Morbegno: "Tutta la forza della poesia" - Come è andata la seconda edizione

Anche quest’anno, a maggio, nel
pieno della primavera, per quattro sabati consecutivi alle ore
17, nella sala del Museo di Storia Naturale a Morbegno si sono
svolti altri quattro incontri dell’iniziativa “Tutta la forza
della poesia” (organizzata dal nostro giornale e curata da Luigi
Picchi con Dome Bulfaro, insegnanti rispettivamente al Liceo
Scientifico e al Liceo Artistico, col patrocinio del Comune e
della Comunità montana di Morbegno e della Provincia), alla sua
seconda edizione: un’occasione per incontrare poeti affermati di
Milano (presentati da Picchi) e giovani autori esordienti della
nostra provincia (introdotti da Bulfaro). Fine di questa
rassegna di poesia è stato quello di sensibilizzare il pubblico
e di valorizzare talenti locali mettendoli a contatto con
personalità significative del panorama poetico contemporaneo.

Nella prima tappa del nostro percorso, sabato 3 maggio, abbiamo
avuto Maurizio Cucchi e come giovane Francesco Osti. Maurizio
Cucchi, nato nel 1945 ha debuttato nel 1976 con un libro
“strategico”, Il Disperso, sorta di romanzo in versi
d’ambientazione milanese dove poesia e narrativa, impersonalità
e autobiografia, nichilismo ed eticità laica, mondo privato e
pubblico convivono in un sottile equilibrio. Nelle raccolte
successive (Le meraviglie dell’acqua, Glenn, Donna del gioco, La
luce del distacco, Poesia della fonte, L’ultimo viaggio di Glenn),
ora tutte pubblicate in un volume unico economico degli Oscar
Mondadori, c’è una continua ricerca di nuovi approdi pur nella
fedeltà ad uno stile già maturo. Dalla filialità ferita (Cucchi
è rimasto orfano a dodici anni) si passa alla coscienza di una
paternità ferita in una tensione morale che si nutre di
rievocazione. Dal frammentismo ansioso e nervoso, dispersivo del
primo libro Cucchi è passato alla concisione de L’ultimo viaggio
di Glenn (1999) dove la versificazione raggiunge la densità e
l’intensità dell’aforisma e del momento lirico, non evanescente
però, dal momento che la scrittura di quest’ultimo libro è
composta e lucida, di un’incisività epigrafica. Intanto in
questi giorni è uscita la nuova silloge, Per un secondo o un
secolo (Mondadori). Francesco Osti (ventisei anni di Morbegno)
ha letto una decina di prose poetiche, alcune delle quali
descrivono luoghi della Valtellina: angoli di Morbegno lungo la
statale, depositi industriali, tutti paesaggi decisamente
moderni.

Il giorno 10 maggio abbiamo avuto Umberto Fiori, nato a Sarzana
nel 1949, ma insegnante a Milano. Autore di diverse raccolte
(l’ultima, La bella vista è dello scorso anno), è stato, per un
certo periodo, musicista rock (ha fatto parte degli Stormy Six),
ha scritto di estetica musicale e la sua poesia si caratterizza
per una scrittura distaccata e nitida, molto fotografica. Anche
lui ambienta le proprie poesie, che tendono al racconto
didascalico, in città, con situazioni e scene tipicamente urbane
di una Milano che può essere tutte le città. La solitudine,
l’incomunicabilità, lo smarrimento esistenziale, il silenzio
eloquente delle cose, in particolare dei muri e delle case sono
i suoi temi forti. Significative le analogie espressive e
tematiche con il cinema in bianco e nero del primo Wim Wenders,
la poesia e la narrativa di Peter Handke e le tematiche
esistenzialistiche del poeta e romanziere francese Michel
Houellebecq. La poesia di Fiori, che ha personalmente letto una
rassegna di suoi testi dalla silloge Esempi del 1992 fino alla
recente La bella vista (tutti editi dalla casa editrice milanese
Marcos y Marcos), pur nel suo tono elegiaco (un’elegia, però,
severa e impassibile), non rinuncia ad essere a suo modo
“civile”, dal momento che un’indignazione ferma e recisa
attraversa questa scrittura poetica misurata e lineare. È il
disagio di appartenere ad una società superficiale che
preferisce al dramma dell’autenticità, l’alienazione arrogante
di una vita piena di facili sollecitazioni. Sembrerebbe un
discorso moralistico e invece no: U. Fiori quando fa poesia, è
ancora il bambino ligure che, approdato a Milano, guarda con
sospetto gli adulti e ne coglie le bassezze, le patetiche
contraddizioni senza dimenticare lo spettacolo solare del golfo
di Lerici, protagonista del recente poemetto, La bella vista. Il
giovane scrittore locale è stato Massimo Romeri (diplomato lo
scorso anno al Liceo Artistico di Morbegno), appena
diciannovenne. Ha letto passi dal suo fluviale lavoro (per ora
ancora inedito), una sorta di romanzo polifonico, che è un
affresco sulla gioventù valtellinese, un testo magmatico e
caleidoscopico che può vagamente ricordare i meccanismi
narrativi basati sulla rievocazione di un Proust o di un Joyce
oppure il montaggio cinematografico di un Dos Passos. La voce
narrante è proteiforme, cangiante e attraversa in un continuo
mutamento di “punti di vista” come un filo rosso le varie storie
dischiudendole nel corso del suo stesso procedere. Sono episodi
di iniziazione di un gruppo di adolescenti che dalle nostre
parti, al Liceo Artistico, lungo la ferrovia, da Morbegno a
Talamona o ad una festa, scoprono, in modo più o meno cinico, la
vita e il mondo degli adulti. Lo stesso Umberto Fiori, che come
insegnante, ha a che fare con i giovani, ha apprezzato il lavoro
di Romeri trovandolo interessante per conoscere il cosmo degli
adolescenti.

Sabato 17 maggio l’ospite è stata Vivian Lamarque, nata a Tesero
in provincia di Trento 1946, ma vive a Milano. La sua poesia si
distingue per uno stile volutamente infantile, una maschera di
sorridente e nel contempo di tagliente autoironia per esprimere
il profondo dolore di chi nella vita si è visto negare da
diverse circostanze l’affetto (la sua triste e difficile storia
familiare ha segnato in parte la prima silloge del 1981 Teresino
che raccoglie le plaquettes d’esordio). Significativa anche
l’esperienza della terapia psicoanalitica junghiana,
testimoniata in ben tre raccolte: Il signore d’oro (1986), Il
signore degli spaventati (1992), Poesie dando del Lei (1989). È
una poesia che tende talora alla fiaba e difatti la Lamarque è
anche autrice di fiabe per bambini. Della fiaba, però, la sua
poesia, più che l’incanto e la meraviglia, ha la condizione
dell’incubo e un persistente senso di minaccia. La maggior parte
dei testi esprimono un senso di lontananza forzata, di distacco
e separazione, la negazione di un rapporto, il bisogno di unione
e dialogo. La Mondadori ha recentemente pubblicato tutte le
poesie in un tascabile economico già alla terza edizione in
pochi mesi (ben 7000 copie!) dove possiamo trovare le varie
sillogi dall’esordio di L’amore mio è buonissimo (1978) fino a
Questa quieta polvere (1996) e agli ultimi lavori sparsi.
Evidente è il passaggio nel percorso creativo dall’autobiografia
iniziale ad un’apertura al mondo e alle sue sofferenze: l’ultima
produzione della Lamarque è sensibile al dramma della guerra e
dell’ingiustizia (ci sono anche poesie “animaliste”). La
scrittura della Lamarque (che, però, non ha nessun debito con la
cosiddetta “linea lombarda”, con cui bene o male tutti i poeti
di formazione milanese hanno fatto i conti) può essere
affiancata a quella di un Sandro Penna, dell’ultimo Caproni, di
un Nico Orengo, di un Gianni Rodari. Come giovane esordiente le
è stato affiancato Luciano Canova, venticinquenne di Sondrio,
che ha già pubblicato un romanzo: L’uomo che fissò le stelle
(L’Autore Libri Firenze, 2001, pp. 142, € 12,39) e ne ha già
pronto un secondo assieme a diversi racconti. Lo scorso anno ha
vinto con un racconto il concorso letterario “Irma Parravicini”.
La sua narrativa, movendosi sulla scia di uno scrittore come
Stefano Benni, fa, con ironia e tanta fantasia surreale, la
satira dell’uomo contemporaneo. Notevoli i legami tematici e
stilistici anche con Calvino, quindi con Kafka e Buzzati, ma
pure con Bergonzoni.

Sabato 24 maggio, invece erano di scena Franco Buffoni e Giacomo
Bottà. Franco Buffoni è docente universitario di Letteratura
comparata a Roma. Ha pubblicato, oltre a varie raccolte di
poesia, diversi studi, saggi e traduzioni di letteratura inglese
soprattutto (ma ha tradotto pure dalle lingue classiche, dal
francese, dal tedesco e dalle lingue nordiche), dirige il
semestrale di teoria e pratica della traduzione letteraria Testo
a fronte. La sua poesia parte dall’esperienza della “linea
lombarda” (Buffoni è nato a Gallarate), ma segue poi un percorso
personale dove con ironia e gusto del burlesco il poeta tenta un
recupero del proprio passato attraverso frammenti di memoria e
scampoli autobiografici che fluttuano naufraghi nel marasma
della routine esistenziale. Una certa vena narrativa
caratterizza questa poesia che ci ha dato anche racconti in
versi (Suora Carmelitana e altri racconti in versi, 1997). Non
bisogna dimenticare infine la natura dotta della poesia di
Franco Buffoni, l’essenzialità fotografica delle immagini, la
vena ironica e burlesca specialmente delle prime raccolte e il
respiro più universale degli gli ultimi esiti più capaci di
cogliere i drammi della storia di tutti. A questo proposito
Franco Buffoni ha poi letto e spiegato alcune sue liriche
anticipando brani della sua prossima silloge “Guerra”, ispirata
al diario di prigionia del padre. Giacomo Bottà, ventinovenne di
Morbegno, laureato in Letteratura tedesca, ha studiato molto in
Germania, collabora con l’Università, scrive racconti ambientati
ai nostri giorni, in luoghi a lui familiari: la Valtellina,
Milano e Berlino. Si tratta di storie grottesche ed esilaranti,
d’un umorismo spietato che rivelano con un tono asettico,
impersonale e mimetico la sottile e assurda crudeltà della vita.
La scrittura ha un ritmo e un’energia cinematografici e fa
tesoro delle diverse esperienze della narrativa moderna.

Il pubblico, sempre numeroso e partecipe (non è mai mancato
nemmeno l’assessore Gianfranco Peyronel), è parso soddisfatto
del nostro lavoro.

Il presente servizio, illustrato con alcune fotografie dalla
Rassegna, viene pubblicato sull’edizione di giugno de ‘l Gazetin,
reperibile in tutte le edicole della provincia di Sondrio a
partire da sabato 14 giugno 2003. Sull’intero ciclo di “Tutta la
forza della poesia” (edizioni 2002 e 2003) è in fase di
elaborazione e allestimento un volume, la cui uscita per le
edizioni LABOS è in programma per Natale (programma finanziario
permettendo!), che presenterà gli otto autori “scoperti” e fatti
conoscere dalla importante iniziativa.
'l Gazetin


Gds - 18 VI 03 -
www.gazzettadisondrio.it

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