Che bella batosta per l’Europa!
Il No dei francesi alla ratifica della Costituzione europea, ha
sbandato le sicumere di molti politici che pensavano , stando lì
seduti sugli scranni più alti e profumatamente pagati, che
potessero fare il bello e cattivo tempo in “nome del popolo”
che, quando si arrabbia( e i francesi hanno dimostrato di
saperlo fare quando si toccano certi valori) rivolta daccapo la
“storia” che, specie quella delle nazioni va scritta insieme.
Da stanotte: 29-30 maggio 2005, si sono susseguite tantissime
analisi di illustri studiosi che dicono che la maggioranza del
«no» è proteiforme, contraddittoria. Però bisogna prenderla sul
serio perché coagula angosce differenti, amalgama le
insoddisfazioni e senza alcun impaccio intercetta i pregiudizi
dell’estrema destra come dell’ultrasinistra. In realtà, questo
miscuglio confuso e combattivo è un segnale di forza.
Il «no» non si cura delle divisioni interne, ma unisce. Fa
tabula rasa. Antiliberale, antiamericano, contrario
all’immigrazione dal Sud e soprattutto dall’Est, in odio alla
burocrazia cosmopolita di Bruxelles, dichiara guerra alla
concorrenza polacca, ai predatori baltici, senza trascurare i
futuri invasori turchi. Il «no» monta la guardia alle frontiere
della “vecchia” Comunità. È così che il referendum ufficiale
sulla Costituzione si è gradualmente trasformato in un
referendum ufficioso –
e retrospettivo - contro l’allargamento da 15 a 25. Non ci si
può più abbracciare come fratelli.
A nessuno sfugge che nell’Europa a 25 la maggioranza rifiuta di
giocarsi Washington per Mosca e Pechino. Vengono agitati lo
spettro del dumping e delle delocalizzazioni. Di fronte
all’idraulico polacco che ci toglie il lavoro, all’Estonia che
deruba le nostre fabbriche, al turco che ci inonda con le sue
spezie, si preferisce sbattere la porta in faccia alle giovani
democrazie est- europee e (più in là, alla Turchia che si sente
assolutamente diversa dalle radici europee).
La libertà spaventa. La Costituzione?
Secondo i sostenitori del «no», è una barriera contro il
Liberalismo: così abbasso Spinoza, Kant, Adam Smith e Popper. Il
liberale, ecco il nemico. I dubbi sul liberalismo non sono solo
dei francesi.
Da varie parti se ne sentono di tutti i colori contro questa
“dottrina” che è considerata nociva come il comunismo . In
realtà, vi sono più disoccupati, più poveri, e ciò costituisce
una spinta propulsiva per pulsioni xenofobe e nichiliste. Però,
sotto sotto vi è una crisi essenzialmente mentale.
Cadono i tabù. I freni che bloccano l'odio nei confronti
dell'altro, dello straniero innanzitutto, si sono allentati. I
cittadini francesi hanno detto ”no” al Trattato costituzionale
con una maggioranza che va oltre il 56 per cento: un risultato
che rappresenta una dura sconfitta per Jacques Chirac e
per il suo governo, ma anche per le altre Nazioni, tra cui
l’Italia.
E’ una grave, gravissima, battuta d’arresto, non è la ”fine
dell’Europa”. Nel momento in cui dalle urne francesi è uscito il
temuto verdetto è giusto interrogarsi seriamente sulle cause che
l’hanno determinato riportando le lancette degli orologi europei
indietro di cinquantuno anni, a quella caldissima giornata del
31 agosto 1954, quando l’Assemblea di palazzo Borbone seppellì
il trattato istitutivo della Comunità europea di Difesa e con
essa ogni prospettiva di un’unità federale.
Sarebbe un errore fatale quello di minimizzare il significato
del voto attribuendolo ad una strumentale alleanza tra l’estrema
destra xenofoba e la sinistra anti-liberista unite nella
crociata anticostituzionale e vittoriose nell’identificare il
”no” all’Euro- costituzione come un voto contro Chirac (ma lo è
anche perché egli è stato uno dei più accesi sostenitori nel
voler
eliminare dalla Carta le famose “radici cristiane”. In fondo, in
Europa, a cominciare dalla Francia, siamo tutti “cristiani”, in
quanto a cultura, arte, musica, scuola…).
Si teme, dopo il voto francese una specie di volano( uno tira
l’altro. Tra poco tocca all’Olanda già molto euro- dubbiosa). Si
dice che non bisogna lasciarsi travolgere dal ”no” francese in
una sorta di auto-flagellazione
volta a dar fiato alle spinte euro- diffidenti e anti-europee
che finora non si erano coagulate nei vari Paesi dell’Unione, a
cominciare dal nostro, che - fedele alla sua tradizione
europeista – era stato tra i primi a ratificare il trattato
costituzionale (però non curandosi affatto di pretendere di
specificare nel preambolo i “valori “ dell’Europa che sì, apra
pure le braccia ai musulmani, ma precisando che essa permea la
sua cultura con quello che è scritto nel Vangelo). Certo: si può
immaginare la delusione di un ampio fronte europeista italiano
che aveva votato qualche giorno fa compatto in Parlamento per la
ratifica del Trattato. Non è che sia leghista, però appoggio la
richiesta di Maroni di indire anche in Italia un Referendum
sull’accettazione ora piuttosto “rancorosa” di un Documento che,
sinceramente, proprio non rispetta le idealità del nostro
popolo.
Si possono immaginare l’amarezza, l’allarme dei politici,
tuttavia, non si può che manifestare una certa soddisfazione nel
constatare che, alla fine, il buon senso prevale nella gente.
Insomma, gli elettori di sinistra hanno giudicato la nuova
Costituzione troppo liberista sul piano economico e troppo avara
su quello sociale; e al contempo gli elettori di estrema destra
, al contrario, l'hanno bocciata perché troppo invadente e
irrispettosa nei
confronti dello Stato nazionale. Insieme, i due rifiuti hanno
vibrato uno schiaffo che lascerà l'impronta. Non è escluso che
la manifestazione di sfiducia metta in agitazione i mercati e
pesi sull'euro nelle prossime
ore o giorni. Essa getta soprattutto lo scompiglio nella società
politica europea. Che fare? La crisi covava da tempo
nell'Unione. I francesi l'hanno fatto scoppiare. I motivi che li
hanno spinti sono in gran parte discutibili, ma sono gli stessi
che si trovano negli altri Paesi occidentali.
La causa principale dell'euroscetticismo esploso il 29 maggio
2005 nelle urne risiede nella mondializzazione. In sostanza nei
limiti da porre all'abbattimento delle frontiere. Il "modello
europeo" non è più ritenuto capace di mantenere un equilibrio
tra liberalismo economico e solidarietà sociale. Le direttive
impartite dall'Unione appaiono sconclusionati, perché
considerate di ispirazione anglosassone, e quindi impregnate di
troppo liberismo, e prive di equità. Capaci soltanto di
arricchire i ricchi e di impoverire i poveri. Ora è forte il
timore di un ”effetto valanga” in Olanda e in altri Paesi. Non è
difficile pensare che si possa trarre pretesto dal verdetto
francese per dare fiato ad un processo di delegittimazione
dei vincoli europei - a cominciare dal Patto di Stabilità - che
avrebbero conseguenze devastanti non solo per il nostro Paese ma
per l’intera Unione. E’ invece il momento di tenere i nervi
saldi. E per quanto si può prevedere - al di là delle decisioni
operative che saranno assunte a livello europeo - alcune
indicazioni sono già chiare. Anzitutto, il processo di ratifica
nelle capitali dell’Unione non dovrà essere interrotto. Anzi,
esso dovrà proseguire con rinnovata spinta ideale. Non per far
finta di nulla –
sia chiaro - ma per evitare l’”impasse” e perché la lettera
dello stesso Trattato prevede che esso vada avanti malgrado il
”no” di uno o più Stati membri. Sarà poi alla fine del processo
di ratifica un Consiglio dei Ministri dell’Unione a decidere sul
da farsi. Per ora, resta valido a tutti gli effetti il Trattato
di Nizza che contiene al suo interno le norme che consentono
la sopravvivenza dell’Unione. Ma sarà necessaria una risposta
commisurata alla gravità della situazione da parte delle
Istituzioni e dei Paesi membri (vecchi e nuovi) che dovranno
finalmente prendere atto che l’Europa così come si è sviluppata
negli ultimi anni è lontana dai cittadini, non riesce a
comunicare e a far comprendere il proprio messaggio.
Certo, sul piano economico si concentreranno gli sforzi di
coloro che si dovranno assumere l’improbo compito di far
risuscitare lo spirito e l’identità europei dalle macerie del
”no” francese.
Però non tralasciando, stavolta, ciò che sinceramente unisce i
popoli europei e che li distingue dalle altre civiltà. I Diritti
umani estratti dal cristianesimo che poi sono realmente una
garanzia di sviluppo e di progresso per l’intera umanità.
Maria de Falco
Marotta
GdS 30 V 2005 -
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