CASARTIGIANI, CNA, CONFARTIGIANATO, CONFCOMMERCIO, CONFESERCENTI: DOCUMENTO UNITARIO SUGLI STUDI DI SETTORE

Premessa - Gli indicatori di normalità economica negli studi di settore non rispettano lo spirito del protocollo d’intesa - Una pressione fiscale non più tollerabile - La burocrazia fiscalePremessa - Gli indicatori di normalità economica negli studi

Premessa

In un quadro generale, che viene percepito come una vessazione nei confronti delle PMI, fatto di:

- incremento di imposte realizzato attraverso base imponibili allargate;

- duplicazione di imposta (ci si riferisce all'obbligo di pagamento dell’imposta di registro anche nelle ipotesi in cui si rende applicabile l’IVA sulla compravendita e locazione di immobili strumentali), in virtù di una pretestuosa lotta all’evasione;

- nuovi e pesanti adempimenti imposti nel presupposto della lotta all’evasione;

il caso più emblematico è rappresentato dai nuovi Indicatori di Normalità Economica applicati agli studi di settore.

Gli indicatori di normalità economica negli studi di settore non rispettano lo spirito del protocollo d’intesa

Durante il percorso della discussione parlamentare che ha preceduto l’approvazione della legge finanziaria per il 2007, si è svolto un confronto non facile tra le nostre Organizzazioni, il Vice Ministro dell’Economia e delle Finanze ed il Ministro dello Sviluppo Economico che ha portato – nel dicembre 2006 – al rinnovo del Protocollo d’intesa sulla “Razionalizzazione del sistema tributario nell’ottica di evoluzione degli studi di settore, semplificazione degli adempimenti dei contribuenti e misure tese a sostenere la crescita economica e lo sviluppo delle micro, piccole e medie imprese”.

Le ragioni che hanno portato alla firma risiedono, principalmente, nei seguenti, importanti principi:

• la volontà di riequilibrare il prelievo fiscale, attraverso una progressiva riduzione dello stesso in misura proporzionale alla emersione di base imponibile;

• l’esigenza di migliorare la capacità d’intervento selettivo degli studi di settore e di non modificarne la natura trasformandoli in strumento automatico con azione indiscriminata;

• l’impegno a rafforzare in modo mirato l’attività di controllo e repressione nei confronti degli evasori totali, soprattutto se l’evasione deriva da secondo lavoro;

• la valorizzazione dello Statuto del Contribuente con particolare riguardo all’efficacia temporale delle norme tributarie;

• la necessità di attuare interventi di semplificazione degli adempimenti burocratici da coniugare a specifiche misure di sviluppo economico;

• la necessità di sostenere il sistema delle micro, piccole e medie imprese attraverso il rafforzamento della capacità produttiva, anche in termini di crescita dimensionale e di sviluppo delle innovazioni di prodotto e/o di processo produttivo, di servizio, organizzative e di marketing.

I risultati della manovra finanziaria, l’aumento della spesa pubblica ed il crescere della pressione fiscale confermano che la strada da percorrere è proprio quella di rendere contestuali il recupero di base imponibile con la riduzione del prelievo fiscale.

In questo senso non si avvertono segnali di cambiamento, anzi gli effetti che stanno producendo gli Indicatori di Normalità Economica affiancati agli studi di settore, così come posti in essere, vanno nella direzione opposta.

Al riguardo, è bene infatti sottolineare che questi indicatori:

- sono stati determinati, unilateralmente, dall’Amministrazione finanziaria;

- non sono stati sottoposti al vaglio delle Associazioni di categoria;

- non hanno lo stesso livello di approfondimento ed elaborazione degli studi di settore; basti pensare che gli indicatori fanno riferimento ai 200 studi e non ai 2000 modelli d’impresa individuati dagli studi stessi;

- retroagiscono all’anno d’imposta 2006, in deroga allo Statuto del Contribuente.

Il risultato è che questi indicatori, stabiliti frettolosamente e con grande approssimazione, non colgono l’estrema varietà delle tipologie d’impresa a cui si applicano e non raggiungono quindi l'obiettivo per cui sono stati creati, vale a dire individuare, in modo trasparente, i soggetti che hanno alterato la loro realtà aziendale.

A seguito delle numerose rimostranze avanzate dalle Organizzazioni, è ora evidente la presa d’atto da parte dell'Amministrazione Finanziaria che l’operazione indicatori di normalità economica, come costruita per il 2006, al di fuori del contesto metodologico degli studi, mostra evidenti segni di criticità per essere stata innestata in modo innaturale e intempestivo, e senza un adeguato confronto con le categorie.

Prova di tutto ciò sono, infatti, le recenti istruzioni impartite dall’Agenzia delle Entrate, che richiamano ad una estrema prudenza nell’applicazione degli indicatori nei confronti di quei contribuenti che presentano condizioni di marginalità nella conduzione dell’impresa, o che riservano ai contribuenti stessi la possibilità di motivare, già in sede di dichiarazione, le ragioni del loro scostamento dai livelli di congruità stimata dagli studi.

Analizzando il dato sintetico della non congruità, relativa a tutti i soggetti a cui si applicano gli studi di settore, passata – di colpo – dal 30% al 50%-60%, ci si rende conto che questa produce maggiori pretese, nei confronti delle singole imprese, quantificabili mediamente, in termini di ricavi, nell’ordine di € 25.000 e in termini d’imposte varie (IVA, IRES, IRPEF, IRAP, addizionali, contributi, ecc.) in circa € 15.000 di imposte a saldo, oltre agli acconti. Si tratta di una pretesa fuori misura rispetto alle condizioni di un’economia costantemente in bilico tra consumi stagnanti, aumento di oneri impropri per adempimenti crescenti e turn over di attività sempre più veloce.

Questa impostazione e questi risultati non possono che essere respinti: non sono conformi allo spirito del protocollo e compromettono quanto faticosamente si è costruito con gli studi di settore.

La proposta è semplice ma efficace: si sospenda l’applicazione di questi indicatori ai fini dell’accertamento e si vada rapidamente alla revisione degli studi attraverso un serrato confronto con le Associazioni di Categoria.

Gli attuali indicatori dovranno essere sostituiti da altri più affinati e condivisi con le Associazioni di Categoria.

Pertanto, gli studi in revisione nel corso del 2007, 2008 e 2009 dovranno poter essere applicati anche per le annualità precedenti, se più favorevoli al contribuente.

A tutto questo deve, comunque, fare da sfondo un forte ed evidente impegno volto a migliorare il contraddittorio affinché sia data maggiore garanzia al fatto che le osservazioni presentate dal contribuente siano ascoltate dall’Agenzia delle Entrate. Se anche una piccola percentuale di contribuenti corretti venisse toccata da richieste infondate, sarebbe gravissimo.

In considerazione degli ulteriori chiarimenti già annunciati dall’Amministrazione finanziaria, riteniamo legittimo chiedere l’allungamento dei termini di versamento, senza la maggiorazione dello 0,40%, al fine di analizzare al meglio le eventuali condizioni di marginalità dell’impresa.

Una pressione fiscale non più tollerabile

La pressione fiscale sulle imprese - in termini di cassa - è cresciuta nell’anno 2007 in ragione della maggiore richiesta di imposte, che può derivare sia dal meccanismo della coerenza economica applicata agli studi di settore, sia per effetto di altre disposizioni introdotte dal Decreto Bersani-Visco, dal decreto fiscale 262/06 e dalla Legge finanziaria per il 2007.

Va sottolineato che molte disposizioni sono state introdotte con decreto legge, al fine di realizzare un maggior prelievo già nel periodo di imposta 2006 (quindi sulla dichiarazione dei redditi in via di predisposizione in questi giorni), motivandone l’urgenza con la necessità di contrastare i fenomeni evasivi.

Nel disporre ciò non si è rispettato lo Statuto del contribuente, in base al quale le modifiche di aliquote e basi imponibili debbono applicarsi dal periodo di imposta successivo.

I provvedimenti più significativi, incidenti già dal periodo di imposta 2006, sono stati:

- il passaggio dal regime Iva a quello dell’imposizione a registro della cessione di immobili da parte delle società immobiliari;

- l’indeducibilità del costo del terreno sottostante gli immobili strumentali, con conseguente riduzione dell’ammontare delle quote di ammortamento deducibili;

- la riduzione dal 100% all’80% di tutte le spese di comunicazione elettronica (telefonia fissa compresa) solo parzialmente compensate dall’aumento dal 50% all’80% della deducibilità delle spese di telefonia mobile;

- il ricalcolo dell’acconto di novembre 2006 sia per l’Ires che per l’Irap dovuta dalle società di capitali. Di fatto si è assistito ad un incremento del dovuto per effetto delle modifiche apportate alla rideterminazione del reddito di impresa ed applicabili al periodo di imposta 2006;

- la riduzione della detraibilità del costo delle autovetture date in uso ai dipendenti;

- la totale indetraibilità del costo di acquisto e delle spese di gestione delle autovetture utilizzate dai titolari;

- la riforma e limitazione delle discipline previste per il riporto di perdite d’impresa;

- la reintroduzione dell’imposta di successione e donazione.

Dal 2007, inoltre, sono scattati gli aumenti dei contributi previdenziali, la nuova curva delle aliquote IRPEF, aumenti delle addizionali locali e delle tariffe.

La burocrazia fiscale

A quanto sopra, si aggiungono le nuove disposizioni sanzionatorie e procedurali, oltre ad adempimenti di immediato impatto sulle imprese, che si traducono in ulteriori costi per le stesse.

Per quanto riguarda le sanzioni:

- la immediata esecutività della chiusura dell’esercizio in caso di contestazioni di tre omissioni di scontrini/ricevute. Si ricorda che la norma precedente prevedeva sì la chiusura dopo tre omissioni, ma solo dopo un accertamento definitivo;

- l’incremento del 10% delle sanzioni nel caso di omissione o di errata comunicazione dei dati rilevanti ai fini degli studi settore;

- la sanzione amministrativa da euro 5.000 a euro 200.000 per gli appaltatori che effettuano il pagamento della prestazione ai sub-appaltatori senza verificare la documentazione attestante l’avvenuto pagamento delle ritenute, contributi e salari dei dipendenti utilizzati per svolgere il sub-appalto (articolo 35 del DL n. 223/2006).

Per quanto riguarda le procedure si segnalano:

- predisposizione ed invio telematico dell’elenco clienti e fornitori. Anche in questo caso si sottolinea che tale obbligo è stato introdotto in corso d’anno 2006;

- pagamento degli F24 solo in via telematica;

- obbligo della trasmissione telematica di una comunicazione per la compensazione di tributi per importi superiori a 10 mila euro;

- trasmissione in via telematica dei corrispettivi giornalieri degli scontrini e ricevute emessi;

- indicazione dell’ammontare del costo nella manodopera nelle fatture emesse dalle imprese di costruzione;

- applicazione del regime del “reverse charge” in materia di prestazioni di sub-appalto nel settore edile;

- obbligo di presentazione dell’istanza di rimborso per ottenere la restituzione dell’Iva sugli autoveicoli di cui la Corte di giustizia ha assodato la detraibilità;

- obbligo dell’applicazione della ritenuta per le prestazioni commissionate dai condomini ad imprese;

- integrazione dei dati da indicare nei modelli di dichiarazione, inizio, variazione e cessazione attività IVA ed obbligo di stipulare una fideiussione bancaria per poter effettuare operazioni intracomunitarie di alcuni beni;

- obbligo di verificare il corretti adempimenti in termini di salari, contributi e ritenute dei dipendenti utilizzati dai sub-appaltatori per svolgere i lavori affidati dall’impresa appaltante da parte di quest’ultima.

La cosa paradossale è che, a fronte di questa mole di ulteriori adempimenti, si è voluta associare una riduzione sia dei termini di versamento (4 giorni per le imposte e 14 giorni per l’ICI) sia dei termini per la presentazione della dichiarazioni (31 luglio, poi prorogato al 10/25 settembre).

Economia