Ricordo della tragedia di Lampedusa
Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani intende commemorare la grave tragedia di Lampedusa, avvenuta il 3 ottobre del 2013, in cui morirono nel Mar Mediterraneo 368 migranti di questi circa 83 erano donne e 9 bambini.
Di tale orribile ecatombe rimane appena un’eco, nonostante altri morti in mare si siano susseguite da allora. L’Occidente continua a rimanere sordo rispetto ad un problema che ha accomunato nazioni, come l’Italia, attualmente in condizioni migliori rispetto al passato, ma che dovrebbero per solidarietà assumere una posizione diversa; soprattutto considerando il fatto che, come drammaticamente sta dimostrando la pandemia, i problemi che reputiamo siano di pertinenza dei singoli Stati, trascurati, ci colpiranno violentemente in faccia come un boomerang. Se empatia, condivisione, compassione non sussistono dovrebbero perlomeno subentrare il buon senso, la razionalità, il calcolo, che comproverebbero quanto globalizzazione significhi essere esposti continuamente al bene e al male ovunque alberghino.
Le continue regolamentazioni del fenomeno migratorio (legge Turco-Napolitano del 1998; Legge 30 luglio 2002, n. 189; Decreti sicurezza etc.) tendenzialmente hanno cercato di affrontare dal punto di vista puramente formale un fenomeno che comporta conseguenze di carattere prettamente umanitario.
Intanto oggi a chiedere l’elemosina non sono più solo donne e bambini rom, davanti ai semafori, i neri, ai parcheggi e davanti ai negozi; ma ci sono innumerevoli famiglie che presidiano le porte degli assessori alle politiche sociali o dei sindaci anche a causa dell’emergenza sanitaria. L’emigrazione diventa immigrazione e viceversa quando la si percepisce dagli occhi di chi la vive. Le infiltrazioni criminali condizionano sempre più il mercato del lavoro, la classe politica e la società.
Allora in fretta e furia si parte, anche dall’Italia, verso qualunque meta; lontano, vicino…ovunque. Non esistono regole nella sopravvivenza.
Carlo Levi, in una parte del suo discorso pronunciato al Senato il 9 aprile del 1970, sosteneva: “Che milioni di italiani si trovino dalla nascita nella posizione di classe subalterna, di servi senza diritto, di uomini senza pane e speranza, senza lavoro nella Repubblica che per Costituzione è fondata sul lavoro, è uno scandalo, è una vergogna che si cerca invano di nascondere. L’emigrazione è per noi quello che per gli Stati Uniti è il problema negro. La sua esistenza contesta obiettivamente il valore della nostra struttura sociale. Milioni di cittadini italiani sono strappati, con violenza che è nelle cose, nelle strutture storiche, nelle istituzioni, dalla terra, dalla casa, dalla famiglia, dalla lingua, ed espulsi dalla comunità nazionale, esiliati in un altro mondo, privati delle radici culturali, buttati nel deserto, capri espiatori delle nostre colpe. La loro esistenza è la prova del carattere non libero né democratico delle nostre strutture politiche, economiche e sociali, sicché è giusto dire che finché
un solo uomo sia costretto, forzato all’esilio violento, non esisterà in Italia né vera giustizia, né vera libertà. (…) Tutti i giorni tuttavia noi assistiamo a nuovi episodi di una condizione di vita intollerabile, sia nell'emigrazione all'estero che in quella interna. Anche nella settimana passata abbiamo avuto dimostrazione delle condizioni di estremo disagio, addirittura disumane, in cui vive questa gente, costretta ad abitare in baracche, in alloggi (…) sono simili a campi di concentramento.”
IL CNDDU invita le scuole di ogni ordine e grado a creare un logo sul tema della solidarietà inerente alla tematica in oggetto e a postarlo. Chi vorrà inviare anche elaborati di contenuto diverso (poesie, temi, disegni, fotografie etc. troverà spazio sui nostri canali social.
prof. Romano Pesavento Presidente CNDDU