Il Crocifisso simbolo laico dell'elevato fondamento dei valori civili. Esemplare sentenza del Consiglio di Stato

di a.f.



Una
signora finlandese, Soile Lauti, dimenticando che quando
si é ospiti ci si uniforma alle regole locali,
insofferente della presenza del crocifisso nella Scuola
Media di Abano Terme dove andavano i suoi figli

ha preso la carta
bollata e ha posto il problema che così tanto la
angosciava  sul terreno giuridico. Il TAR del
Veneto

prima di darle torto aveva posto una
questione di legittimità costituzionale. La Consulta
aveva però ritenuto inammissibile la questione per cui
questa dal TAR era passata al Consiglio di Stato. Questo
(sesta sezione),
con una sentenza esemplare, l'ha totalmente delusa
stabilendo in una ventina di pagine che il Crocifisso
doveva restare al suo posto. E la legittimità viene non,
si noti, per ragioni in qualche modo, diretto o
indiretto, legate alla religione ma

"in quanto «è un simbolo idoneo ad
esprimere l'elevato fondamento dei valori civili".


La sentenza (da Filodiritto)

I Giudici del Consiglio di Stato si soffermano sulle
diverse accezioni del principio di laicità, a seconda
dell'ordinamento in considerazione: "non v'è dubbio che
in un modo vada inteso ed opera quel principio
nell'ordinamento inglese, laico, benché strettamente
avvinto alla chiesa anglicana, nel quale è consentito al
legislatore secolare dettare norme in materie interne
alla chiesa stessa (esempio relativamente recente è dato
dalla legge sul sacerdozio femminile); in altro modo
nell'ordinamento francese, per il quale la laicità,
costituzionalmente sancita (art. 2 Cost. del 1958),
rappresenta una finalità che lo Stato potrà perseguire,
e di fatto ha perseguito, anche con mortificazione
dell'autonomia organizzativa delle confessioni (lois
Combes) e della libera espressione individuale della
fede religiosa (legge sull'ostensione dei simboli
religiosi); in altro modo ancora nell'ordinamento
federale degli Stati Uniti d'America, nel quale la pur
rigorosa separazione fra lo Stato e le confessioni
religiose, imposta dal I emendamento alla Costituzione
federale, non impedisce un diffuso pietismo nella
società civile, ispirato alla tradizione religiosa dei
Padri pellegrini, che si esplica in molteplici forme
anche istituzionali (da un'esplicita attestazione di
fede religiosa contenuta nella carta moneta - in God we
trust -, al largo sostegno tributario assicurato agli
aiuti economici elargiti alle strutture confessionali ed
alle loro attività assistenziali, sociali, educative,
nell'orizzonte liberal privatistico tipico della società
americana); in altro modo, infine, nell'ordinamento
italiano, in cui quel simbolo linguistico serve ad
indicare reciproca autonomia fra ordine temporale e
ordine spirituale e conseguente interdizione per lo
Stato di entrare nelle faccende interne delle
confessioni religiose (artt. 7 e 8 Cost.); tutela dei
diritti fondamentali della persona (art. 2),
indipendentemente da quanto disposto dalla religione di
appartenenza; uguaglianza giuridica fra tutti i
cittadini, irrilevante essendo a tal fine la loro
diversa fede religiosa (art. 3); rispetto della libertà
delle confessioni di organizzarsi autonomamente secondo
i propri statuti purché non contrastino con
l'ordinamento giuridico italiano (art. 8, 2° co.), e per
tutti, e non solo per i cittadini, tutela della libertà
in materia religiosa, e cioè di credere, non credere, di
manifestare in pubblico o in privato la loro fede, di
esercitarne il culto (art. 19); divieto, infine, di
discriminare gli enti confessionali a motivo della loro
ecclesiasticità e del fine di religione o di culto
perseguito (art. 20). Dalle norme costituzionali
italiane richiamate dalla Corte per delineare la laicità
propria dello Stato si evince, inoltre, un atteggiamento
di favore nei confronti del fenomeno religioso e delle
confessioni che lo propugnano, avendo la Costituzione
posto rilevanti limiti alla libera esplicazione della
attività legislativa dello Stato in materia di rapporti
con le confessioni religiose; attività che potrà
praticarsi ordinariamente soltanto in forma concordata
sia con la religione di maggioranza sia con le altre
confessioni religiose (art. 7, 2° co., e art. 8, 3° co.)".


Tutto ciò per concludere che: "la laicità, benché
presupponga e richieda ovunque la distinzione fra la
dimensione temporale e la dimensione spirituale e fra
gli ordini e le società cui tali dimensioni sono
proprie, non si realizza in termini costanti nel tempo e
uniformi nei diversi Paesi, ma, pur all'interno di una
medesima "civiltà", è relativa alla specifica
organizzazione istituzionale di ciascuno Stato, e quindi
essenzialmente storica, legata com'è al divenire di
questa organizzazione (in modo diverso, ad esempio,
dovendo essere intesa la laicità in Italia con
riferimento allo Stato risorgimentale, ove, nonostante
la confessionalità di principio dello stesso, proclamata
dallo Statuto fondamentale del Regno, furono consentite
discriminazioni restrittive in danno degli enti
ecclesiastici, e con riferimento allo Stato odierno,
sorto dalla Costituzione repubblicana, ed ormai non più
confessionale, ove però quelle discriminazioni non
potrebbero aversi)".


E ancora: "È evidente che il crocifisso è esso stesso un
simbolo che può assumere diversi significati e servire
per intenti diversi; innanzitutto per il luogo ove è
posto. In un luogo di culto il crocifisso è propriamente
ed esclusivamente un "simbolo religioso", in quanto mira
a sollecitare l'adesione riverente verso il fondatore
della religione cristiana. In una sede non religiosa,
come la scuola, destinata all'educazione dei giovani, il
crocifisso potrà ancora rivestire per i credenti i
suaccennati valori religiosi, ma per credenti e non
credenti la sua esposizione sarà giustificata ed
assumerà un significato non discriminatorio sotto il
profilo religioso, se esso è in grado di rappresentare e
di richiamare in forma sintetica immediatamente
percepibile ed intuibile (al pari di ogni simbolo)
valori civilmente rilevanti, e segnatamente quei valori
che soggiacciono ed ispirano il nostro ordine
costituzionale, fondamento del nostro convivere civile.
In tal senso il crocifisso potrà svolgere, anche in un
orizzonte "laico", diverso da quello religioso che gli è
proprio, una funzione simbolica altamente educativa, a
prescindere dalla religione professata dagli alunni".


Ed ecco il cardine della pronuncia: "in Italia, il
crocifisso è atto ad esprimere, appunto in chiave
simbolica ma in modo adeguato, l'origine religiosa dei
valori di tolleranza, di rispetto reciproco, di
valorizzazione della persona, di affermazione dei suoi
diritti, di riguardo alla sua libertà, di autonomia
della coscienza morale nei confronti dell'autorità, di
solidarietà umana, di rifiuto di ogni discriminazione,
che connotano la civiltà italiana. Questi valori, che
hanno impregnato di sé tradizioni, modo di vivere,
cultura del popolo italiano, soggiacciono ed emergono
dalle norme fondamentali della nostra Carta
costituzionale, accolte tra i "Principi fondamentali" e
la Parte I della stessa, e, specificamente, da quelle
richiamate dalla Corte costituzionale, delineanti la
laicità propria dello Stato italiano.


Il richiamo, attraverso il crocifisso, dell'origine
religiosa di tali valori e della loro piena e radicale
consonanza con gli insegnamenti cristiani, serve dunque
a porre in evidenza la loro trascendente fondazione,
senza mettere in discussione, anzi ribadendo,
l'autonomia (non la contrapposizione, sottesa a una
interpretazione ideologica della laicità che non trova
riscontro alcuno nella nostra Carta fondamentale)
dell'ordine temporale rispetto all'ordine spirituale, e
senza sminuire la loro specifica "laicità", confacente
al contesto culturale fatto proprio e manifestato
dall'ordinamento fondamentale dello Stato italiano".


In conclusione: "si deve pensare al crocifisso come ad
un simbolo idoneo ad esprimere l'elevato fondamento dei
valori civili sopra richiamati, che sono poi i valori
che delineano la laicità nell'attuale ordinamento dello
Stato. Nel contesto culturale italiano, appare difficile
trovare un altro simbolo, in verità, che si presti, più
di esso, a farlo".


(Consiglio di Stato - Sezione Sesta Giurisdizionale,
Sentenza 13 febbraio 2006, n.556).

Laicità dello Stato o anticlericalismo?

Chi si appella alla "laicità dello Stato", per il
Crocifisso come per altre cose, spesso e volentieri lo
fa in una posizione laicista e, tanti, sostanzialmente
anticlericale.

Laicità dello Stato vuol dire porre tutti sullo stesso
piano, prescindendo dalle convinzioni personali. E' vero
che un tempo sullo stesso piano tutti non c'erano
affatto, ma é anche vero che non solo queste
discriminazioni sono cadute ma si ha l'impressione che
ne siano state create, o siano in fieri, altre di segno
opposto.

E' anche vero poi che minoranze rumorose sanno farsi
valere a spese di maggioranze silenziose. C'é voluto il
recente Referendum per dimostrare che il Paese non é
quello ipotizzato da un largo schieramento, di base
intellettual-borghese, E questo vede in prima linea
tanti timorosi cattolici, compresi molti con abito
talare, che hanno dimenticato quello che una volta
insegnavano: il rispetto umano. Rispetto umano come
timore di professare le proprie idee, di difenderle, di
sostenerle. Diciamo pure una parola forte, che nella
sostanza riflette la realtà: mansuetudine apparente, ma
nella vera sostanza una forma di viltà.

E questo, ovviamente, non per guerre di religione o per
la salita sulle mura per faziosi arroccamenti, bensì per
la tutela di valori che poi, guarda caso, sono tali da
rappresentare la massima tutela per tutti, amici ed
avversari (non nemici, termine che tali valori
escludono).
a.f.


GdS 20 II 2006 -
www.gazzettadisondrio.it

a.f.
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