiva, verso la quale guardava il terrazzo della nostra camera,
forse 150/200 metri poco più in là.

Ci ha interessato sia il discorso ufficiale in così importante
giornata, sia commenti e reazioni. Ci pare interessante, date
per scontate le valutazioni delle forze vicine al Presidente
rifarci invece alle posizioni assunte dai Partiti di
opposizione. Meriterebbe riassumerle integralmente se non fosse
l’eccessiva ampiezza. Un passo, illuminante: “…la chiarezza del
linguaggio e delle posizioni espresse dal Capo dello Stato
quanto al primato della legge, l’attaccamento alla Costituzione
e l’impegno a raggiungere la parità nel lavoro e nella
democrazia”. Dal canto loro i quattro Partiti di opposizione
hanno riaffermato il loro assoluto rispetto della legge in un
comune impegno e con l’assunzione di precise responsabilità nei
confronti di tutti.

A fronte anche di situazioni di questo genere non manca chi nel
nostro Paese o in Europa storta il naso avendo il chiodo fiso
dell'esportazione negli altri Paesi del nostro modello di
democrazia senza tener conto dei contesti, degli scenari, delle
situazioni, della toria, delle religioni e via dicendo.

In molti Paesi la democrazia si regge per la presenza di figure
carismatiche che, proprio per il loro ascendente, sono state e
sono in grado di far avanzare i rispettivi Paesi. Quando
Bourghiba introduceva, quasi mezzo secolo fa, il bilinguismo
nelle scuole - con una terza lingua addirittura più avanti - nel
nostro Paese si era lontanissimi da questo risultato, tuttora
assente in parte consistente del nostro Paese. Tanto per fare un
esempio...

Ma c'é dell'altro.


TRENI, ACQUA, ENERGIA. E LE
CONSEGUENZE


Scendiamo verso sud per arrivare al deserto di sabbia, parecchie
centinaia di km con un pullman efficiente, ma è l’intera
organizzazione che funziona. Ad ogni sosta arrivano
simultaneamente diversi gruppi di diversi tour-operator e poi
simultaneamente ripartono perché ne stanno arrivando
altrettanti. E così anche ai ristoranti. Preziosa si rivela la
nostra guida, docente nelle Scuole Superiori, prof. Khaled Ben
Hamad (e speriamo di aver trascritto giusto) di Scusse, per noi
Susa (arabo SÅ«sah; francese Sousse), capoluogo dell’omonimo
governatorato. Ha cominciato a farci notare, alle prime luci
dell’alba, l’estensione enorme degli olivi che però, nel
procedere verso sud, cambiavano forma staccandosi una pianta
dall’altra, sempre a distanza maggiore. Meno piogge e necessità
quindi che una pianta non interferisca negativamente con quella
vicina.

Agricoltura a parte sono tre i segni interessanti a lato della
strada: la ferrovia a doppio binario, fino ad un certo punto
elettrificata, un grande elettrodotto che ci accompagnerà fino
all’estremo sud, un grande acquedotto in costruzione per
centinaia di km. Un’idea di sviluppo. Non male le strade, di cui
circa 200 km di autostrada e altrettanti in costruzione in
direzione Libia. 2256 km di ferrovie, al nord con scartamento
normale, al centro-sud, a scartamento metrico per 13 milioni di
tonnellate di merci e 35 milioni di passeggeri (nei sette
aeroporti internazionali siamo oltre i 10 milioni). La rete
nazionale di telecomunicazioni è interamente digitalizzata.
Abbiamo scoperto che il parco tecnologico delle
telecomunicazioni di Tunisi è il secondo parco del continente
africano ed è tra i 46 primi dal periodico americano Wired. Sono
in corso di preparazione sei altri parchi tecnologici.

A Monastir avevamo incrociato un treno molto bello probabilmente
di uno dei tre principali collegamenti con standard europei , ma
ce n’è uno particolare all’estremo sud ed è il “ Lezard Rouge”
(Lucertola rossa), il treno personale del Bey - veniva usato dal
sovrano di Tunisi per recarsi nella residenza estiva di Hammam
Lif - costruito nel 1910 con sei vetture alla Orient Express e
restaurato che viaggia quotidianamente da Metlaoui e Redeyef,
unico mezzo per raggiungere la splendida gola di Seldja.
Parlando di trasporti nell’estremo sud a Zaafrane, vicino a Doux,
150 km circa dal confine Algerino, incontriamo “la nave del
deserto”. Non il cammello, che c’è solo in Asia con pelo lungo
per difendersi dal freddo, ma il dromedario, pelo corto. Un
animale tenerissimo, quasi umano (la mamma piange con lacrime e
lamenti quando le portano via il piccolo o va via il
padrone-amico) che con 600 kg di peso ne può portare 300,
resistendo senza mangiare 30 giorni e senza bere 15. E poi se ha
sete indica al padrone, battendo le zampe, dove c’è l’acqua.
Bene, di dromedari qui ce ne sono mille. Sui maschi ci
inoltriamo fra le dune di una sabbia che sembra borotalco,
vedendo la volpe del deserto, una specie di lucertola quasi
trasparente che si confonde con la sabbia (e un ragazzo ci mette
in mano un simpatissimo camaleonte). Le femmine restano in
stalla. Il loro compito è fare i piccoli e dare latte.

Quei dromedari fino a pochi anni fa costituivano il fulcro dei
collegamenti. Oggi, specie dopo la costruzione da parte
dell’esercito della strada verso l’Algeria, e un’altra
attraverso un imponente deserto di sale (lago salato con un
canaletto d’acqua nel quale, in base ai Sali, l’acqua è rossa,
gialla e ancora d’altro colore).
Sul dromedario. Bastano pochi minuti in groppa al dromedario e altrettanti a
camminare nelle dune con un protettivo turbante e un comodo e
largo caffettano per rendersi conto di com’era, e in parte
notevole com’è ancora, la vita qui dove, se va bene, arrivano in
un anno 100 mm di acqua. E si capisce il valore di quell’acquedotto
che viene dal nord (ci ha fatto venire in mente l’acquedotto
pugliese, forse l’opera più grandiosa realizzata in Italia nel
secolo XX°) e di quell’elettrodotto. Al qual proposito ci siamo
fermati alle abitazioni trogloditiche del deserto roccioso ove
abita ancora la gente che trova nei locali scavati sottoterra
intorno ad una sorta di ampio pozzo circolare sul quale si
affacciano le varie stanze la possibilità di vita a temperature
accettabili. Vivono ancora lì. C’è ancora della pastorizia e del
poco che la natura può offrire. Si è aggiunta un’integrazione
per i turisti che arrivano e che non lesinano il loro apporto.
Ma l’energia elettrica è arrivata. E lo vediamo dalla parabola
sulla spianata desertica con il cavo che scende e finisce in una di
quelle stanze… Per qualcuno è arrivato magari anche il
frigorifero, non certo comunque lavatrice e lavastoviglie (salvo
che non ve ne siano con funzionamento a secco!)… E anche di
quell’organizzazione che ha portato noi e che porta migliaia di
turisti sino qui. Ma l’energia elettrica serve anche per altro.
La Tunisia ha 62 zone industriali. Un nuovo programma di 31 zone
che coprono 803 ettari è previsto per i prossimi cinque anni. E
due zone franche, Bizerta e Zarzis, vitali per le esportazioni.


Con le conseguenze che occorre cogliere su un’analisi politica
che spesso in Occidente, per non parlare degli USA, viene fatta
avendo come metro il nostro sistema di vita. Riusciamo a capire
perché Ben Ali? E, nello sviluppo, l’impulso dato al turismo? Ma
non solo, per fare un esempio, con il chilometrico cantiere
costiero di Hammamet-Jasmine, in un contesto urbanisticamente
pensato, ma anche con l’APAL. L’APAL, “Agence de protection et
aménagement du littoral”, è una sorta di Agenzia tuttofare per
quel che riguarda le coste, con organizzazione e gestione
esemplari. A turno gli operatori turistici italiani e gli
amministratori dei Comuni marini dovrebbero andare là ad
imparare come si deve fare, sotto ogni profilo. Si va dalla
ricerca, dallo studio, dalla elaborazione, ai controlli, anche
sanitari, alla gestione. Un solo esempio. Ci sono 70 spiagge “populaires”,
per noi “libere”, le più frequentate e per un centinaio di km di
coste (quasi 1500 metri di media; da noi le spiagge libere
possono andare da 15 a 150 metri) per le quali l’APAL provvede
meccanicamente alla pulizia. Non provvede a quelle di fronte
agli alberghi. Si potrebbe pensare che intervengano gli
albergatori. Nossignori. La pulizia è assicurata tutto l’anno
dall’Office national du tourisme…

Pausa. Proseguiremo.
Alberto Frizziero


Il primo articolo era stato pubblicato sul n. 22 del 10 VIII
2005

Seguirà un terzo dedicato a Sharm El Sheikh

GdS 30 VIII 2005 -
www.gazzettadisondrio.it

Alberto Frizziero
Editoriali