Teglio 20 XII A CORTE DEL RE PIZZOCCHERO

...con sopresa finale...

(con sorpresa finale)

Rezio Donchi, tellino doc, classe '35, 20 dicembre la sua nascita, valtellinese vero, uomo del fare, aperto al mondo, eppure schivo e riservato. Un gentiluomo d'altri tempi che ha sempre dato senza mai chiedere nulla in cambio, con un lungo passato alle spalle da solerte e insostituibile dipendente della ditta Quadrio Curzio, spesso in giro per mezzo mondo a costruire una fetta dell'imprenditoria valtellinese.

Cosa le ha lasciato in eredità il suo lavoro in ditta?

"Per circa 55 anni l'impresa mi ha concesso la possibilità di conoscere e imparare i segreti di un mestiere antico e sempre nuovo, proiettandomi sui cantieri più disparati d'Italia tra Milano e Genova, Salerno e Reggio Calabria, fino in fondo all'Australia, terra meravigliosa in cui tanti emigranti valtellinesi hanno fatto fortuna con sacrificio e fatica e che mi hanno onorato della loro sincera amicizia".

Uomo d'azione, Donchi, fermamente determinato, spesso lontano da casa per lunghi tempi, com'è riuscito a conciliare il lavoro con la sua famiglia?

"La mia famiglia è tutto e viene prima di ogni cosa. Certo, come tanti amici mi ricordano, non so proprio come faccia a sopportarmi la mia Ida, al mio fianco dal '55. Roba da matti, ma guai se non ci fosse! Mi ricordo come fosse oggi il mio primo incontro con lei: allora ero poco più che ventenne, un giovanottone allegro, dai modi gentili e in fondo anche un po' timido, come sostenevano quelli che mi conoscevano bene. Quando la vidi all'incrocio di via Piazzi il cuore mi batteva forte. Bella e semplice con suo faccino delicato, il suo vestitino verdemare, che avanzava con grazia verso la Collegiata insieme ad una sua amica. Allora mi venne in ausilio il buon Bundin, il mitico erbivendolo di Piazzetta Quadrivio, che, vedendo una strana luce nei miei occhi, si offrì di presentarmela. Fu subito amore!"

Padre affettuoso, guida maestra sin dai primi passi di Edi, Attilia e Paola, marito attento e premuroso. Ma com'è come nonno?

"Un'emozione incontenibile vedere il visino sorridente della piccola Annaida, nata nel 2000 alla clinica Mangiagalli di Milano. Mi ha subito preso il cuore. E' sempre stata solare, vivace, intraprendente, determinata, una che sapeva esattamente quel che voleva e che a volte mi faceva stare in pena anche se si allontanava di qualche metro dalla riva per nuotare nel mare della Sardegna".

Una nipotina che ha riempito ancor più d'amore il cuore di un Donchi, sempre sulla breccia, che con una magnifica intuizione fonda con un gruppo di appassionati l'Accademia del Pizzocchero meritandosi alfine il prestigioso riconoscimento del "Tellino d'oro".

Come nasce questo sodalizio giunto al suo X anno di attività dopo aver varcato gli oceani ed essersi imposto come un marchio d'identità valtellinese nel mondo?

"Tutto affonda le radici in un tragico maggio dell''83, quando una terribile frana si era abbattuta su Tresenda. Si era appena formato il Lions Club Tellino ed erano in tanti a chiedere una sorta di riscatto dalle avversità che si concretizzò qualche anno dopo, quando fui invitato ad assumere la guida dell'Accademia".

Quel tragico 22 maggio dell''83 ombre minacciose e gravide di pioggia avevano solcato i cieli della val di Teglio scatenando tutta la loro furia su Tresenda. Giornata da tregenda quella, con morti, feriti e dispersi. Ma i tempi erano maturi per scrollarsi di dosso il dolore e le ambasce di quei drammatici momenti, e forse anche l'atavica fatica di secoli, per uscire dall' aurea mediocritas dell'homo faber custode del destino della sua Valle, crocevia di passi obbligati, contesi dalle potenze plutocratiche di un tempo che ne avevano fatto uno scenario di guerra e di conquista.

Dopo qualche anno fu un gruppo di amici, irriducibili cultori dell'eccellenza gastronomica della nostra Valle, a individuare in Rezio Donchi la figura carismatica che avrebbe traghettato la neo Accademia del Pizzocchero fino agli altari della Patria, al Vaticano, a Strasburgo. E l'uomo discendente dell'antica Rethia disse sì, facendo del pizzocchero un segno distintivo, il simbolo dell'identità locale, facendo della Valtellina "la patria del Pizzocchero!"

Nello Colombo

Tiriamogli virtualmente le orecchie ma non come rimprovero bensì perché abbiamo notato il giorno della sua nascita e confrontato, oggi 20, con il calendario vigente... (ndr)

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