Comitato preoccupato: l’ospedale di Chiavenna non gode di buona salute
Il presidio organizzato dal comitato “Insieme per l’ospedale di Chiavenna” rappresenta un’azione puramente popolare. Questo vuole essere un chiaro, netto ed inequivocabile segno di volontà e preoccupazione che il Comitato, unitamente alla cittadinanza, intende manifestare nei confronti della situazione riguardante l’ospedale e, in particolare, del reparto di ostetricia e ginecologia.
L’ospedale di Chiavenna non gode di buona salute: i tassi di fuga rilevati nell’anno 2014 e presentati a Regione Lombardia dai Sindaci della provincia evidenziavano un risultato già di per sé preoccupante in termini di attrattività del servizio; preoccupazione che oggi è divenuta un allarme in piena regola. Ciò nonostante, negli ultimi due anni, nell’ottica dell’implementazione del famoso modello organizzativo sperimentale definito “sanità di montagna”, le scelte attuate congiuntamente dal fronte aziendale, amministrativo e politico, sembrano aver portato ad un netto peggioramento. Solo due anni fa veniva infatti siglato il POAS (ovvero il Piano Organizzativo Aziendale Strategico) mediante il quale si è visto, in poco tempo, stravolgere completamente l’equilibro di tutte le strutture in seno alla nuova ATS Montagna. E Chiavenna, in meno di un anno, ha perso la funzionalità del reparto di ortopedia.
Ci chiediamo come possa configurarsi la scelta della chiusura definitiva ed irreversibile di un reparto, o di una struttura pubblica, in un’area come la nostra rispetto ad un assetto riorganizzativo sperimentale definito “sanità di montagna” che ha fatto sperare tutti noi in un miglioramento delle condizioni dei servizi in campo sanitario.
Perché essere sul punto di decretare la chiusura del reparto, anziché rivedere le scelte laddove si è deciso di applicare un modello organizzativo sperimentale? Il senso di una sperimentazione non dovrebbe essere quello di rilevare le informazioni e rivedere le scelte nell’ottica del raggiungimento dell’obbiettivo? Quale era l’obbiettivo posto alla base della riorganizzazione del del servizio sanitario rivolto alle aree di montagna? Dovremmo forse credere che la “sanità di montagna” rappresentasse un illusione alla luce della situazione attuale? La nostra prerogativa, il nostro impegno nei confronti del mantenimento del reparto di ginecologia-ostetricia non si placa di fronte alla seria minaccia di chiusura del reparto, anzi! Per questo motivo il nostro sit-in perdurerà per tutto il tempo necessario affinché il fronte politico/istituzionale/amministrativo riesca ad individuare, ed applicare con carattere di reale urgenza, delle soluzioni che, nel concreto, possano garantire l’efficienza del reparto, di tutti i suoi servizi al pubblico, nonché del mantenimento di tutto il personale in forza.
Teniamo particolarmente, inoltre, a ribadire l’assurdità rappresentata dalla contrapposizione tra struttura pubblica e privato-convenzionata.
Non siamo assolutamente d’accordo sul fatto che il discorso possa essere ridotto ad una questione di campanilismo. Probabilmente è necessario che gli organi Regionali approfondiscano la conoscenza del contesto, e che i nostri amministratori locali, con il vigore di cui sono capaci, li aiutino nel compito. Questo prima di continuare ad applicare scelte, non solo controproducenti, ma addirittura dannose per un, discretamente vasto, territorio che per le caratteristiche orografiche soffre di inequivocabili svantaggi che si ripercuotono sugli “utenti”, che ricordiamo, qualora ve ne fosse bisogno, essere persone, esseri umani.
Pensiamo per esempio alla strategia gestionale che ha fornito al personale qualificato più deterrenti che incentivi determinando ad oggi la decantata assenza di medici anestesisti e personale qualificato che giustificherebbe (secondo chi si sofferma sugli aspetti superficiali) quanto appreso negli ultimi giorni. Solo per fare un’esempio, molti parlano di concorsi deserti, nessuno parla del fatto che chi partecipasse e vincesse ad un concorso indetto dall’azienda Sondriese dovrebbe farlo ad occhi bendati! Questo in quanto potrebbe essere chiamato ad operare in un raggio compreso fra Menaggio e Sondalo, infatti, il bando non fornisce l’indicazione di struttura. Chi di fatto rispondesse al bando potrebbe essere chiamato a doversi allontanare, fra turni e reperibilità di parecchi km e ore di viaggio e/o potrebbe venirgli chiesto di ruotare a più non posso da una struttura all’altra…ecco il motivo per cui, i medici che oggi mancano all’ospedale, o sulle ambulanze, operano regolarmente a servizio degli ormai numerosi centri sanitari privati.
Non possiamo esimerci dal sottolineare quanto sia importante la funzionalità della struttura ospedaliera di Chiavenna nel suo complesso a nome di tutta la cittadinanza che, a suo tempo, ha firmato la petizione, che abbiamo puntualmente provveduto a presentare ai tavoli istituzionali, nella speranza che essa, ad oggi, non abbia già trovato posto in un cassetto impolverato considerando che, ad oggi, non sia pervenuta risposta alcuna. É giusto ricordare che, la petizione popolare, rappresenta la voce della cittadinanza e non andrebbe per nessun motivo ignorata, ne rivendichiamo i contenuti e la valenza in ambito istituzionale! E’ necessario altresì ricordare che la chiusura del reparto di ostetricia-ginecologia potrebbe portare in breve tempo all’esponenziale aumento di rischio riferito alla decisione di chiusura dell’intera struttura ospedaliera di Chiavenna che a cascata vedrebbe sorgere un vero e proprio punto di domanda nella gestione del “flusso migratorio” di utenza, che dovrebbe trovare nuova collocazione, nel contesto sanitario provinciale e ovviamente, extra-provinciale.
E’ giusto ricordare che il Decreto Ministeriale n. 70/2015 stabilisce come minimi requisiti riferiti ai Presidi ospedalieri di base la presenza di un Pronto-Soccorso in aggiunta alle seguenti specialità: Medicina interna, Chirurgia generale, Ortopedia, Anestesista e servizi di supporto in rete di guardia attiva e/o in regime di pronta disponibilità H24 di radiologia, laboratorio emoteca, letti di “osservazione Breve Intensiva”. Ci troviamo sull’orlo del precipizio.
Negli ultimi anni sono stati parecchi i servizi tolti, (non ridimensionati o sostituiti, ma tolti) da Chiavenna e centralizzati altrove nell’ottica dell’ottimizzazione delle risorse. La popolazione ha compreso questa necessità ed ha dovuto accettare, seppur con riluttanza, il peggioramento in termini di fruibilità del servizio; ma la sanità, il servizio al pubblico, non si tocca! Essa è, e deve essere, garantita per diritto costituzionale.
Non possiamo fare a meno di chiederci fino a che punto è applicabile al tema sanitario il concetto di ottimizzazione e ridimensionamento estremo delle risorse. Equiparandolo ad un ufficio qualsiasi? Senza contare il fatto che in quest’ultimo anno è stato tolto, nell’ottica di riorganizzazione, l’ausilio del mezzo di soccorso avanzato che ha rappresentato la rinuncia alla presenza di personale medico in ambulanza. Una scelta che ha comportato notevoli svantaggi. Inutile dire, che il mezzo di soccorso avanzato non può essere sostituito mediante l’ausilio dell’elicottero in zone montane come le nostre per ragioni che AREU Lombardia ha tenuto ad ostentare anche in occasione “serata informativa” dello scorso anno. Sta di fatto che, in situazioni analoghe, sta al cittadino doversi orientare o dover contare “sulla fortuna” non potendo più contare sulla vicinanza di un servizio sanitario efficiente. Chiediamo con forza, che a tutti i livelli, i tavoli istituzionali locali, provinciali e regionali si riuniscano a fronte dell’appello proveniente dalla cittadinanza, del personale di struttura e di tutti coloro che chiedono attraverso il Comitato, ed a supporto dello stesso, di non voler rinunciare, per le ragioni descritte, ad un servizio primario ed irrinunciabile per la valle e per la sua popolazione in virtù delle proprie peculiarità. Chiediamo quindi ai nostri Sindaci di rendersi ancora una volta parte attiva e di rappresentare l’appello della cittadinanza. vogliamo nemmeno immaginare quali sarebbero le ripercussioni di ordine economico rappresentate da un riflesso negativo nell’industria del turismo, sociale quale difficoltà di fruizione del servizio sanitario pubblico, di perdita d’impiego di risorse umane.
Siamo fiduciosi nel fatto che l’impegno istituzionale restituirà al nostro territorio questo respiro dato dall’allontanarsi della minaccia che incombe, o sarà veramente il caso di chiedersi chi votare alle future elezioni…