IL BALBIANO. UN PALAZZO A OSSUCCIO 12.4.30.8
Grazie al Credito Valtellinese, giovedì 17 maggio alle ore 17.30 il volume "Il Balbiano. Un palazzo a Ossuccio" sarà presentato nella splendida cornice della Sala dei Balli di palazzo Sertoli a Sondrio.
La pubblicazione del libro è stata promossa dall'industriale tessile comasco Michele Canepa, il quale ha voluto dedicare il volume ai suoi genitori, per la passione verso la storia e l'arte che gli hanno saputo trasmettere nel corso degli anni. Scritto dall'architetto Cristian Copes di Gordona e dallo storico
chiavennasco Guido Scaramellini, il libro è corredato da splendide fotografie di Enzo Pifferi e Maximilian Canepa, mentre il progetto grafico e l'impaginazione si devono a Flavio Guberti di Cosio Valtellino.
Tra il Dosso di Lavedo e l'Isola Comacina, il palazzo Balbiano di Ossuccio è una delle dimore signorili più antiche del lago di Como, sorto sulle "magnifiche rovine" descritte nel 1537 dal medico e umanista Paolo Giovio; resti e preziose testimonianze di una villa che era stata danneggiata dall'irruenza del torrente Perlana e fu una delle residenze degli avi paterni del Giovio, tra i più brillanti pensatori aristotelici della prima metà del Cinquecento.
Un secolo dopo fu l'abate Marco Gallio a commissionare la ricostruzione dell'edificio, le cui facciate principali sono arricchite da eleganti portali in bugnato. Egli fece anche sistemare i giardini circostanti, in una proprietà lungo la riva del Lario dove prosperavano ulivi e aranci che, tra il 1596 e il 1607, era appartenuta al nipote del celebre cardinale Tolomeo Gallio, segretario di Stato di Papa Gregorio XIII e
fondatore del Collegio Gallio di Como.
Le sale del palazzo sono impreziosite dagli stucchi di Agostino Silva del 1664 e da affreschi di artisti ticinesi e lombardi, tra cui quelli tardo-seicenteschi dei Recchi di Borgovico e i dipinti realizzati verso la fine del XVIII secolo da Giuseppe Porro, dai quadraturisti Brenni e da Giovan Antonio Torricelli di Lugano. In particolare, quest'ultimo dipinse nella medesima sala di palazzo Sertoli, dove si terrà la presentazione del volume, mentre i Brenni si ispirarono al trattato sulla rappresentazione in prospettiva del noto architetto bolognese Ferdinando Galli Bibiena.
Nel 1787 la dimora fu venduta dal conte Giovan Battista Giovio, che nove anni prima l'aveva acquistata dai
Gallio, al cardinale e mecenate Angelo Maria Durini, feudatario della contea di Monza. Costui ampliò
ulteriormente la tenuta, in cui furono ospiti personaggi illustri, tra i quali il poeta Giuseppe Parini. Morto il cardinale nel 1796 e passato a diversi proprietari, nel 1872 il palazzo fu acquistato da Gustav Salomon Gessner, imprenditore originario di Zurigo trasferitosi a Milano.
I Gessner impiantarono a Balbiano due filande e nel 1962 cedettero la dimora all'ingegnere bavarese Hermann Hartlaub, che fece restaurare l'edificio e ricollocare due aquile in granito lungo il parapetto verso il lago. Vent'anni dopo la proprietà passò a Michele Canepa, proprietario del setificio Taroni di Grandate, che dedicò particolare cura per i giardini, dove due siepi di leccio enfatizzano il suggestivo asse prospettico tra l'ingresso seicentesco a doppia esedra e il palazzo in stile rinascimentale.
In questi ultimi anni il palazzo è stato richiesto da miliardari europei e americani, tra i quali Silvio Berlusconi, che ha molto apprezzato il libro. Come fece il conte Giovio verso la fine del Settecento, pensando ai propri eredi in cambio di 38 milioni di euro nell'agosto dello scorso anno il signor Canepa ha venduto il palazzo a una famiglia facoltosa di Mosca, con molti interessi nel mondo della cultura e dell'arte.L'attrazione sempre viva verso il lago di Como e le sue ville e bellezze naturali testimonia quanto il Lario continui a essere uno dei luoghi più suggestivi e amati d'Italia, da millenni fonte di ispirazione di poeti e romantici letterati, come Plinio il Giovane, Paolo Giovio, Alessandro Manzoni, Gustave Flaubert e Stendhal.
Dopo aver letto il volume, così ha scritto il presidente di Regione Lombardia Roberto Formigoni ai due autori: "Ritengo che il testo rappresenti certamente un contributo prezioso per valorizzare una delle più belle dimore presenti nel nostro territorio e che sia una significativa testimonianza della ricchezza del nostro patrimonio artistico. Una risorsa che abbiamo il dovere di tutelare e preservare nel tempo".