29° anniversario della strage di Via D’Amelio

Il Coordinamento Nazionale dei Docenti della disciplina dei Diritti Umani commemora la strage di Via D’Amelio in occasione del suo 29° anniversario.
Erano le ore 16.58 di domenica 19 luglio 2021 quando un boato squarciava Palermo; alle 17:06 l’Ansa batteva la notizia di un’esplosione in Via D’Amelio 21.
Sotto quel fuoco, nemico della Giustizia, cadevano Paolo Borsellino e cinque agenti della sua scorta: Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.
Vissuto per la giustizia sociale, per la verità e per l’onore dello Stato, Paolo Borsellino è stato, assieme a Giovanni Falcone, uno dei “Padri fondatori di una nuova stagione possibile della storia, una stagione in cui la legge diventa davvero uguale per tutti”, (cit. Dott. Roberto Scarpinato, Procuratore Generale della Corte d’Appello di Palermo).
La Repubblica con le sue Istituzioni non è ancora riuscita a fare luce sulla strage, né sulla trattativa tra mafia e i “pezzi deviati dello Stato”, lasciando oscura l’enigmatica affermazione dello stesso Borsellino: “Mi uccideranno quando altri lo consentiranno”.
Ricordare Paolo Borsellino e il suo impegno per la giustizia è un dovere morale di tutti gli Italiani e di tutti coloro che intendono vivere come giusti e rafforzare la coscienza collettiva della società civile.
Negli ultimi anni della sua vita, Borsellino ebbe una particolare attenzione per i giovani, ai quali in più occasioni volle lasciare in eredità le sue riflessioni. “Quando i giovani le negheranno il consenso, la mafia finirà”, riferiva spesso, individuandone l’antidoto nell’educazione alla cultura della pace e della giustizia.
La mafia, dunque, si combatte nelle aule giudiziarie al pari delle aule scolastiche.
In entrambi i contesti è necessario assicurare un presupposto indefettibile: la fiducia nelle Istituzioni. Bisogna assicurare ed avvalorare il rispetto verso le istituzioni unito alla fiducia nel rigore morale di tutti coloro che le rappresentano con abnegazione.
Di recente è stata ritrovata negli archivi dell'Istituto siciliano di studi politici ed Economici (Isspe) l’inedita registrazione dell’intervento del giudice ad un convegno tenuto a Palermo nella Sala delle Lapidi nel gennaio 1989. In esso Borsellino ci  indica che  “La via obbligata per la rimozione delle cause che costituiscono la forza di cosa nostra passa attraverso la restituzione della fiducia nella pubblica amministrazione” ( trascrizione e audio disponibile su https://www.agi.it/cronaca/news/2021-07-15/audio-inedito-paolo-borsellin...).
Bisogna dunque poter individuare con chiarezza il bene dal male, serve una testimonianza di verità.
In via D’Amelio 21 oggi si erge un albero della pace: un ulivo betlemita piantato per volontà della madre del giudice come simbolo di rinascita, solidarietà e giustizia per tutti i popoli. Su di esso è apposta una targa che recita “Tu che vieni qui a contemplare ricorda che: non tutti i siciliani siamo mafiosi e non tutti i mafiosi sono siciliani”.  Il fenomeno mafioso infatti ha una natura globalizzata scissa, oramai, da qualsiasi circoscrizione territoriale e sociale.
Si trova proprio in quel luogo impresso nella memoria storica del Nostro Paese nelle sue fattezze della devastazione del 19 luglio 1992. Devastazione che non ha coinvolto la borsa di Paolo Borsellino all’interno della quale v’era l’agenda rossa con gli appunti sulle verità apprese dal giudice nei 57 giorni trascorsi dalla strage di Capaci al giorno della sua morte.
Verità ancora celate alla giustizia ed alla storia che, lo ribadiamo, devono essere svelate con urgenza perché non esiste giustizia senza verità.
La sparizione dell’agenda rossa rappresenta oggigiorno una macchia per la Nostra Repubblica che ci auguriamo possa presto dissolversi con il suo ritrovamento.
Ci uniamo alla denuncia di Fiammetta Borsellino che da anni si batte per l’accertamento della verità sulla morte di suo padre, perché “un Paese che non riesce a fare luce su questo mistero è un paese fermo che non può progredire”.
In occasione della giornata, il CCNDU sollecita tutti i docenti a inviare una mail agli studenti o condividere sulle classrooms contenuti che rievochino l’impegno di Paolo Borsellino per la Giustizia, la verità e la nostra libertà.
Per dare un senso accettabile delle loro morti - come disse lo stesso Borsellino riferendosi all’uccisione dei magistrati Falcone e Morvillo - occorre pagare il debito che abbiamo verso di loro continuando gioiosamente la loro opera. 
A noi docenti è affidata l’opera culturale, importante al pari di quella giudiziaria e ad essa complementare.
Lanciamo l’hashtag ridateci l’agenda rossa a voler alzare una richiesta comune di restituzione dell’agenda rossa di Borsellino, l’agenda di tutti gli Italiani.
“C’è un equivoco di fondo. Si dice che il politico che ha avuto frequentazioni mafiose, se non viene giudicato colpevole dalla magistratura, è un uomo onesto. No! La magistratura può fare solo accertamenti di carattere giudiziale. Le istituzioni hanno il dovere di estromettere gli uomini politici vicini alla mafia, per essere oneste e apparire tali.” (Paolo Borsellino, "Lezione sulla mafia", 1989)
#ridatecilagendarossa.

Prof.ssa Veronica Radici  CNDDU

Degno di nota