L'inferno di fuoco a Viareggio
Il Coordinamento Nazionale dei Docenti della disciplina dei Diritti Umani intende esprimere la sua vicinanza ai familiari delle vittime coinvolte, ricordando il tragico incidente ferroviario di Viareggio avvenuto la sera di 11 anni fa.
Erano le 23.48 del 29 giugno 2009, le famiglie Viareggine stavano passando una serena serata, alcuni dormivano, altri cenavano ma intanto in stazione arrivava da nord un convoglio con 14 cisterne cariche di gpl.
Si trattava del treno merci 50325 Trecate-Gricignano costituito da 14 carri cisterna contenenti Gpl. All'ingresso dello scalo ferroviario, il primo carro deragliava e altri quattro si rovesciavano a seguire. In una delle cisterne si apriva uno squarcio da cui fuoriusciva il gpl che, in pochi minuti, scoppiava dando origine ad un bombardamento di fuoco in tutte le aree limitrofe alla stazione, coinvolgendo anche le abitazioni di via Ponchielli e via Porta Pietrasanta.
Una strage: rimasero ferite 136 persone e ne morirono 32, alcuni nell'immediatezza del fatto ed altri dopo atroci agonie durate anche 6 mesi.
Le cause sono state individuare nel cattivo stato e nelle scarse misure di controllo e sicurezza dei veicoli e dell'area ferroviaria.
Con sentenza del 31 gennaio 2017 il Tribunale di Lucca ha emesso la sentenza sul caso con 23 condanne nei confronti dei vertici delle aziende coinvolte e 10 assoluzioni. Le condanne sono state confermate anche nelle 890 pagine dalla sentenza della Corte d’Appello di Firenze, depositata il 16 dicembre 2019.
Il giudizio pende ancora dinanzi alla Suprema Corte di Cassazione di cui si attende a breve la pronuncia.
Incombe su tutti l’onere della memoria e dell’azione: ricordare per agire affinché non accada più.
Non prima, però, d’aver riconosciuto le responsabilità dell'accaduto e di aver individuato le colpe: da parte dello Stato, con una tempestiva sentenza definitiva, e da parte di tutte le società e gli amministratori coinvolti.
Una monetizzazione della vita delle vittime può risarcire una famiglia e una comunità? Ovviamente no, ma sancisce e legittima radicare un concetto necessario per i cittadini: la giustizia garantisce i diritti delle vittime, anche se non si può purtroppo rimediare alla morte dei propri cari.
Prof.ssa Veronica Radici
CNDDU