JAZZ LIVE. ANTONIO FARAÒ AL PIANO CON MILOSLAV VITOUS AL CONTRABBASSO AL GRAND HOTEL BAGNI NUOVI DI BORMIO
Ritorna il grande Jazz al Grand Hotel Bagni Nuovi con un concerto che farà epoca : Antonio Faraò al piano , Miloslav Vitous , fondatore dei mitici Weather Report, al contrabbasso, Enzo Carpentieri alla batteria.
L’appuntamento è per giovedì 21 febbraio alle ore 21.00 e l’ingresso è libero.
Di seguito il palmares degli artisti.
ANTONIO FARAO’
Considerato dalla critica europea uno dei più interessanti pianisti jazz dell'ultima generazione, Antonio Faraò nasce a Roma nel 1965 in una famiglia dalle radici musicali ben salde. Il padre, recentemente scomparso, appassionato di jazz e batterista, lo introduce fin da giovane all'ascolto di Benny Goodman, Count Basie e Duke Ellington, trasmettendogli un gusto per lo swing che resterà intatto anche negli anni successivi, diventando elemento peculiare del suo modo di comporre.
Fin dalla precoce età di sei anni, Faraò inizia a suonare: dapprima un vibrafono giocattolo, in seguito il pianoforte, del quale intraprende lo studio classico. Cresciuto sotto l'egida del maestro Adriano della Giustina, che lo conduce sino al diploma intermedio presso il Conservatorio G. Verdi di Milano, Faraò si distingue fin da ragazzo per uno spiccato interesse verso la musica nero-americana d'avanguardia.
I suoi primi modelli di riferimento sembrano essere due musicisti che, seppur diversi tra loro per le strade verso cui indirizzano la loro ricerca, sono legati da un'identica tensione al rinnovamento del linguaggio. Da un lato, McCoy Tyner, storico protagonista dell'avanguardia modale e componente fondamentale del quartetto di John Coltrane che incise le leggendarie "My Favorite Things" e "A Love Supreme". Dall'altro il più giovane Herbie Hancock, che lasciato il quintetto di Miles Davis poco prima dell'incisione di "Bitches Brew" si era diretto verso una più intensa stagione elettrica, culminata con l'introduzione di elementi funky nel gruppo che incise l'epocale "Maiden Voyage".
Solo in seguito, Faraò scopre Bill Evans, pianista imprescindibile per chiunque voglia suonare jazz in trio, padre di un panismo sottile e raffinato che coniuga l'improvvisazione afroamericana con la tradizione romantica europea. L'influenza di Evans sull'estetica di Faraò (pur nella peculiarità dei rispettivi linguaggi), appare oggi più evidente rispetto al passato, soprattutto quando gli impeti più marcatamente percussivi lasciano spazio ad una maggiore consapevolezza melodica.
La carriera solistica di Antonio Faraò è ricca di successi sin dal principio. Si ricorda la vittoria, ottenuta nella categoria "Nuovi Talenti", al referendum indetto dalla rivista "Musica Jazz" (1991) e la chiamata a numerosi festival internazionali nei quali ha potuto suonare a fianco dei maggiori maestri del jazz contemporaneo.
Sarebbe troppo lungo elencare le prestigiose collaborazioni del pianista. Basti qui citare, in elenco sparso, Franco Ambrosetti, Daniel Humair, Gary Bartz, Lee Konitz, Steve Grossman, Tony Scott, Chico Freeman, Miroslav Vitous, John Abercrombie, Richard Galliano e, tra i protagonisti della musica leggera, la grande Mina.
A suggellare un percorso musicale di per sé straordinario, nel 1998 arriva il più prestigioso dei riconoscimenti: il primo premio al "Concorso Internazionale Piano Jazz Martial Solal", indetto dalla Città di Parigi ogni 10 anni. Un evento che ha lanciato Faraò ancora più intensamente nei circuiti europei della musica contemporanea, e lo ha portato ad incidere, dopo alcuni dischi prodotti in Italia, due album da leader per l'importante etichetta tedesca Enja Records: "Black Inside" nel 1998 e "Thorn", nel 2001, in cui Faraò è accompagnato da Jack DeJohnette alla batteria, Chris Potter ai saxofoni tenore e soprano e Drew Gress al contrabbasso.
Recentemente ha sostenuto un tour europeo che lo ha portato a Basilea, Salzau (Baltic Jazz Festival), Lisbona, Istanbul, Zurigo, Karlsruhe per concludersi al JazzFest di Berlino.
Le sue ultime due incisioni (ha inciso numerosi CD) sono state Far Out (Antonio Faraò, Bob Berg, .Martin Gjakonovski, Dejan Terzic) e Encore (Antonio Faraò, Martin Gjakonovski, Dejan Terzic).
MIROSLAV VITOUS
Per presentare Miroslav Vitous basterebbe citare i nomi con cui ha suonato e non dire più nulla: Freddie Hubbard, Miles Davis, Charlie Mariano, Art Farmer, Donald Byrd, Chick Corea, Jack DeJohnette, Wayne Shorter, Joe Zawinul, Larry Coryell, Herbie Hancock, John McLaughlin, Joe Henderson, Stan Getz.
Miroslav Vitous noto per aver fondato, giovanissimo, i Weather Report insieme Wayne Shorter e Joe Zawinul, ha iniziato a suonare il violino all'età di 6 anni, per poi passare al pianoforte a 10 e finalmente al basso a 14. Durante gli anni del conservatorio, frequentato a Praga, si esibiva già in trio con il fratello Alan alla batteria e Jan Hammer, che sarebbe poi diventato famoso per la colonna sonora alle tastiere di Miami Vice. Mentre frequenta il Conservatorio, vince una borsa di studio al Berklee College of Music: era il 1966. Nel '67 si trasferisce a New York, dove suona con Charlie Mariano, Art Farmer, Freddie Hubbard e Miles Davis . Successivamente lo troviamo con Herbie Rjann, ma incide anche con Donald Byrd, Chick Corea, Jack DeJohnette, Wayne Shorter e Larry Coryell. Nel prim o album registrato a suo nome, datato '69, lo affiancano Herbie Hancock, John McLaughlin, Jack DeJohnette e Joe Henderson. Nel '70 è in tour con Stan Getz. L'anno seguente si riunisce con Shorter e Zawinul e fonda i Weather Report, formazione in cui si gettano le basi del nascente linguaggio jazz-rock. Lasciato il gruppo nel '73, si dedica alla sperimentazione con uno strumento ibrido, affine sia al basso elettrico che alla chitarra, da lui stesso fatto costruire. Nel '79 entra al New England Conservatory, del cui Dipartimento Jazz diviene responsabile nell'83. Dal '79 all'82 è leader di un quartetto con John Surman, Kenny Kirkland (cui si alterna John Taylor), Jon Christensen e, a partire dal 1981, suona con Roy Haynes nel mitico Trio Music di Chick Corea, con cui gira tutto il mondo ed incide due album per la ECM. Di grande successo il duo con Stanley Clark. Alla fine degli anni '80, torna a stabilirsi in Europa; di questo ultimo periodo vanno segnalate la sua attività di solista e l'appartenenza al gruppo Quatre, con Enrico Rava, Franco D'Andrea e il grandissimo batterista francese Daniel Humair e a ad altro importantissimo trio con Jan Garbarek e Peter Erskin.
Dei premi quasi si potrebbe fare un elenco: Downbeat (USA), Swing Journal (Giappone), Jazz Forum in Europa anche per il miglior album dell'anno con “Infinite Search”, inoltre due nomination al Grammy mentre, è dal 1968, che compare tra i 3 migliori bassisti nelle classifiche mondiali. Con il suo ultimo album, Universal Syncopation, Miroslav Vitous ha riunito vecchi e illustri amici in un incontro di cui il segno più tangibile è un disco speciale. Evidente l'apporto di personalità mature coinvolte in un processo che esprime la loro voce attraverso la freschezza del nuovo concept di Vitous, il cui appello ha una retrospettiva di lunga eloquenza, dalla condivisione delle sorgenti folkloriche con Garbarek, la formazione del Trio con Corea e Roy Haynes, la fratellanza artistica con DeJohnett e nel formare la sezione ritmica a supporto dei migliori solisti.
ENZO CARPENTIERI
Enzo Carpentieri, batterista, nato a Padova nel 1959, intraprende lo studio dello strumento concentrando i propri sforzi alla comprensione delle forme e della teoria musicale e più specificatamente allo studio del linguaggio jazzistico. Dal 1979 ad oggi sono molteplici le collaborazioni e i concerti con musicisti, non solo dell'area veneta, ma anche internazionale: Marcello Tonolo, Maurizio Caldura, Ares Tavolazzi, Massimo Urbani, Marc Abrams, Claudio Fasoli, Sal Nistico, Paul Jeffrey, Lee Konitz, Steve Grossman, Tony Scott, Vic Juris, Ralph Lalama, Art Farmer, Rachel Gould, Cameron Brown, Dick Oatts.
Nel '94 incide con la European Music Orchestra (EMO) l'album"Guest", con Claudio Fasoli e Kenny Wheeler, alternandosi alla batteria con Aldo Romano.
E’ un musicista che supporta il solista in modo impeccabile con grande maestria tecnica, ma sempre con quel gusto che contraddistingue il grande jazzista.