FIAT. LA CRISI. SOS. NO DEL GOVERNO. MARCHIONNE. CRYSLER E OPEL

FIAT, acronimo di Fabbrica Italiana Automobili Torino, sta per cambiare in FMA, Fabbrica Mondiale Autoveicoli.

L'ultima notizia in proposito, mentre scriviamo, è che negli Stati Uniti il tribunale fallimentare ha detto sì al matrimonio (d'interesse, non d'amore) di Chrysler con Fiat fissando a giorni la scadenza (20 giorni) entro cui se ci fosse qualcuno che avesse in mente di fare un'offerta dive mettere nero su bianco. In altri termini, realisticamente, via all'operazione oltre a tutto caldeggiata dal Presidente Obama. C'era anche il problema di alcuni fondi di investimento che non ne volevano sapere di ottenere il 29% del loro credito. Il Presidente Obama li ha addirittura definiti 'speculatori'. A questo punto la resa. Resta qualche irriducibile ma su circa 7 miliardi di esposizione debitoria rappresenta 3/400 milioni, povera cosa dunque (si fa per dire).

E chi lo avrebbe mai detto?

Pochi anni fa gli italiani, impietriti, guardavano a Torino su cui aleggiava lo spettro del fallimento come una perdita personale per quel che la società degli Agnelli ha rappresentato da un secolo a questa parte. Era in corso una sorta di supplica al Governo perché in qualche modo intervenisse. A parte l'Europa che è molto rigida negli aiuti alle imprese (che poi EdF, l'ENEL francese per così dire, venga lasciato fare quello che vuole è altro discorso).

Il Ministro del Lavoro, Maroni, pur di parte politiva interessatissima alle fortune del Nord, fu categorico: "Li Stato dal dopoguerra ha pagato tre volte la FIAT". Adesso ci pensino, e paghino, gli azionisti.

Ci voleva.

I risultati non mancarono. Già nel 2006 il settore auto tornava in utile.

Marchionne fece, e fa, quello che in genere in tanti non fanno: guarda oltre il naso. Detto più elegantemente pensa, ragiona, opera avendo in mente un quadro strategico ben definito, quello la cui mancanza ha portato non solo il settore auto ma quasi tutto il sistema USA in ginocchio. Esattamente come Tremonti - un altro che alle strategie ci pensa - aveva detto a loro nello scorso 2002 in una serie di conferenze negli States con risultato - è lui che lodice - che gli americani non l'avevano presa bene. Ci avessero riflettuto sopra magari il cataclisma finanziario sarebbe stato quantomeno di portata inferiore.

Che lo sponsor dell'operazione Chrysler sia addirittura Barack Obama la dice lunga.

In Germania non è così. Sono in tanti contro, e c'entra anche il fatto che non piacciono gli italiani. Devono però essere alla disperazione visto che da soli non sanno uscire dai pasticci e pensano, manager, Governo, Sindacati all'austro-canadese Magna.. nonostante diversi punti interrogativi. Buon pro gli facciano ma intanto il magnate sovietico che era stato indicato da qualche giornale come lo zio Paperone che ci metteva i soldi è intervenuto a dire 'tutte balle'.

Avanti tutta. Con molti auguri. Ma gli stabilemneti FIAT di Termini Imprese e Pomigliano d'Arco?

Amarilli

Amarilli
Economia