QUALE PAESE LASCEREMO AI NOSTRI FIGLI? ALLA DOMANDA DEL GOVERNATORE DRAGHI, LA RISPOSTA ARRIVA DAL FATTORE FAMIGLIA 11 6 20 46
"Quale Paese lasceremo ai nostri figli?" Questa è la domanda più radicale, a mio modesto parere, posta nei giorni scorsi dal Governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, verso la conclusione delle sue considerazioni presentate all'assemblea ordinaria dei Partecipanti a corredo della Relazione annuale sul 2010. Un testo più importante delle pur importanti consuete relazioni annuali, perché è l'ultimo pronunciato da governatore dell'istituto centrale del nostro Paese, ma subito prima della prossima nomina a presidente della BCE. Quindi, una sorta di "bilancio del passato", ma anche un primo "progetto per il futuro", non solo italiano.
Peccato che questa domanda non abbia avuto eco nelle pagine dei giornali, che hanno percepito e comunicato una rinnovata "sfida alla fiducia", con un doppio richiamo all'ottimismo e alla responsabilità del rigore.
Questo ritorno alla crescita, nelle parole e nel tono complessivo delle Considerazioni di Draghi, appare possibile, anche se le misure analiticamente descritte - su economia, mercato del lavoro, previdenza, sistema bancario, spesa pubblica, ecc. - esigono certamente coraggio, coerenza e concretezza. Ci permettiamo però di proporre, a questo riguardo, una riflessione "con voce di famiglia", che riguarda la riforma del fisco "a misura di famiglia".
Il governatore Draghi, rispetto al fisco, ricorda che "andrebbero inoltre ridotte in misura significativa le aliquote, elevate, sui redditi dei lavoratori e delle imprese, compensando il minor gettito con ulteriori recuperi di evasione fiscale, in aggiunta a quelli, veramente apprezzabili, che l'Amministrazione fiscale ha recentemente conseguito". Noi ci permettiamo di aggiungere che questa riduzione delle aliquote sui redditi dei lavoratori dovrà perseguire "anche" l'equità fiscale nei confronti delle famiglie con figli, perché loro per prime sono penalizzate, e perché restituire capacità di spesa alle famiglie con figli attraverso una riduzione della pressione fiscale si tradurrà immediatamente in un rilancio dell'economia, perché innescherà maggiori consumi, maggiore produzione di beni di prima necessità, nuova occupazione, maggiore protezione della povertà famil iare, con minori spese socio-assistenziali. Ricordiamo poi che l'Italia presenta uno dei maggiori tassi di povertà minorile in Europa, soprattutto per bambini in famiglie numerose e monogenitoriali.
Riteniamo quindi che la nostra recente proposta di riforma del fisco basata sul Fattore Famiglia (vedi sul sito, www.forumfamiglie.org) sia in piena continuità con i richiami di Draghi, laddove ad esempio sottolinea che "per ridurre la spesa in modo permanente e credibile non è consigliabile procedere a tagli uniformi in tutte le voci: essi impedirebbero di allocare le risorse dove sono più necessarie; sarebbero difficilmente sostenibili nel medio periodo; penalizzerebbero le amministrazioni più virtuose… Occorre invece un'accorta articolazione della manovra". Se occorre modulare con sapienza ed equilibrio i tagli, a maggior ragione bisognerà modulare con ulteriore discernimento i destinatari di una eventuale - e necessaria - riduzione della pressione fiscale! In effetti, sempre Draghi evidenzia che "le dinamiche retributive sono da noi modeste … Le retribuzioni reali dei lavoratori dipendenti nel nostro paese sono rimaste pressoché ferme nel decennio, contro un aumento del 9 per cento in Francia; i consumi reali delle famiglie, cresciuti del 18% in Francia, sono aumentati da noi meno del 5, e solo in ragione di una erosione della propensione al risparmio". Ma come far ripartire i consumi, se non investendo sulle famiglie, e soprattutto sulle famiglie con figli? Proprio l'esempio della Francia documenta che questa è una via da percorrere.
Ovviamente investire sulla riduzione della pressione fiscale a favore delle famiglie con figli non basta; occorre inserire questa manovra in una logica complessiva, che sempre Draghi ha efficacemente tratteggiato: "Oggi bisogna in primo luogo ricondurre il bilancio pubblico a elemento di stabilità e di propulsione della crescita economica, portandolo senza indugi al pareggio, procedendo a una ricomposizione della spesa a vantaggio della crescita, riducendo l'onere fiscale che grava sui tanti lavoratori e imprenditori onesti". In questa cornice un esplicito, rigoroso e graduale investimento sulla famiglia appare pienamente coerente e decisivo, e soprattutto urgente. Perché non succede, oggi come per troppi decenni di storia del nostro Paese? Non vorremmo che anche le politiche familiari restino intrappolate da quel nemico che anche il Governatore Draghi ha segnalato con efficacia nella sua relazione: "Occorre sconfiggere gli intrecci di interessi corporativi che in più modi opprimono il Paese". Denuncia forte (anche questa scarsamente ripresa dai media), soprattutto in considerazione del ruolo, della posizione e dell'autorevolezza di chi l'ha pronunciata. Le famiglie certamente non sono tra questi "interessi corporativi", e forse per questo attendono ancora giustizia e sostegno; la loro pazienza, però, si sta esaurendo.
Francesco Belletti (x)
(x) Presidente del Forum (nazionale) delle associazioni familiari