WELBY (5) E I SUOI DUE FUNERALI CHE INVECE AVREMMO PREFERITO

Ci sono opinioni diverse sulla risposta negativa alla richiesta della mamma di Welby di un funerale religioso. C’è da dire che le diverse opinioni fondano tutte su motivi obiettivamente validi e anche chi avrebbe voluto un funerale religioso rispetta comunque la decisione del Vicariato di Roma. In realtà, per sintetizzare le due posizioni c’è chi pone la questione di principio ed è chiaro che su questa c’è ben poco spazio di manovra per il concorrere di due motivi entrambi pesanti. Innanzitutto il suicidio, gravissima violazione del quinto comandamento e, in un certo senso, del primo. In secondo luogo quello che un tempo veniva definito “scandalo”, con tanto di figura ammonitrice sugli abbecedari di scuola: un uomo con una macina al collo che finiva nel burrone o nel fiume – il ricordo è lontano! -. E questo, specie con la diffusione dei mass-media odierni, avrebbe potuto costituire precedente delicato.

D’altro canto, per dirla con Mons. Maggiolini che il funerale, fosse dipeso da lui, lo avrebbe autorizzato, “se davvero Piergiorgio Welby, prima di morire, si è affidato alla misericordia di Dio, non poteva essere questa invocazione un motivo per concedere i funerali?”. Il nostro Vescovo, le cui posizioni a difesa e tutela della fede, della presenza cattolica nella società, del rigore morale sono ben note, ha sviluppato poi altre valutazioni e con una ipotesi molto simile a quella che aveva esposto chi scrive appena avuta la notizia della morte di Welby, e cioè quella di una cerimonia laica con la bara vuota e di un funerale religioso con il defunto e “lontano dalle telecamere”.

La nostra ipotesi subito formulata era quella di esequie religiose in via riservata alla presenza dei soli familiari e poi di un rito civile. Alle considerazioni che sono state fatte, anche dal Vescovo, ne va aggiunta un’altra. Non si può pensare che una persona in quelle condizioni sia in grado di ragionare come ciascuno di noi. Un condizionamento della immobilità coatta, di un cervello pensante prigioniero di un involucro in disfacimento, di sofferenze senza rimedio non può non essere considerato, associato al concetto della misericordia, anche se, per ipotesi, la volontà del funerale religioso fosse stata non la sua ma della madre. Il “caso Welby” ha fatto e fa riflettere sul piano etico e su quello giuridico. E’ il caso che rifletta anche la Chiesa. Fermo ovviamente restando, per tutti, che l’eutanasia resti quello che è: omicidio.

a.f.

a.f.
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