Al Presidente del Parco dello Stelvio Osio é bene ricordare che...

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L'ARTICOLO DEL PRESIDENTE OSIO E IL 1977

Sabato 14 febbraio il Presidente del Parco dello Stelvio Arturo
Osio, con un articolo pubblicato a pag. 12 de “La Provincia di
Sondrio”, ha replicato al Sindaco di Valfurva Idilia Antonioli e
al cons. regionale Bordoni che nel recente convegno sui Mondiali
avevano polemicamente proposto di stralciare l’area sciabile dal
Parco.

Si può capire la sua posizione ma lui, e chi la pensa come lui,
dovrebbe capire la nostra, soprattutto ricordando come sono andate
le cose nel 1977. Allora infatti il Ministro dell’Agricoltura
Marcora, di punto in bianco, emise un decreto con il quale il
Parco Nazionale dello Stelvio veniva grandemente ampliato. Dai
circa 95.200 ettari si passava agli attuali 134.620 di cui 60.126
tra Brescia e Sondrio, 55.094 Bolzano e 9.350 Trento.


Il comprensorio sciabile Bormio/S.Caterina

Il peso maggiore dei quasi 40.000 ettari aggiunti gravò allora sui
Comuni dell’Alta Valtellina, - che, per inciso, a settimane
dall’entrata in vigore del Decreto non riuscivano a sapere quale
fosse il nuovo confine del Parco –. Condizionata in particolare
l’area sciabile, dato che prima era compresa nel parco solo una
modestissima fettina fra due tornanti della strada del Gavia,
guardacaso quei 50 metri circa che bloccavano già allora la
realizzazione dell’impianto di risalita.

Chi scrive oltre che Sindaco di Sondrio e membro sia
dell’esecutivo nazionale dell’ANCI che dell’ufficio di Presidenza
del settore ANCI-Territorio - poi divenutone il Presidente - era
allora anche Presidente della Comunità Montana unica della
Valtellina con 65 Comuni e oltre 2600 kmq di territorio, parte
cospicua del quale nel Parco dello Stelvio. Guidai pertanto la
protesta dei Sindaci e delle loro comunità ma contestualmente, per
la serietà che deve contraddistinguere l’attività dei pubblici
amministratori, operai discretamente per individuare una soluzione
positiva.

L’allora deputato Paolo Moro può testimoniare che il Ministro, in
quel momento idolatrato da tutto l’ambientalismo nazionale per
l’effettuato ampliamento, accolse di buon grado le richieste e le
proposte avanzate da chi scrive.

Intanto venne subito a Sondrio a incontrare gli amministratori ma
la cosa più importante fu il Regolamento del Parco. Il Ministro
convenne che i 21 articoli del Regolamento esistente ( DPR
30.6.1951, n. 1178) erano assolutamente inadeguati e si impegnò,
qualora la Comunità Montana, allora la maggiore d’Italia, avesse
confezionato una proposta adeguata, di portarla in approvazione.

Agli atti c’è la delibera, subito assunta, del Consiglio Direttivo
della Comunità Montana nella quale si traduceva operativamente
questo impegno, con le indicazioni dei sei esperti dei vari
settori (urbanistica, botanica ecc.) e delle tre suddivisioni del
Parco: aree a rispetto integrale, aree a attività ammesse, aree
antropizzate.
Ebbene in questo quadro si era anche accennato con il Ministro
al problema delle aree sciabili (allora si parlava di comprensori)
e l’intesa era che nella definizione del Regolamento saremmo
andati alla definizione di una sky-area Bormio-Santa Caterina.



Non eravamo nemici dell’ambiente


Non eravamo nemici dell’ambiente. Un quarto di secolo fa – ero
Sindaco – eravamo già arrivati a depurare il 95% dei reflui civili
e chimici della città di Sondrio, ma c’è l’esempio della funivia
della Magnolta, in Aprica fra l’altro con un taglio previsto di
10.000 piante, (peraltro da ripiantare secondo la mia prescrizione
e con garanzia di attecchimento secondo modalità e localizzazione
affidati alla Forestale). Quando, da Presidente della C.M., dopo
un iter complesso pervenni alla decisione e scrissi personalmente
l’intera delibera, Antonio Cederna, allora molto polemico sul
Corriere e su altri giornali, andò in Comunità Montana a leggersi
il provvedimento ma non scrisse nulla: evidentemente aveva trovato
ineccepibili le motivazioni relative ad un intero versante vocato
allo sci e per larga parte attrezzato.

E così in Alta Valle eravamo allora sulla via per risolvere
costruttivamente e culturalmente in modo appropriato i problemi,
ma quel che più importa è che sulla sky-area era d’accordo quel
Ministro che aveva ampliato il Parco. (In realtà poi, nonostante
la delibera assunta, ahimé ci fu imposto il blocco; inoltre poche
settimane dopo lasciavo la Presidenza e anche a Roma ci fu un
avvicendamento al Ministero).


C’era lo sci. Poi è venuto il Parco


Serve però ricordare perché in Alta Valle non si è oresi
dall’annosa questione di chi è venuto prima, uovo o gallina. Qui
infatti non ci sono dubbi. Prima c’era lo sci, poi è venuto
l’ampliamento del Parco.

Lo sci ha voluto dire per molti valligiani evitare di dover fare
la valigia e andare in Svizzera o più lontano ancora. Il
Presidente Osio dice che, visti i mutamenti climatici, dovranno
trovarsi alternative allo sci d’inverno e modi di attrazione dei
turisti nelle stagioni oggi “morte”. Secondo lui, anche se non ci
convince, le presenze dovute allo sci sono molto sotto al 50%
(quelle dovute al Parco riescono ad arrivare al 5%?!? - Il Parco
in Svizzera, di 16.900 ettari, circa otto volte più piccolo dello
Stelvio, ha 150.000 visitatori all’anno…).

In realtà torna ancora una volta, sotto sotto, la stessa
posizione. Il Parco non è visto nella sua articolazione,
preesistente al Parco stesso e al suo ampliamento, e quindi anche
in un quadro di economia integrata con lo sci in primo piano. Lo
sci, lo si nota in periodiche prese di posizione, è faticosamente
tollerato, e se ne vorrebbe fare a meno. Il Parco somiglia sempre
più per la “cultura metropolitana”, quella di cui parlava l’on.
Della Briotta, al giardino domenicale per quelli che il territorio
se lo sono divorato e l’ambiente se lo sono inquinato e che quindi
il week-end dovrebbero usarlo per ossigenarsi… Un modello che in
ogni caso resta teorico funzionando solo, e diciamo purtroppo, per
ridottissime minoranze che alle affollate spiagge preferiscono il
silenzio dei boschi, delle valli o delle cime.

In attesa comunque che qualcuno dia la ricetta per come e con che
cosa sostituire lo sci come auspica il Presidente Osio e chi la
pensa come lui, giova ricordare quanto recentemente affermato dal
Comitato Cittadini Consumatori Valtellina, anche su questo
giornale: <per il Parco dello Stelvio le norme “prevedono
un’attenta valutazione dell’incidenza dell’opera rispetto agli
ecosistemi e alle specie animali e vegetali fatte oggetto di
protezione su tutto il territorio comunitario”. Appare opportuno
ricordare che tra le specie da tutelare nel Parco c’è quella, come
dimostrato tutti questi anni, che è la meno tutelata di tutte: i
bipedi, non a due zampe ma a due gambe. Bipedi che vorrebbero
continuare a lavorare e vivere nel loro territorio, in uno
sviluppo certo compatibile e sostenibile ma sulla base del fatto
che è l’ambiente al servizio dell’uomo e non, come pensano troppi
ambientalisti da cultura metropolitana e magari da week-end,
l’uomo al servizio dell’ambiente>.


Non stralciamo niente

ma usiamo logica e buon senso


Torniamo all’inizio. Lo stralcio “Bordoni-Antonioli” è certamente
una provocazione, così come lo era quella di chi scrive relativa
al commissariamento del Parco non per via dei Mondiali ma per la
perdurante assenza di un Piano del Parco.

Sono entrambe figlie dello stesso problema: la coesistenza di
interessi e la nostra, ferrea, determinazione che deve essere
l’ambiente al servizio dell’uomo e non viceversa. Una
determinazione che dovrebbe essere tradotta in atti istituzionali
e precisamente nel Piano Territoriale della Provincia. Al di là
dei limiti della legge – che però non vieta affatto di inserire in
relazione e negli obiettivi strategici la nostra posizione al
riguardo, posizione del resto coerente con quella “Autonomia” che
era il punto forte programmatico nonché elemento vincente
dell’attuale maggioranza – c’è l’occasione di farlo, aprendo anche
una pagina nuova con riferimento a quella tela di Penelope che è
il Piano del Parco.

Nella convinzione che tale Piano debba essere “condominiale” visto
e considerato che tutta quella zona con i bipedi che la abitano è
ancora in provincia di Sondrio e nella giurisdizione
amministrativa della Provincia di Sondrio.
Alberto
Frizziero


GdS 20 II 04 -
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Alberto Frizziero
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