Piero Melazzini. Le note, le luci, il silenzio
Ultimo atto per ciascuno di noi, destino per chi nasce, il “pietoso rito della sepoltura”. Tutti sullo stesso piano dunque? No. Il poeta lo scrisse: “A egregie cose l'animo accendono le urne dei forti...”. La ragione per cui lasceremo ad altri la cronaca, gli eventi, le presenze, i ricordi. In parte cospicua ce ne sono stati, anche di pregevoli, sui nostri fogli a stampa. Diremo invece, con la scelta della sobrietà che era la caratteristica di Piero Melazzini, delle note, delle luci, del silenzio.
Le note
Esequie fissate alle 14.00 di oggi, mercoledì 2 dicembre (fra 20 giorni avrebbe festeggiato l'85° genetliaco). Alle 13.30 però la Collegiata si stava già riempiendo. La gente veniva accolta dalle note dell'organo alle cui tastiere era Michele, pure lui Melazzini. Quasi un sussurro a interpretare con la musica l'atmosfera di mestizia ma più avanti un crescendo energico che in un significativo translato ci faceva venire in mente, da chissà quando e sino a poche settimane fa, quella figura di gentiluomo, come è stato scritto, così pieno di energia al punto da essere per molti motivo di soggezione anche se non ve n'era plausibile ragione.
Le luci
Con l'entrata in chiesa del feretro, a riposo l'organo, la parola all'arciprete Don Marco per l'inizio della Messa. Lo sguardo, stando sulla navata lato piazza, attirato da una luce che si è accesa. Anzi non una luce ma un mosaico di luci multicolori che lambiscono il tempietto con il tabernacolo che custodisce il Santissimo, per poi proiettarsi sulla parete di fondo sopra il Coro. La cerimonia prosegue, quelle luci poco alla volta si riducono causa le vetrate multicolori attraverso le quali arriva la luce del sole. Al momento dell'Elevazione sono a metà, allo scambio della pace ancora meno. Don Marco cede il microfono a Don Valerio, a don Corrado, al Direttore Pedrazzini, al Presidente Venosta – dal cardinale Ravasi e dal Vescovo Coletti messaggi di partecipazione -. Proprio mentre il microfono passa di mano le luci multicolori si spengono. Una coincidenza impressionante, quasi, cristianamente interpretando, un saluto di benvenuto a quel chierichetto di un tempo che mai avrebbe pensato allora di poter essere considerato, compiuto il suo percorso, nella schiera dei forti richiamati dal poeta.
Il silenzio
Il feretro dalla Collegiata alla Piazza Garibaldi, davanti all'ingresso della banca. Quell'edificio allorchè Piero Melazzini vi entrò da impiegato 64 anni e 7 mesi fa, come banca era ad un solo piano oltre i locali a piano terra. Non ne aveva altri, non aveva dipendenze intorno, e, in Valle, poche erano le filiali. Quell'edificio, ove oggi trovasi la sala di rappresentanza spesso utilizzata da vari soggetti locali, oggi è solo una piccola parte. I pochi dipendenti di allora sono saliti sino ai 3107 attuali con una presenza societaria anche nella Patria delle banche. In un grande cerchio tante, tante persone a rendere omaggio a chi in quella sede aveva espresso il meglio di sé mirando al meglio non solo per il suo Istituto, come era logico, ma anche a quello delle nostre comunità in un parallelo con l'altro Istituto. Con strategie diverse entrambi condotti 'alla valtellinese' attenti a uno sviluppo della nostra provincia che nessuno certamente avrebbe immaginato, neppure lui al tempo del suo ingresso, quello che poi si è sviluppato in un concorde impegno di pubbliche Istituzioni, mondo economico e finanziario, le due banche.
Il feretro là, davanti alla banca. Il tempo passava e sembrava che nessuno volesse vederlo partire per l'ultimissimo viaggio.
Un silenzio eloquente, più di qualsiasi discorso.
La sposa, i figli possono essere orgogliosi.