Proposta della cons. regionale Pedrazzi: valorizzare la lana di pecora

Presentata dalla valtellinese in commissione Agricoltura della Regione Lombardia perchè "è necessario creare una filiera della lana per valorizzare e utilizzare anche quella lombarda” - un comunicato da Milano

Milano, 13 gennaio. “Sembra un paradosso pensare che la lana di pecora prodotta dai circa 460 mila capi ovini presenti nelle Regioni del Bacino Padano, come anche quella prodotta in tutta Italia, non possa essere utilizzata come prodotto agricolo locale a km0, ma, per avere la lana come materia prima per l’abbigliamento, o come materiale ignifugo e per la coambientazione nel settore edizio o ancora come rivestimento per l’interno dei veicoli si debba invece importarla dall’estero. Questo accade perché ad oggi non esistono impianti di lavaggio della lana grezza in grado di trattare neppur parzialmente le circa 1380 tonnellate di lana prodotte all’anno che quindi, per poter essere utilizzate, vengono prima trasportate all’estero per il lavaggio e poi riportate in Italia. Tutto ciò finisce per diventare un costo a carico dei pastori a cui si aggiungerebbe quello dello smaltimento della lana, che essendo considerata un rifiuto speciale è soggetta ad un iter particolare”. Così interviene il consigliere regionale valtellinese Simona Pedrazzi, che per affrontare concretamente la questione ha presentato oggi una Proposta di Risoluzione in commissione Agricoltura che è stata sottoscritta con entusiasmo dai consiglieri di tutti gli schieramenti politici. “Obiettivo del mio provvedimento - spiega  Pedrazzi - è quello di impegnare la Giunta regionale a costituire un gruppo di lavoro composto sia da consiglieri, sia da portatori di interessi pubblici e privati al fine di creare una filiera della lana di pecora per la Lombardia e per l’Italia settentrionale. Nella Proposta di Risoluzione chiedo anche alla Giunta di reperire le risorse necessarie per sostenerne l’avvio e di procedere ad un confronto con i corrispondenti assessorati presso le Regioni e le Province autonome interessate. Infine, di avanzare al Governo la richiesta affinché sia riconosciuta alla lana la classificazione di prodotto agricolo sotto il profilo fiscale.
La creazione della filiera della lana di pecora per la Lombardia e per l’Italia settentrionale contribuirebbe, di fatto, a valorizzare un prodotto agricolo locale che da rifiuto speciale acquisirebbe un valore di mercato e potrebbe anche portare alla creazione di un marchio di filiera tramite il coinvolgimento degli stackeholder. Inoltre, favorirebbe la conservazione delle razze ovine autoctone, patrimonio zootecnico di biodiversità oggetto di specifico sostegno nell’ambito del Piano di Sviluppo Rurale, e concorrerebbe al superamento delle criticità che caratterizzano la pastorizia quale attività tradizionale utile per la gestione del territorio in termini di conservazione delle praterie e di prevenzione del dissesto idrogeologico e del rischio di incendio. Indiscutibili sarebbero anche i vantaggi ecologico ambientali, derivanti dalla riduzione delle emissioni dipendenti dal trasporto necessario per l’importazione di lana dall’estero ed inoltre, investendo in impianti di lavaggio tecnologicamente avanzati  vi sarebbe un risparmio di risorse idriche ed energetiche; Infine, una migliore tosatura oltre che a vantaggio del capo, si traduce in una superiore qualità del vello da destinarsi al lavaggio abbattendo altresì i costi di questa operazione, contribuendo nel ridurre i costi legati all’attività dell’allevamento degli ovini. Un’opportunità anche formativa ed occupazionale, - conclude Pedrazzi- che attraverso l’avvio di percorsi di formazione professionale preparerebbe figure da impiegarsi nel settore laniero. Attraverso l’utilizzo della tecnologia blockchain, verrebbe a crearsi un sistema di filiere sinergiche legate alla pecora, tracciabili tra loro, dalla produzione tessile, alla produzione lattiero casearia, alla produzione della carne, il tutto a beneficio dell’ambiente e a tutela del consumatore finale”.

Arriva successivamente un comunicato dalla Regione
Milano, 14 gennaio 2022 – Creare una nuova filiera della lana di pecora per la Lombardia e l’Italia settentrionale. Lo chiede la proposta di Risoluzione che ha iniziato il suo iter amministrativo nella Commissione Agricoltura guidata dal Presidente Ruggero Invernizzi (Forza Italia) che ha dato il via libera a un gruppo di lavoro che dovrà predisporre un progetto per valorizzare la lana delle Regioni del bacino padano.

«La maggior parte della lana utilizzata in Italia proviene dall’estero perché la lana prodotta localmente ha progressivamente perso interesse economico. Basti pensare che oggi in Lombardia non esiste alcun impianto di lavaggio in grado di trattare la cosiddetta “lana sucida” che è considerata un rifiuto speciale, spiega la relatrice Simona Pedrazzi (Lega). La prima firmataria della proposta di risoluzione aggiunge che oggi «ciò si traduce in un enorme costo ambientale e di smaltimento per i nostri imprenditori agricoli. Il primo passo, quindi, è quello di pianificare l'insediamento di una filiera per la valorizzazione della lana locale. In seconda battuta, per accrescere la competitività della lana nostrana sarà quello di chiedere al Governo di classificare la lana come prodotto agricolo sotto il profilo fiscale. L’altro aspetto che intendiamo tutelare è quello del lavoro: se non si interviene si rischia di perdere professionalità importanti per l’occupazione e la tutela del territorio, come quelle dei tosatori, che altri Paesi europei invece sostengono e proteggono».

I numeri. Si stima che nelle Regioni del Nord ci siano 460mila capi ovini che producono circa 1.380 tonnellate di lana.

Vantaggi economici e ambientali. Una filiera della lana di pecora significa valorizzare un prodotto agricolo locale «a chilometro zero», la lana, e favorire la conservazione delle razze ovine autoctone che costituiscono un importantissimo patrimonio zootecnico di biodiversità. Senza dimenticare i vantaggi ambientali: l’uso di lana proveniente dalla filiera corta nel Nord Italia ridurrebbe in maniera significativa le emissioni provenienti dal trasporto necessario per le importazioni dall’estero. Inoltre, investendo in impianti di lavaggio di ultima generazione si risparmierebbero risorse idriche ed energetiche.

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