FINANZIARIA, 1346 COMMA DIABOLICO PER UN COLPO DI SPUGNA PER OLTRE 5000 INQUISITI DALLA CORTE DEI CONTI PER, MINIMO, 300 MILIONI DI EURO. IL CONSIGLIO DEI MINISTRI – CHE DOVEVA PENSARCI PRIMA – IMPEGNATO A SISTEMARE LE COSE, MA C’E’ UN SOLO MODO.
Un vero e proprio scandalo questo comma 1346 della Finanziaria che, se non corretto, dimezzando almeno il periodo di prescrizione consente a migliaia di inquisiti (funzionari e amministratori, di farla franca. Meno male che il Procuratore generale della Corte dei Conti, Claudio de Rose, probabilmente già in campana per via dell’emendamento che era stato presentato da sette senatori e poi ritirato, se ne è accorto. A quel punto è partito in quarta il sen. Salvi e poi un coro di indignazione per cui tutti, maggioranza e opposizione hanno sollecitato il Governo ad intervenire ed è lo stesso Presidente Prodi che ha dovuto scendere in campo con un impegno solenne a provvedere. Prima di vedere come e di quale insidia possa ancora esserci documentiamo la situazione visto che mezzo mondo ne ha parlato ma nessuno in maniera compiuta.
LA FURBATA
Il comma 1346 (797-bis) testualmente recita .
Vediamo dunque la legge 14 gennaio 1994, n. 20 - Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti (G.U. n. 10 del 14 gennaio 1994). Questa all’art. 1.Azione di responsabilità: recita
(x) <2. Il diritto al risarcimento del danno si prescrive in ogni caso in cinque anni, decorrenti dalla data in cui si è verificato il fatto dannoso, ovvero, in caso di occultamento doloso del danno, dalla data della sua scoperta>.
AL PUBBLICO OLTRE IL DANNO LE BEFFE
Traduciamo in parole povere. Dal momento in cui una persona ha commesso un’azione in danno della Pubblica Amministrazione, la Magistratura contabile (Corte dei Conti) aveva 5 anni di tempo per concludere il giudizio che, se di colpevolezza, avrebbe comportato per tale persona il ricorso al portafogli per sborsare la cifra corrispondente al risarcimento della Pubblica Amministrazione.
Decorrenza dei cinque anni dal momento del fatto. Approvata la Finanziaria con il testo citato del comma 1346 i cinque anni partono prima, ad esempio dalla data dell’atto amministrativo che poi ha determinato l’azione dannosa. Di fatto i tempi si accorciano notevolmente con il rischio che tutto finisca a tarallucci e vino. All’Amministrazione Pubblica (Stato, Regioni, Province, Comuni, altri Enti) oltre al danno le beffe.
ERRORE? MA SIAMO IMPAZZITI? UN SEGNALE INEQUIVOCABILE
Qualcuno ha avuto la sfacciataggine di avanzare l’ipotesi che si sia trattato di un errore, una cosa sfuggita via. Qualcun altro ha adombrato l’ipotesi di un funzionario infedele. Ma siamo impazziti? C’è un segnale inequivocabile che aveva attratto perfino la nostra attenzione durante la prima scorsa del giuridicamente mostruoso maxi-emendamento. Ogni comma infatti riporta a destra, se vi sono state modifiche, la ratio delle stesse. Alcune del Governo, altre del relatore (poi anche riferimenti legislativi).
TUTTE LE MODIFICHE RECANO QUINDI PATERNITA’ E CODICE. TUTTE TRANNE IL 1346 CHE RECA SOLO LA PATERNITA’ (IL RELATORE). MANCA, per così dire, LA TARGA.
Piovuto dal cielo, raccolto dal relatore, inserito fuori sacco. Il relatore della Finanziaria, l’alessandrino Enrico Morando, eletto però in Veneto, non è uno sprovveduto. Funzionario di Partito, DS, quarta legislatura, Presidente della Commissione Bilancio. Formalmente risulta lui il padre dell’emendamento-scandalo. Ci sono due ipotesi soltanto.
- O la cosa gli è passata sotto il naso e in questo caso si tratta di una grave superficialità visto e considerato che persino a noi, pellegrini di periferia, quella mancanza del codice, l’unica del malloppo, aveva fatto drizzare le orecchie. Così fosse dovrebbe
- O qualcuno, certamente né l’usciere né un senatore di opposizione, gli ha dato l’emendamento da inserire e lui l’ha fatto, consapevole o meno del contenuto non tocca a noi di ricercare. Non essendo uno sprovveduto, come siamo stati attratti noi non solo dalla mancanza del Codice ma dal testo, di diabolica stesura di fatto criptando il contenuto (e se qualcuno pensa che questo serve per far passare inosservata la cosa fa male perché, per dirla con Andreotti, usar malizia non si deve ma qualche volta si indovina) avrebbe dovuto accorgersene benissimo. Se poi l’emendamento gli fosse stato allungato da persona autorevole sarebbe del tutto comprensibile il trasferimento tout-court nel malloppo.
EMENDAMENTO GIA’ PRESENTATO, E RITIRATO. I MAGNIFICI SETTE FIRMATARI
L’emendamento era già stato presentato, ma finito nel mucchio di quelli che l?unione aveva deciso di stralciare, e quindi ritirato.
Sette i firmatari:
- Fuda Pietro Calabria (G. Misto - Partito Meridionale)
- Zanda Luigi, vicecapogruppo vicario dell’ULIVO, Lazio
- Ladu Salvatore segretario senato (eletto con 151 voti) ULIVO Sardegna
- Sinisi Giannicola presidente della Delegazione parlamentare italiana presso l'Assemblea dell'Unione dell'Europa occidentale ULIVO Puglia
- Bruno Franco ULIVO Calabria
-Boccia Antonio ULIVO Basilicata
- Iovene Nuccio ULIVO Calabria
La stampa si è ampiamente soffermata sul sen. Fuda, certamente meno imbarazzante in quanto sì del centro-sinistra ma non dei Partiti maggiori come gli altri, sui quali si è abbastanza sorvolato nonostante presenze politicamente molto qualificate. Il quale sen. Fuda ha reagito con notevole foga rivendicando come cosa giusta la presentazione dell’emendamento in quanto ben diversamente articolato – su tre commi - rispetto a quello finito in Finanziaria. Così fosse significa che qualcuno ha estratto l’essenziale, ben criptato, pensando quindi di farcela senza che nessuno se ne accorgesse o, scoprendo l’arcano quando ormai i buoi erano usciti dalla stalla (ovvero gli inquisiti dal rischio di pagare di tasca).
ADESSO C’e’ UNA SOLA SOLUZIONE PER EVITARE “LA PORCATA”
In Parlamento hanno definito la cosa una vera e propria “porcata” da cui bisogna uscirne. In Senato non si poteva cambiare perché la fiducia era stata posta sul testo comprendente il comma 1346. Potrebbe in teoria esser la Camera a modificare la Finanziaria eliminando il 1346 ma questo vorrebbe dire dover tornare al Senato. Non è questione di Natale ma di rischio sempre presente.
A questo punto hanno pertanto pensato al Decreto-Legge del Consiglio dei Ministri convocato il 27 dicembre ma neppure questo risolve il problema che può avere una sola soluzione: la contestuale applicazione di Finanziaria e di Decreto-legge soppressivo del 1346. Il DL non può arrivare prima a sopprimere una norma che giuridicamente non c’è anche se il Parlamento l’ha approvata. Se il DL arriva dopo, al di là di pareri espressi in TV, non può essere retroattivo per cui i più furbi degli inquisiti o comunque quelli con avvocati con i baffi riuscirebbero a cogliere l’occasione del sia pur breve interregno legislativo.
Da evitare perché altrimenti ci sarebbe, di nuovo, da dover pensar male. Non sarà così ma comunque a noi interessa semplicemente che le cose vadano a posto
Alberto Frizziero