Crolli. Quanti anni di vita ha il cemento armato? Case, ponti, scuole, altre opere?
Crolli. . Quanti anni di vita ha il cemento armato?
Il cemento armato non è eterno.
La gente comune, noi che esperti non siamo, vedendo, ad esempio, edifici, opere, ponti, anfiteatri eretti dai Romani dà, davamo, per scontato che anche quello che abbiamo costruito, o che stiamo costruendo, regga il corso dei secoli. Non da soli. Fino a non moltissimo tempo fa lo pensavano anche gli esperti. Da quando un giardiniere francese, Nonier, aveva scoperto quanto meglio fosse inserire una maglia di ferro andando avanti brevetti su brevetti l'uomo aveva pensato di pareggiare la natura. Illusione e poi, come tante altre certezze di stampo illuministico, la delusione. Il cemento armato non ha il dono dell'immortalità, anzi in certi casi rapido è il degrado con tutto ciò che questo comporta, certi crolli compresi. Ecco allora il mondo della scienza e della tecnica affrontare un problema ex novo, ecco il Legislatore con gradualità intervenire con norme volte a orientare la progettazione e definire l'esecuzione.
Riportiamo avanti quel che scriveva il valtellinese Pietro Pedeferri, prematuramente mancato otto anni fa, scienziato insigne, precursore a livello internazionale e inventore della “prevenzione catodica”. Oggi in ogni università del pianeta in fatto di corrosione delle armature nel calcestruzzo i riferimenti indispensabili per la comunità scientifica mondiale sono i “Diagrammi Pedeferri” a suo nome oggi ovunque riconosciuti e così chiamati.
Filo diretto.
Ci si sentiva periodicamente 'col Pietro' che voleva essere aggiornato sulle cose di Valtellina così come noi sul suo lavoro ed anche sul suo originale utilizzo del titanio con finalità artistiche che gli valse il prestigioso premio internazionale “La science pour l'art” solennemente consegnatogli a Parigi dal Ministro della Cultura di Francia.
Ci si sentiva e così capitò di chiedergli a che punto fosse con i guai delle piattaforme petrolifere oceaniche per le quali una compagnia petrolifera aveva già speso una ventina di miliardi senza costrutto cercando di avere ragione di quella che ritenevano fosse la causa, ovvero la corrosione per effetto dell'acqua salata. Problema risolto. Chiamato come espertissimo della materia trovò subito la soluzione. Non si trattava di corrosione ma di 'fatica dei materiali' quella che causò la distruzione di due quadrimotori Comet, primo aereo a getto per passeggeri, sopra l'isola d'Elba il 10.1.1954 e a Napoli il successivo 8 aprile.
Perchè questa digressione? Perchè, novità a sopresa venimmo a conoscenza dei problemi del cemento armato. 'Pietro' infatti, spiegataci la vicenda di cui sopra ci disse di essere impegnato sui viadotti della A1 tra Bologna e Firenze. Lì durante la stagione invernale per il ghiaccio si arrivava a 60 kg di sale per metro quadrato. Penetrazioni negli interstizi, contatto con i tondini, effetto pila. Se il calcestruzzo ha il compito di resistere alla compressione il ferro deve resistere alla trazione ma se il ferro è indebolito dalla corrosione si può arrivare al collasso. Alternativa anticorrosione, ci diceva, avrebbero potuto esserci al posto dei cloruri i fluoruri ma con costi elevatissimi.
Risolse il problema.
Il ricordo di quando lo chiamarono a Sidney perchè l'Opera House, l'edificio con quelle grandi vele che è divenuto il simbolo dell'Australia, denunciava problemi. Pedeferri disse la sua, i soloni locali non la fecero minimamente prendere in considerazione. Pochi mesi dopo però lo chiamarono di corsa perchè si erano accorti che i soloni avevano torto e che era urgente intervenire se volevano evitare il peggio. Dai ricordi la cosa importante. Chiamato dopo il crollo di un edificio in Palermo ci aveva detto che non era il bis di un caso simile in Puglia. Lì l'impresario, morto anche lui nel crollo dove abitava, aveva usato la sabbia marina! A Palermo la causa era invece proprio il degrado del cemento armato. Non un caso isolato, ma il sintomo di una situazione più diffusa in particolare nelle città e nei paesi di mare per l'effetto nefasto della salsedine.
Chi vuole approfondire vedendo le immagini di alcune situazioni di crisi, riguardanti anche edifici assai importante può andare a questo indirizzo:
---------------- > http://www.associazioneaicap.com/wp-content/uploads/2007/02/ancona.pdf
Il problema può riguardare tutti, anche noi. Non vogliamo certo insegnare a nessuno. Anzi, se la figlia di Pietro, Maria Pia, - professoressa al Politecnico di Milano, Dipartimento di Chimica, Materiali ed Ingegneria Chimica "G. Natta" – trovasse qualche errore o qualche imprecisione, abbia la cortesia di segnalarlo per informarne i lettori
Veniamo a noi
Pesiamo e riflettiamo. Si legga l'inizio della relazione “LA CORROSIONE DELLE ARMATURE NEL CALCESTRUZZO” di Pietro Pedeferri, Politecnico di Milano:
“Fino alla fine degli anni 70 si riteneva che le strutture in calcestruzzo armato fossero intrinsicamente durevoli anche se costruite senza particolare cura ed esposte anche ad ambienti normalmente aggressivi nei confronti delle strutture in acciaio. In anni più recenti di ronte all'aumentare dei casi di degrado, ai problemi e ai rischi conseguenti nei confronti di cose e, soprattutto di persone, ai costi di manutenzione e di ripristino, la prospettiva è drasticamente cambiata. E a questo certamente si deve la nuova sensibilità che oggi molti addetti ai lavori hanno nei confronti del degrado delle opere in calcestruzzo armato e della sua prevenzione.
I periti diranno la causa della tragedia di Annone. A parte quella burocratica, inammissibile, vedremo perchè il cavalcavia è crollato. Se anche però la corrosione non c'entrasse non c'è da chiudere il libro e pensare ad altro.
Comunque sia c'è stato un campanello d'allarme. Gli esperti hanno drasticamente ridotto la soglia di attenzione cercando di interpretare la durabilità delle diverse costruzioni. L'attività edilizia è stata particolarmente intensa sia nel pubblico che nel privato a patire dal 1960, e qualcosa anche prima. Le relative strutture in cemento armato hanno dunque o più o quasi mezzo secolo. Semplificando molto qualcosa che non va può dipendere dalla progettazione (allora scienza e tecnica ignoravano il problema), dalla esecuzione, dalla manutenzione. Nessun allarmismo ma attenzione cominciando, immaginiamo noi, dalla cosa più semplice che è quella di vedere avanzare dal calcestruzzo ferri, scoperti e quindi destinati a fare una brutta fine.
Grazie a Pedeferri, ai suoi 'diagrammi' è possibile porre rimedio ad eventuali defaillances
Si tratta, ripetiamo, di pensarci su.
Pietro Pedeferri: scienziato, ingegnere e maestro
Pietro Pedeferri (1938-2008), nato a Delebio (SO), si è laureato in Ingegneria Chimica al Politecnico di Milano nel 1963. Ordinario dal 1983 prima di “Elettrochimica” e poi di “Corrosione e protezione dei materiali”, ha fatto parte del Consiglio di Amministrazione e del Senato Accademico del Politecnico di Milano ed è stato Direttore di Dipartimento e membro effettivo dell’Istituto Lombardo Accademia di Scienze e Lettere dal 2003.
Ha iniziato la sua attività scientifica nell’ambito dell?elettrochimica. Nel 1972 ha svolto la sua attività di ricerca a Cambridge, presso il Dipartimento dove hanno insegnato Evans e Hoar. Alla fine degli anni ’60 ha iniziato a dedicarsi alla corrosione e della protezione dei metalli, con un’evoluzione che, a partire dagli aspetti generali, lo ha visto protagonista nel campo della corrosione dei materiali attivo-passivi, della bio-corrosione, della protezione catodica delle strutture metalliche e della corrosione e protezione delle opere in calcestruzzo armato.
In quest’ultimo settore ha ideato e messo a punto negli anni ’90 un nuovo metodo di prevenzione della corrosione di strutture in calcestruzzo armato a rischio di inquinamento da cloruri, da lui chiamato “prevenzione catodica”, recepito nella normativa europea EN 12969 (Cathodic protection of steel in concrete) in cui sono inseriti i diagrammi che ora portano il suo nome. La tecnica è stata applicata nel ripristino dell'Opera House di Sydney.
Pedeferri ha dato importanti contributi scientifici alla corrosione, sia per gli aspetti teorici (corrosion science), sia nell’ingegneria della corrosione (corrosion engineering), realizzando dei manuali molto apprezzati, usati sia nelle università sia nell’industria. Fin dalla fine degli anni ’70 si è dedicato con sensibilità artistica e rigore scientifico all’ossidazione del titanio ottenendo straordinari e sorprendenti effetti cromatici. Questa sua attività artistica ha avuto diversi riconoscimenti: il più prestigioso fu il premio ricevuto a Parigi, in compagnia del matematico Mandelbrot, lo scienziato noto come l’inventore dei frattali, nel concorso Science pour l’art nel 1989.
È autore di 33 libri in particolare sulla corrosione e protezione dei metalli, sulla protezione catodica, e sulla durabilità del calcestruzzo armato e sulla colorazione elettrochimica del titanio. Ha pubblicato più di 380 lavori a stampa su riviste scientifiche e in atti di congressi nazionali e internazionali.
(note biografiche dal Politecnico di Milano)