Iperal & C fanno il loro interesse, i consumatori no
La grande distribuzione, che per semplicità e con riferimento alla situazione locale chiameremo 'Iperal & C, fa ovviamente il suo interesse che è quello di avere quote di mercato adeguate e conseguenti profitti. Normale, si è sempre detto che il profitto misura l'efficienza di un'impresa (anche se non sempre è così o comunque vanno considerati altri fattori). Gli azionisti di qualsiasi impresa lo richiedono. Chi cioè mette i suoi soldi in una intrapresa vuole averne un ritorno.
I consumatori no, non fanno il loro interesse, Intanto perchè, contrariamente ad altri Paesi dove le loro Associazioni sono potentissime, USA docent, in Italia gli iscritti alle 19 Associazioni ufficialmente in regola con il “Regolamento recante norme per l’iscrizione nell’elenco delle associazioni dei consumatori e degli utenti rappresentative a livello nazionale ai sensi dell’articolo 137, comma 2, del Codice del consumo” sono un'entità quasi trascurabile. Erano: nel 2010 1.408.680 - nel 2011 1.375.447 - nel 2012 1.183.652. Il calo si è ulteriormente accentuato dopo le nuove regole come dimostrano i dati, aggiornati, del Ministero dello Sviluppo economico al 2014/13:
FEDERCONSUMATORI 51.427 UTENTI SERVIZI RADIOTELEVISIVI 31.463 COSACONS 32.682 MOVIMENTO DIFESA DEL CITTADINO 31.241 ALTROCONSUMO 377.071 ADICONSUM 35.471 ADOC 38.271 ASSOCUNSUM 30.163 ACU 36.981 CONFCONSUMATORI 24.455 CITTADINANZATTIVA 34.540 LEGA CONSUMATORI 34.781 CENTRO TUTELA CONSUMATORI 3.076 ADUSBEF 32.254 UNIONE NAZIONALE CONSUMATORI 31.903 MOVIMENTO CONSUMATORI 30.370 CODICI 30.781 CASA DEL CONSUMATORE 30.658 ASSOUTENTI 46.263
La Grande Distribuzione è in condizioni di attingere al mercato globale e non si può chiederle di considerare altri aspetti che esulano dal contesto economico diretto. D'altronde il consumatore se vede in corsia che il costo al kg del tal prodotto è più basso di altro sostanzialmente simile lo prende indipendentemente dal fatto che quello meno costoso venga da oltre confine e l'altro da qualche azienda italiana. Non va oltre il proprio naso e non si può individualmente chiedere che spenda di più per questione di bandiera. Questo può succedere per certi prodotti come ad esempio per l'olio la cui provenienza nazionale da molti è privilegiata anche se costa qualche soldo in più.
La scarsa tutela dei prodotti italiani, potrebbe essere contrastata da efficaci azioni collettive ove il movimento associazionistico potesse avere la forza necessaria, forza derivante dal numero degli iscritti. Ma a che pro, qualcuno può dire. Ebbeme guardando oltre al proprio naso ogni merce straniera acquistata è un colpo alle aziende italiane che operano nel settore. Vigorose campagne di forti Associazioni dei consumatori renderebbero un servizio al Paese e, strategico, ai consumatori stessi.
Occorre qualche esempio.
Confetture dal Belgio
Corsia dell'Iperal destinata alla prima colazione. Due cose ci fanno restare male.
La prima riguarda le confetture Primia (ricordiamo che per Direttiva europea da 52 anni marmellata è solo quella di agrumi, tutte le altre sono appunto confetture). Sono esposte in modo molto visibile con le differenziazioni dei vari frutti.
Andiamo a leggere – ma approfondendo la conoscenza - chi e dove vien fatta. L'etichetta, contrariamente a molti prodotti di varia natura, è chiara e facilmente leggibile, una caratteristica di cui va dato atto ai prodotti targati Primia. Il luogo di produzione è nel Belgio e precisamente a Floreffe, cittadina per abitanti simile a Chiavenna, zona di Namur abbastanza nei pressi di Bruxelles, e l'indirizzo tutto un programma: Viale delle ciliegie. L'azienda è la Materne Confilux, azienda storica essendo nata nel 1888. Una storia interessante anche nei momenti difficili e a quelli positivi come la situazione attuale di leader nel mercato belga delle confetture. 400 i dipendenti, oltre 500.000 i vasetti giornalmente prodotti.
Commenteremo dopo.
Confetture dalla Germania
La seconda riguarda le confetture Zuegg, azienda e marchio che vengono da lontano ovvero da 164 anni da quando Maria ed Ernst August Zuech (Zuegg dal 1903) cominciarono a coltivare la frutta a Lana, centro in provincia di Bolzano di dimensioni circa come Morbegno e, come Morbegno, in forte espansione demografica. Karl Zuegg, è l'artefice dello sviluppo, anche internazionale, dell'azienda. Diventerà per questo Cavaliere del Lavoro. Dal '98 la sede centrale è a Verona e l'anno scorso ha aperto un ufficio commerciale a Coira (Zuegg Schweiz GmbH Wiesentalstrasse 126)
Multinazionale di successo, ben nota ai ragazzi di non molto tempo fa per via dei “mattoncini di cotognata” che allora furoreggiavamo (ce ne sono ancora, lì all'Iperal, ultimo ripiano in basso, anche se si fa fatica a trovarli.
Commento
Veniamo alla ragione di quanto sopra.
Primia.
Primia ha scelto l'azienda belga come fornitrice. Evidentemente una scelta commerciale che risponde alle esigenze commerciali, di mercato, di bilancio. Nulla da dire ma a noi dispiace che il nostro Paese, Paese del sole, ricco di frutta debba vedere arrivare sugli scaffali confetture belghe. Prodotti belgi, manodopera belga, fatturato belga. Dispiace soprattutto che tanti italiani li preferiscano a prodotti nazionali.
Zuegg.
Diverso il caso della Zuegg. Qui, in misura meno leggibile rispetto a Primia, la dizione: prodotto da Zuegg GmbH distribuito da Zuegg. Siamo andati anche qui ad informarci. Il prodotto viene da Zörbig, un centro più o meno delle dimensioni di Tirano nella Sassonia
Nulla da dire ma a noi dispiace che proprio in zone ricchissime di frutta come è la Valle dell'Adige dalla sorgente fin quasi alla foce e più giù ancora si vedano soppiantate. Con una nota non proprio simpatica perchè – colpa questa dei consumatori scarsamente propensi a leggere le indicazioni sull'etichetta – si acquista badando alla marca che suona Italia, da sempre. E lo si fa senza leggere che invece l'azienda italiana non produce in Italia ma solo vi distribuisce le confetture esposte lì. Di prodotto in Italia si trova sull'ultimo ripiano, come anzidetto, Fruttino, quei 'mattoncini' di cotognata, ora anche di mirtillo, che vengono da Luogosano (Avellino) un paese irpino di un migliaio di abitanti che a Karl Zuegg lo scorso 4 luglio 2013 ha dedicato una via nei pressi dello stabilimento
La morale è la solita
In Italia ci sono, l'abbiamo visto, pochi iscritti alle associazioni dei consumatori. Non c'è un'abitudine, non c'è una propensione, non c'è la consapevolezza che una maggiore vitalità di queste associazioni porterebbe a un miglioramento per tutti i consumatori. A cominciare dalle etichette che dovrebbero essere pienamente consultabili. E' uscita la norma europea che dovrebbe finalmente evitare etichette di fatto illeggibili ma resta la falla, grande come una casa, della provenienza dei prodotti. Ebbene anche se la legge non lo prevede dovrebbe pensarci l'educazione dei consumatori premiando chi comunque l'indicazione di provenienza la mette e lasciando sui banchi di vendita chi non la mette. Ognuno faccia ovviamente come crede ma il problema se lo ponga. Star indica dove produce le sue minestre liofilizzate. Knorr si limita a scrivere “distribuito da Knorr”, Indovini il lettore a chi diamo la preferenza.
Il consumatore attento, altro esempio, compra prodotti che sa di marca anche se l'etichetta è diversa. Sa chi è se legge i luoghi di produzione: Via Fermi 5 a Verona, Via delle Scienze 1 a Rieti ed anche Viale delle Orobie 9, per fare solo alcuni esempi. Compara i diversi tipi di chinotto nei diversi supernercati, quelli con solo aromi e quelli ove c'è l'estratto di chinotto. Compara nei diversi supernercati, il prezzo di prodotti simili se non uguali, prodotti a Cava Manara. Legge la provenienza delle acque minerali. Poi sceglierà. Ci può essere chi sceglie l'acqua che proviene da sorgenti d'alta montagna e chi invece preferisce quella dei pozzi, specificano profondi, con l'imbottigliamento in pianura a metri 16 sul livello del mare in provincia di Venezia. Compara i surgelati, dove la stragrande parte dei prodotti a pesce intero viene dal resto del mondo e dove invece trova pesci di casa nostra. Eccetera
Ahin
mè
E' la vittoria di quel mercatismo contro il quale giustamente tuonava il convalligiano Tremonti, allora solo o quasi, una solitudine che oggi scontiamo. Le aziende non reggono la concorrenza europea ed extrraeuropea per le ragioni note (costo del lavoro, costo dell'energia, costi indiretti) e così chiudono o una parte della loro produzione vanno a farla in Paesi dove hanno costi più bassi o addirittura bassi, Se a questo si aggiunge che noi stessi acquistiamo merce altrove prodotta oltre al danno per le produzioni nazionali incentiviamo la fuga all'estero delle nostre aziende. Questo dipende quindi da noi consumatori nel nostro interesse. L'operato di una signora che prende una busta di affettato, non guarda il prezzo, poi la ripone, prende un'altra busta senza guardare prezzo e natura del prodotto che a vista appare simile al precedente è significativo. Sì, perchè osservata la scena andiamo a controllare: la prima busta costa poco più di 30 €uro al kg, la seconda oltre 79...
Acqua minerale di cui dianzi. Ci prendiamo lo sfizio di chiedere agli acquirenti di una nota acqua, sei bottiglie PET da 1,5 l., se sanno da dove viene. Le risposte le più disparate, una dalle marche le altre da varie zone del nord oppure il classico 'non lo so'. Nessuno che sapeva la provenienza. Stabilimento di pianura e noi abbiamo non solo Levissima ma anche le due acque di Piuro provenienti da alta quota.
Ci fermiamo qui perchè ci sarebbe da scrivere pagine e pagine e dunque scontentando i lettori. Il concetto però è chiaro e lo poniamo con un interrogativo preoccupato e preoccupante. Siamo invasi da prodotti provenienti da altri Paesi. Le nostra aziende o delocalizzano o chiudono. Ma come si pensa di uscire dalla crisi, di dare il posto ai disoccupati, giovani in particolare se ciascuno di noi contribuisce ad aggravare la crisi scegliendo prodotti che aumentano sì i prodotti, il fatturato, l'occupazione ma in altri Paesi?
GdS
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