Banche, tutela depositanti e...

Ci perviene una nota dell'avv. Pietro Mastrangelo"Sulle funzioni assunte dal FGD (in applicazione del D. Lgs. n. 30/16) e sull’accesso delle singole Bcc ai capitali di mercato". Pubblichiamo visto anche che se ne discuterà a Roma il 12 settembre.

1. Il FGD è configurato dall’art. 96 TUB come uno dei sistemi di garanzia dei depositanti, istituiti e riconosciuti nel nostro paese.
2. Nel seminario sul futuro del FGD svoltosi a Roma il 24 ottobre 2017 è stato sottolineato che: 2a)  l’attuale progetto di DGS (sistema di garanzia dei depositanti) paneuropeo (EDIS) non prevede alcuna forma di intervento preventivo; sicché si profila per i DGS nazionali un ruolo potenzialmente più ampio e cioè quello di prevenire, quale sistema interno di primo intervento, l’insorgere e la diffusione delle crisi; 2b) l’ipotesi di utilizzare in via ordinaria il FGD per la liquidazione atomistica (e quindi con il rimborso dei depositi protetti) si pone in contrasto con l’esperienza degli USA (oltre che, come vedremo di qui a poco, con l’esperienza dei sistemi di garanzia apprestati dal Credito Cooperativo negli ultimi cinquant’anni in Italia). 3. In applicazione del D. Lgs. n. 30/2016, l’Assemblea straordinaria del FGD, in data 19/12/2016, ha rivisitato il proprio statuto ed ha integrato le nuove regole con l’Appendice tecnica (per disciplinare gli aspetti operativi) e con la policy di governo dei modelli di contribuzione. Il nuovo statuto con i documenti che l’accompagnano è stato approvato dalla Banca d’Italia il 10/01/2017, con sostanziali integrazioni e modifiche.
4. Il nuovo statuto del FGD, pur ponendo come scopo del Fondo quello della tutela dei depositanti (vedi art. 2), in verità attribuisce alla società consortile il potere-dovere di garantire il mercato e quindi la stabilità del sistema allorché conferisce al FGD il potere-dovere di intervenire a favore delle Bcc in difficoltà “per superare lo stato di dissesto o il rischio di dissesto”; va da sé che per evitare il rischio del dissesto di una consorziata bisogna mettere la stessa nelle condizioni di soddisfare le obbligazioni assunte nei confronti del mercato.
5. Poiché questa funzione assunta dal FGD presuppone la conoscenza da parte dello stesso dei rischi dell’attività aziendale di ciascuna consorziata, lo statuto in esame ha istituito (vedi art. 9) delle articolazioni territoriali (ravvisati negli enti federativi che aderiscono a Federcasse); si stabilisce a tale riguardo (nello statuto di che trattasi) che questi enti, sulla base di apposita convenzione, si coordinano col FGD per la programmazione dei piani annuali di revisione delle aziende e comunicano allo stesso Fondo le notizie ed i dati delle Bcc consorziate, di cui vengono a conoscenza.
6. Conseguentemente le quote di contribuzione a carico di ciascuna società consorziata e a favore del Fondo sono stabilite (vedi art. 25) non solo in proporzione alle masse protette ma anche in relazione “agli indicatori gestionali risultanti dal sistema di analisi del rischio di cui all’Appendice tecnica”. 7. In sintesi, col D. Lgs n. 30/2016 il FGD ha assunto lo scopo di garantire la stabilità del sistema; i singoli depositanti sono (e si sentono protetti) per il fatto stesso che il FGD ha assunto il compito di spiegare a favore di ogni consorziata in difficoltà quegli interventi che sono necessari per prevenire anche il semplice rischio di dissesto.
8. Per adeguare il FGD al dettato del D. Lgs. n. 30/2016, gli organi competenti del FGD, oltre a deliberare il nuovo statuto (approvato dalla Banca d’Italia, come si è detto il 10/01/2017), hanno predisposto il programma quinquiennale di stress-test (presentato il 19/04/2017 all’Autorità Bancaria
Europea) ed hanno chiesto alla Banca d’Italia di approvare il modello di contribuzione risk-based (personalizzato sulla realtà delle singole Bcc).  9. All’entrata in vigore della nuova normativa del FGD, le condizioni del sistema delle Bcc (in termini di adeguatezza patrimoniale, di qualità del credito e di liquidità) erano ottimali (come lo sono tutt’ora). Basti considerare che le 135 Bcc che utilizzano la reportistica di Cassa Centrale Banca, a fine 2017, presentavano un CET1 superiore al 17%; un tasso di copertura medio del credito deteriorato lordo pari al 50,8%; un rapporto tra il deteriorato lordo e gli impieghi pari al 16,53% ed infine un’abbondante riserva di liquidità operativa (LCR) e strutturale (NSFR). 10. Venendo alla nuova normativa del FGD, va evidenziato che la stessa prevede un sistema di controllo dei rischi delle singole Bcc (facendone carico allo stesso Fondo); pertanto, sarebbe un inutile dispendio di energie e di risorse prevedere la duplicazione di questa funzione, assegnandola anche alle future capogruppo; in sede di conversione del D.L. n. 91/2018 basterebbe prevedere, a carico del FGD, l’obbligo di rapporto, onde portare a conoscenze della Banca d’Italia tutte le notizie di mala gestio, comunque acquisite (o direttamente ovvero tramite le proprie articolazioni territoriali); sarebbe la vigilanza della Banca d’Italia ad attivare le procedure, sanzionatorie e repressive, di competenza. 
11. Questo sistema sarebbe preferibile per queste ragioni:
11a) anzitutto perché le Federazioni locali, grazie alla loro riconosciuta esperienza e professionalità, potrebbero meglio riferire sulla rischiosità dell’azienda delle Bcc del loro territorio; 
11b) in secondo luogo perché, attribuendo questo controllo sui rischi delle Bcc solo al FGD, si avrebbe un notevole risparmio di spesa rispetto a quella che peserebbe sui bilanci delle consorziate medesime nel caso in cui la stessa funzione fosse altresì esercitata dalla future capogruppo. 
12. Venendo al controllo sugli organi, poiché tra le future capogruppo (costituite in forma di S.p.A.) e le Bcc aderenti (con scopo mutualistico) c’è un immanente conflitto di interessi (in quanto la logica della massimizzazione dei profitti, cui si dovrebbero ispirare le nostre future capogruppo, mal si concilia con le finalità mutualistiche delle Bcc aderenti), il controllo sugli esponenti aziendali (controllo questo che comporta penetranti poteri repressivi e sostitutivi) dovrebbe essere affidato non già alla capogruppo, che persegue finalità ontologicamente contrapposte a quelle delle Bcc aderenti, bensì ad un organo pubblico, terzo e imparziale, quale è la Banca d’Italia. Tale soluzione si impone sia per assicurare la funzione sociale del credito cooperativo (vedi art. 45 Costituzione); sia per mitigare il rischio del conflitto di interessi tra le future capogruppo e le Bcc aderenti e sia per osservare il principio della divisione dei poteri, che è alla base del nostro ordinamento.
13. In conclusione: 13a) l’accertamento della rischiosità aziendale di ciascuna Bcc dovrebbe essere una funzione esclusiva del FGD, ormai divenuto, col D. Lgs. n. 30/2016 garante non solo dei depositi ma anche della stabilità del sistema; forse non è superfluo aggiungere che negli ultimi cinquant’anni il sistema del credito cooperativo, dapprima con istituti convenzionali (quale era il Fondo centrale di garanzia e qual è stato successivamente il Fondo di garanzia istituzionale) e negli ultimi tempi con gli istituti coniati dalla legge (quali sono il FGD ed il Fondo Temporaneo), ha messo in campo le risorse per il soddisfacimento di tutti i creditori delle singole Bcc; il che ha fatto, giova sottolinearlo, senza beneficiare di alcun aiuto di Stato
ma solo grazie ai contributi delle Bcc tutte; certo è che negli ultimi cinquant’anni nessun creditore di qualsivoglia Bcc o CRA è rimasto insoddisfatto;  
13b) tale funzione di controllo della rischiosità delle aziende delle Bcc consorziate il FGD eserciterebbe preferibilmente attraverso le Federazioni locali;
13c) le notizie relative a mala gestio, comunque apprese dal FGD, dovrebbero essere trasmesse, a cura dello stesso, alla Banca d’Italia (che attiverebbe le procedure di competenza, per l’assunzione dei provvedimenti del caso); 13d) il controllo sui comportamenti degli esponenti aziendali di ogni Bcc dovrebbe essere una funzione esclusiva della Banca d’Italia che potrebbe attivare le procedure sanzionatorie e adottare i provvedimenti repressivi del caso, in presenza di ripetute violazioni della sana e prudente gestione, delle norme di legge, delle regole statutarie ed infine degli indirizzi strategici della capogruppo;
13e) il nuovo FGD, essendo chiamato a garantire non solo i depositanti ma soprattutto la stabilità del sistema, dovrebbe poter intervenire sul mercato e interloquire con quegli operatori che vantino crediti insoddisfatti nei confronti di questa o di quell’altra Bcc; il che dovrebbe avvenire non come ora, tramite la consorziata a rischio di default, ma direttamente, in rappresentanza di essa (come di tutte le altre Bcc consorziate) al fine di soddisfare le persone, fisiche o giuridiche, che hanno correttamente fatto credito ad una Bcc, confidando in buona fede nella solvibilità della stessa; si tratta solo di trasformare la garanzia indiretta in garanzia diretta; le forme tecniche al riguardo possono essere varie; una potrebbe essere quella di fare del FGD un organismo di coassicurazione delle Bcc con responsabilità esterna, sulla falsariga del sistema tedesco IPS (Istitutional Protection Scheme);   13f) resterebbero salve, insieme con le norme del TUB di cui all’art. 96 e seguenti, le previsioni dell’attuale statuto del FGD circa il livello-obiettivo delle risorse finanziarie del Fondo e circa le quote di contribuzione (ordinaria, straordinaria e aggiuntiva) a carico di ciascuna consorziata.
14. Se si ritiene che la garanzia incrociata di cui alla legge Renzi costituiva una delle ragioni di quella riforma, poiché quella esigenza è stata soddisfatta con la nuova disciplina del FGD sopra riassunta, bisognerebbe chiedersi se ci sia ancora la necessità di mandarla ad effetto.
15. Pur tuttavia, se il Parlamento ritenesse necessario conservare il nuovo istituto, si auspica che in sede di conversione del Decreto Legge n. 91 del 25/07/2018 fosse stabilito a chiare lettere che: 15a) l’accertamento della rischiosità aziendale di ciascuna Bcc è funzione esclusiva del FGD e che questa funzione è esercitata preferibilmente tramite le Federazioni locali;
15b) il FGD garantirà non solo i depositi ma anche la stabilità del sistema per quanto detto sopra;
15c) la società capogruppo, per effetto di quanto sopra, sarà sgravata degli obblighi relativi alla garanzia incrociata, previsti dalla legge di riforma Renzi; 15d) al fine di rispettare l’articolo 45 della Costituzione, deve essere fatta salva in ogni caso l’autonomia gestionale delle Bcc, autonomia questa che è indispensabile sia per il perseguimento da parte del credito cooperativo della sua finalità mutualistica e sia per consentire a ciascuna Bcc di contribuire alla elevazione del livello economico-sociale e culturale del territorio di competenza;
15e) conseguentemente la capogruppo avrebbe solo la funzione di stabilire gli indirizzi strategici del GBC e non anche la funzione di direzione delle Bcc aderenti; e meno che mai quella di stabilire a carico di queste ultime il perseguimento di obiettivi particolari, funzione quest’ultima che non si concilia con la mutualità e con il localismo che caratterizzano le cooperative di credito; 15f) all’assemblea di ciascuna Bcc dovrebbe essere riconosciuto il diritto di esprimere i propri amministratori, salvi i requisiti stabiliti dal MEF e i provvedimenti repressivi della vigilanza della Banca d’Italia; 15g) la capogruppo potrebbe avocare a sé solo la nomina (in tutto o in parte) degli esponenti del collegio sindacale, in caso di ripetute violazioni da parte del C.d.A. dei propri indirizzi strategici; ma non anche quella degli amministratori (chiamati dal corpo sociale ad apprezzare e a soddisfare gli interessi generali della cooperativa di credito); salvi i provvedimenti repressivi della Banca d’Italia in caso di mala gestio di quegli esponenti; 15h) dovrebbe essere garantito il diritto di ogni Bcc all’autogestione, anche con riferimento alla nomina del DG e del personale tutto.
16.  Si auspica ancora che il Parlamento, in sede di conversione del D.L. n. 91/2018 voglia consentire che le azioni di finanziamento, di cui all’art. 150 ter del TUB, siano sottoscritte anche da soggetti del territorio di competenza, salvo il controllo della Banca d’Italia, in sede di approvazione della procedura e salvo il rilievo da parte della stessa di eventuali elementi ostativi all’operazione. Se la riforma Renzi vuole garantire l’ingresso nel circuito del credito cooperativo di capitali di mercato (in caso di inadeguatezza patrimoniale), non si capisce la ragione per la quale mentre tale possibilità è data alle future capogruppo, alle singole Bcc sia invece inibito acquisire azioni di finanziamento ex art. 150 ter del TUB anche da soggetti del proprio territorio (e sono tanti i nostri concittadini che, in caso di necessità, sarebbero pronti a rafforzare il patrimonio della Bcc della loro comunità!). 
17. Basterebbe questa semplice previsione per garantire la stabilità del sistema e per rendere pertanto inutile la riforma Renzi, anche alla luce dei compiti assegnati dall’ordinamento al FGD.  18. Non essendoci più motivo perché le Bcc debbano aderire obbligatoriamente al Fondo di cui alla Legge n. 1/1999 (a causa del fatto che la nuova normativa del FGD ha fatto venir meno il rischio di default di qualsivoglia banca consorziata) dovrebbe essere sancita la cessazione di quell’obbligo.
 

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