TFR ai consumi? Tante perplessità

L’ipotesi di destinare il Tfr (per intero o in parte) ai consumi immediati ci lascia molto perplessi.
Siamo dell’avviso infatti che questa parte del salario debba essere indirizzata alla previdenza
complementare, a garantire cioè un reddito sufficiente per costruire un secondo pilastro
pensionistico. Ricordiamoci tutti (governo, partiti, parti sociali e organi di informazione) che le
pensioni calcolate con il sistema retributivo sono finite da un pezzo e da qualche anno siamo
già con il sistema misto (retributivo e contributivo) che però, a breve, cederà definitivamente il
passo al contributivo prevalente o puro.
Per dirla in parole povere: nel giro di qualche anno tutti avranno pensioni pubbliche con un
importo, rapportato alla retribuzione, molto più basso. Integrare la pensione Inps con quella
integrativa sarà quindi necessario per campare decentemente. Il Tfr, messo a fruttare nei Fondi
Pensione, è parte fondamentale nella costruzione del capitale che finanzierà la pensione
complementare. I bilanci dei Fondi parlano chiaro: la parte più consistente del risparmio
previdenziale arriva dall’accantonamento del Tfr. Citiamo, scorrendo la relazione annuale sulla
gestione, per esempio il caso di Cometa (fondo nazionale metalmeccanici) dove le somme di
Tfr accantonate sono pari al 63% del totale.
E ancora: la media dei versamenti annui è, per lavoratore, di circa 2.100 euro. Senza Tfr la
media sarebbe, 550 euro. Gli effetti sull’importo della pensione che si va a maturare sono
evidenti. In via approssimativa chi si aspettava (versando il Tfr) 500 euro al mese, se ne troverà
(versando le sole quote contrattuali) non più di 150 euro.
Da qui le nostre perplessità: riteniamo infatti che non si possa sacrificare alle esigenze di
maggior liquidità immediate le sicurezze per il futuro. I primi a pagarne le conseguenze
sarebbero i giovani di oggi e anziani di domani. Il danno poi è irrimediabile a meno che non si
pensi di alzare la rendita della pensione pubblica.
Andrebbe poi in fumo tutto il lavoro di informazione ed educazione in materia di previdenza che
è stato fatto in questi anni e che, ancora oggi, non ha raggiunto i necessari risultati in quanto la
partecipazione alla previdenza complementare è infatti ancora minoritaria, specie tra chi ne avrà
più bisogno. Questo non vuol dire che le motivazioni che sorreggono questa proposta non siano
reali. Dare ai lavoratori più soldi da spendere subito è una delle terapie per rilanciare i consumi
interni e quindi la produzione e di conseguenza l’occupazione. Crediamo che si possano
ottenere gli stessi risultati con altre soluzioni.
La riconferma (e se possibile, l’allargamento) del bonus 80 euro per il 2015 è una di queste
magari rivedendo il meccanismo tenendo presente anche la composizione famigliare del
lavoratore (coefficiente famigliare). Ancora più utile sarebbe detassare totalmente e in via
definitiva il salario di produttività e anche una parte dello straordinario, mantenendo intatta la
parte dei contributi ai fini pensionistici. La riduzione delle entrate fiscali da queste voci sarebbe
modesta e subito compensata dalla maggiore produttività del sistema, dalla riduzione del nero,
e dagli effetti positivi sull’occupazione dipendente.

 

Mirko Dolzadelli, Il Segretario Generale CISL Sondrio
Economia