Fra' Stefano Luca nelle carceri del Camerun
gioni nero pece di squallore e abbandono, di abusi e torture, di fame e dolore, per portare un segno di speranza e di redenzione a tanti minori in un recinto di amara solitudine biblica. Terreno di nessuno le carceri del Camerun, terra benedetta da Dio per l’abbondanza di pioggia, ma che pure manca nello spietato spazio penitenziario dove si ammassano uomini, donne e ragazzi, colpevoli solo di aver cercato di sopravvivere ad un inferno di stenti e di fame. Ragazzi incatenati, picchiati a sangue, violentati dietro al silenzio notturno di una tenda, affamati, piegati e piagati in un abisso di sofferenza a cui forse non tutti scamperanno. Fra’ Stefano, al seguito di Padre Gioacchino comprende sin dal primo momento che occorre agire dando prima sollievo al corpo, costruendo un dormitorio degno di questo nome, dei bagni al posto di una cloaca a cielo aperta a tutti, femmine e maschi, in una promiscuità spaventosa, a scavare quasi a mani nude un pozzo nelle viscere della terra argillosa, a portare, sacco dopo sacco, della terreno fertile per seminare l’orto. Lavorando a gomito stretto con la voce muta di uno strazio infinito, sobbarcandosi le stesse fatiche incomprensibili a chi patisce il fio di scelte quasi obbligate al seguito di cattive compagnie, bisognoso di tutto, anche dell’aria viziata che respira. Larve umane arrese ormai ad un destino beffardo da reietti e dimenticati senza alcuna dignità né voglia di redenzione. Ed è a questi diseredati che Fra’ Stefano si è rivolto tessendo un dialogo a più voci che s’incontrano, si parlano riconoscendosi figli disgraziati abbandonati dalla terra e dal cielo, carne da macello in balia di stolidi carcerieri che null’altra regola conoscono se non quella della violenza e della sopraffazione. E allora ecco il miracolo del teatro che rigenera e trasforma in una metamorfosi di corpo e anima, dando speranza di potersi rialzare, di diventare un uomo. Un teatro catartico che unisce questi prigionieri liberandoli da un asservimento mentale prima che fisico attraverso una rigenerazione umana di un Pinocchio libero da inutili orpelli. Le prove dello spettacolo nel fango africano inondato dalle piogge torrenziali rappresentano la forza di un riscatto che indulge alla speranza e alla rinascita morale per un reinserimento vero nel mondo civile. L’appassionante testimonianza dei due progetti di teatro sociale nelle prigioni del Camerun ad opera dei frati cappuccini sono state raccolte in un video documentario del regista Mattia Canovi, “Storyboard la Ri-nascita nell’incontro”, presentato al Piccolo di Milano, in occasione della Seconda Giornata nazionale del Teatro in Carcere, con l’omonimo libro di Fra’ Stefano Luca che ha dedicato la sua vita pastorale all’interno delle carceri italiane e camerunensi, sfuggendo agli ultimi momenti drammatici dell’inferno libico. Un libro, il suo, di forte testimonianza sociale che non lascia indifferenti. La missione di Fra’ Stefano al servizio degli ex-carcerati minori continua attraverso le donazioni di tante persone generose che possono contribuire on line sul sito dei frati cappuccini, su C/C postale 37382769 o su IBAN della Banca Prossima di Milano IT 85 U 03359 01600 100000119289.