"NON POSSO NON CONDIVIDERE LE TUE IDEE MA POSSO DARE LA MIA VITA IN MODO CHE TU ABBIA LA POSSIBILITÀ DI DIRLE" (VOLTAIRE)
Mi viene fortemente il dubbio che i molti contestatori di Benedetto VI che alla Sapienza di Roma ( ironia della sorte: tra i suoi fondatori vi sono almeno due Pontefici), invitato dal Rettore avrebbe dovuto pronunciare un suo discorso tra i dissidi che possono esistere tra fede e ragione, non conoscono affatto i padri fondatori del laicismo. Anzi, addirittura ignorano la celeberrima frase di Voltaire che costituisce una specie di manifesto della vera laicità. Si dice che l' Italia attraversa una crisi culturale e politica senza precedenti e che il dibattito sulla laicità ne è una delle dimostrazioni più evidenti. Intanto, grazie proprio ai padri fondatori del laicismo tra cui Voltaire, non si può accettare che la parola «laicità» possa diventare sinonimo di «intolleranza». È vero esattamente il contrario. Laicità è sinonimo di libertà di parola, di espressione, d'iniziativa. È innanzitutto la certezza per il cittadino di poter fare affidamento su delle Istituzioni pubbliche che decidono in modo svincolato da qualsiasi pregiudizio confessionale o ideologico e avendo sempre al centro della propria azione l'interesse generale della collettività. Abbandonare questi principi costituisce una resa politica e culturale. Un gruppuscolo ha ritenuto che l'evento "incongruo" e non in linea con la laicità della scienza, fosse l'intervento del Papa previsto per il 17 gennaio 2008 al termine della cerimonia di inaugurazione dell'anno accademico dell'università di Roma La Sapienza. Lo hanno giudicato così gli oltre 60 firmatari della lettera presentata nei giorni scorsi al rettore Renato Guarini. Tra i firmatari, i fisici Andrea Frova, autore con Mariapiera Marenzana di un libro su Galileo e la Chiesa, Luciano Maiani, da poco nominato presidente del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), Carlo Bernardini, Giorgio Parisi, Carlo Cosmelli.
Il testo della lettera
"Magnifico Rettore, con queste poche righe desideriamo portarLa a conoscenza del fatto che condividiamo appieno la lettera di critica che il collega Marcello Cini Le ha indirizzato sulla stampa a proposito della sconcertante iniziativa che prevedeva l'intervento di papa Benedetto XVI all'Inaugurazione dell'Anno Accademico alla Sapienza. Nulla da aggiungere agli argomenti di Cini, salvo un particolare. Il 15 marzo 1990, ancora cardinale, in un discorso nella città di Parma, Joseph Ratzinger ha ripreso un'affermazione di Feyerabend: "All'epoca di Galileo la Chiesa rimase molto più fedele alla ragione dello stesso Galileo. Il processo contro Galileo fu ragionevole e giusto". Sono parole che, in quanto scienziati fedeli alla ragione e in quanto docenti che dedicano la loro vita all'avanzamento e alla diffusione delle conoscenze, ci offendono e ci umiliano.
In nome della laicità della scienza e della cultura e nel rispetto di questo nostro Ateneo aperto a docenti e studenti di ogni credo e di ogni ideologia, auspichiamo che l'incongruo evento possa ancora essere annullato"((14 gennaio 2008).
Laicita' e laicismo nello Stato
"La scienza senza la religione è zoppa. La religione senza la scienza è cieca". Così diceva lo scienziato Albert Einstein. Non di questo avviso alcuni faziosi laicisti, professori e studenti dell'università "La Sapienza" di Roma, che hanno protestato e quindi fatto annullare la visita di Papa Benedetto XVI all'Ateneo romano in occasione dell'apertura dell'anno accademico. Evidentemente improntato già in partenza ad un estremo laicismo fondamentalista che nulla ha a che fare con la virtù che dà il nome alla loro Università. Meglio chiarire la differenza tra laicità e laicismo...
Laicità. Il termine laico deriva dal greco. "Laòs" è il popolo. "Laikòs" significa popolare. Oggi questo termine è diventato lo scudo di una "cultura" che vorrebbe mettere la religione e le sue tradizioni da una parte e il vivere democratico e civile dall'altra. Ma è questa la laicità? Si rivendica una libertà di coscienza del cittadino, che deve sentirsi a suo agio in uno stato che non impone alcuna visione religiosa, non avvalla alcuna regola morale, prende le distanze da tradizioni e costumi religiosi, quasi che la cultura di un popolo non ne fosse profondamente e immancabilmente intrisa. Emile Durkheim, padre della moderna sociologia, scriveva: "Non esiste una società conosciuta, senza religione. La religione ha dato tutto ciò che è essenziale allo sviluppo della società". Ma anche Frèderic Le Play: "I popoli vivono delle loro credenze e muoiono delle loro incredulità".
Cos'è la laicità? Esiste un corretto rapporto tra cultura religiosa di un popolo e laicità di uno stato? Non esistono popoli atei. Non esistono popoli senza una tradizione religiosa. Vi sono oggi solo alcuni stati in cui la legge religiosa equivale quella civile: le teocrazie. In tutti glia altri paesi, le leggi fondamentali sono state scritte basandosi anche sulla cultura religiosa di maggioranza in quello stato. Non sarebbe stata pensabile la carta costituzionale italiana, incomprensibile dalla cultura cattolica. Semplicemente perché la grande maggioranza dei cittadini si riconosce nei valori cristiani. Perché la storia dell'Occidente è stata in larga parte influenzata dal Cristianesimo. Perché la dimensione religiosa è una parte fondamentale della storia degli individui e dei popoli. In un certo senso il contrasto nasce dal fatto che, com'è giusto che sia, esistono stati laici, ma non esistono popoli laici. Vi è una minoranza di cittadini non religiosi (o di altre religioni) che deve sentirsi a proprio agio in uno stato democratico, ma sempre in un paese che trova il suo collante anche e forse soprattutto nelle tradizioni e nella cultura religiosa della sua storia. Non è un caso che su più di sei miliardi di individui nel mondo oggi stime attendibili parlino di qualche centinaio di milioni di atei o agnostici, ben al di sotto del quindici per cento dell'umanità.
Un laico non è quindi un oppositore della religione, né si sente minacciato dalla naturale e inevitabile religiosità del suo popolo. La laicità non è opposta alla cultura religiosa. Uno stato laico deve tenere conto della sua tradizione religiosa.
Stato laico non vuol dire stato ateo e nemmeno stato antireligioso. Uno stato laico garantisce le libertà religiose. Ha una cultura religiosa che nasce dalla sua storia e nella quale si riconosce la quasi totalità dei suoi cittadini. Non è realistico pensare all'Italia come ad un Paese non cattolico. E' impensabile guardare all'Occidente senza comprendere la storia del Cristianesimo. Uno stato laico non ha leggi basate sulla religione. Se così fosse, tutti i peccati, ad esempio, della morale cattolica, sarebbero automaticamente reati. Infatti, divorzio, adulterio, aborto, rapporti sessuali prematrimoniali non sono reati. Mentre tutti i reati sono anche peccato perché si oppongono alla visione morale, quella cattolica, che forma il tessuto culturale e sociale del nostro Paese. I valori laici e quelli cattolici possono convergere, ma è illusorio pensare che i "valori laici" in un Paese di cultura cattolica non abbiano nulla a che fare, anche a livello di formazione, con quest'ultima. In altre parole, il cattolicesimo ha generato anche valori che qualcuno ritiene "laici". E così in qualsiasi altro paese al mondo, non essendoci, società e popoli atei. Se il nostro Paese crede nel dialogo e nella tolleranza, molto appartiene alle radici della cultura cattolica.
E' difficile dare una definizione del laicismo, poiché esso esprime uno stato d'animo complesso e presenta una multiforme varietà di posizioni. Tuttavia in esso è possibile identificare una linea costante, che potrebbe essere così definita: una tendenza o, meglio ancora, una mentalità di opposizione sistematica ed allarmistica verso ogni influsso che possa esercitare la religione in genere e la gerarchia cattolica in particolare sugli uomini, sulle loro attività ed istituzioni(in Italia).
Si è così di fronte ad una concezione puramente naturalistica della vita dove i valori religiosi o sono esplicitamente rifiutati o vengono relegati nel chiuso recinto delle coscienze e nella devota penombra dei templi, senza alcun diritto a penetrare ed influenzare la vita pubblica dell'uomo (la sua attività filosofica, giuridica, scientifica, artistica, economica, sociale, politica, ecc.: ma l'uomo e la donna non sono robot programmati).
Vi è così un laicismo che si identifica in pratica con l'ateismo. Esso nega Dio, si oppone apertamente ad ogni forma di religione, vanifica tutto nella sfera dell'immanenza umana. Il marxismo è su questa posizione né è il caso che ci diffonda ad illustrarlo.
Abbiamo, poi, un'espressione meno radicale, ma più comune, di laicismo, che ammette Dio e il fatto religioso, ma rifiuta di accettare l'ordine soprannaturale come realtà viva ed operante nella storia umana. Nell'edificazione della città terrestre intende prescindere completamente dai dettami della rivelazione cristiana, nega alla Chiesa una missione spirituale orientatrice, illuminatrice, vivificatrice nell'ordine temporale.
Le credenze religiose sono, secondo questo laicismo, un fatto di natura esclusivamente privata; per la vita pubblica non esisterebbe che l'uomo nella sua condizione puramente naturale, é totalmente disancorato da un qualsiasi rapporto con un ordine soprannaturale di verità e di moralità. Il credente è perciò libero di professare nella sua vita privata le idee in cui crede. Se, però, la sua fede religiosa, uscendo dall'ambito della pratica individuale, tenta di tradursi in azione concreta e coerente per informare ai dettami del Vangelo anche la sua vita pubblica e sociale, allora si grida allo scandalo come se ciò costituisse una inammissibile pretesa.
Alla Chiesa si riconosce, tutt'al più, un potere indipendente e sovrano nello svolgimento della sua attività specificamente religiosa avente uno scopo immediatamente soprannaturale (atti di culto, amministrazione dei sacramenti, predicazione della dottrina rivelata, ecc.). Ma si contesta ad essa ogni diritto di intervenire nella vita pubblica dell'uomo poiché questa godrebbe di una piena autonomia giuridica e morale, né potrebbe accettare dipendenza alcuna o anche solo ispirazione da esterne dottrine religiose.
Agli antipodi del pensiero cattolico
Non si confutano tali affermazioni, che sono in contrasto con la dottrina cattolica. Praticamente si nega o si prescinde dal fatto storico della rivelazione; si misconosce la natura e la missione salvifica della Chiesa; si tenta di frantumare l'unità di vita del cristiano, nel quale è assurdo voler scindere la vita privata da quella pubblica; si abbandona la determinazione della verità e dell'errore, del bene e del male all'arbitrio del singolo o delle collettività, aprendo così la strada alle aberrazioni individuali e sociali, di cui - purtroppo - i nostri ultimi decenni hanno offerto testimonianze atroci.
Il fenomeno laicista affonda le sue radici in un contrasto sostanziale di principi. Non si esaurisce nel fatto politico contingente, anche se preferisce sviluppare soprattutto su questo terreno la sua quotidiana polemica contro la Chiesa. Nella sua accezione più conseguente, esso è una concezione della vita che è agli antipodi di quella cristiana.
Una sottile corrosione dell'anima cattolica del paese
Il pericolo insito in questo errore è oggi accentuato da due fatti. Innanzi tutto il laicismo, nell'odierna situazione italiana, evita generalmente gli atteggiamenti plateali e massicci del vecchio anticlericalismo ottocentesco. Il più scaltrito, più duttile, più lucido ed aggiornato alle tecniche del tempo. Più che aggredire direttamente preferisce l'insinuazione critica sottile, più che la discussione diretta preferisce la battuta di spirito e lo scherno, più che l'attacco alle idee preferisce l'utilizzazione delle debolezze degli uomini, più che le spettacolari chiassate di piazza preferisce l'appiglio d'una certa severità culturale.
Anche quando attacca la Chiesa si sforza di ammantarsi di nobili motivi: vorrebbe svincolarla da ogni "compromissione" temporale, purificarla da ogni "contaminazione" mondana e politica, metterla al passo dei tempi e svecchiare le sue interne strutture, affinché, libera e ringiovanita, possa tornare ad esercitare il suo sovrano ministero spirituale sulle anime.
A ciò s'aggiunge un altro fattore apprezzabile: il laicismo sfugge a posizioni dottrinali precise. Come tutti gli errori di oggi preferisce l'indeterminatezza e la imprecisione degli atteggiamenti. Fa leva soprattutto su impressioni, su sentimenti e risentimenti, su stati d'animo. Ciò è dovuto a volte alla superficialità delle sue idee, ma spesso obbedisce ad un preciso calcolo. Ama giocare sull'equivoco per raggiungere i propri scopi senza suscitare eccessive reazioni, soprattutto in quella parte dell'opinione pubblica ancora legata - in qualche modo - alla religione e alla morale cristiana. Si mimetizza per operare indisturbato in modo da creare gradualmente un clima di pensiero e di vita disancorato da ogni riferimento soprannaturale ed aperto alle avventure intellettuali e morali.
Questi fatti rendono l'insidia molto più grave, perché, sotto l'apparente rispetto per la fede religiosa del popolo, può essere gradualmente e insensibilmente consumata un'opera di sistematica corrosione dell'anima cattolica del paese.
Le manifestazioni più ricorrenti
Che alla base dell'odierno atteggiamento laicista vi sia un profondo contrasto di natura religiosa, lo dimostra anche uno sguardo - sia pure sommario - dato alle più recenti manifestazioni di esso, le quali possono essere così brevemente delineate:
a) critiche astiose, anche se talvolta espresse in forma di apparente rispetto, per ogni intervento del magistero ecclesiastico, ogni qualvolta esso, dal piano dei principi, scende alle applicazioni pratiche; allarme e rifiuto dell'intervento della Chiesa e della sua gerarchia perfino in fatto di pubblica moralità;
b)insofferenza e diffidenza, se non aperta ostilità, verso tutto ciò che è espressione del pensiero e della vita dei cattolici nel paese, verso ciò che indica una loro presenza ed influenza nei diversi settori della vita pubblica;
c) compiaciuta pubblicità data ad episodi di immancabili deficienze e di presunti scandali nel clero e nel laicato cattolico organizzato; travisamento sistematico delle finalità che animano opere cattoliche di assistenza, di carità, di educazione…;
d) compiacente appoggio dato ad ogni tentativo tendente ad introdurre nella legislazione italiana oltre al divorzio e l'aborto, anche famiglie omosessuali e altro.
e) aspri attacchi contro la libertà della scuola non statale e continue accuse ai cattolici di voler sabotare la scuola statale.
f) Scandalo e proteste per ogni partecipazione delle pubbliche autorità a manifestazioni religiose o ad atti di omaggio al papa, nel quale si vuol vedere soltanto il sovrano della Città del Vaticano, con cui trattare da pari a pari.
g)Incapacità a comprendere nel loro significato religioso gli interventi della Chiesa e della sua gerarchia, intesi ad orientare i cattolici nella vita pubblica, a richiamarli - nel momento attuale - al dovere dell'unità, e a metterli in guardia contro ideologie che, prima di essere aberrazioni politiche e sociali, sono autentiche eresie religiose.
Da questi brevi cenni risulta evidente la gravità degli errori diffusi sotto l'etichetta del laicismo.
La Chiesa non ha alcun interesse a riaprire antichi dissidi, né desidera che i cattolici si lascino trascinare su un campo di sterili polemiche, le quali servirebbero soltanto a disgregare la spirituale compagine delle nazioni e a distrarli dal duro, positivo impegno quotidiano di edificazione di una società più giusta e più capace di risolvere i problemi concreti ed urgenti della vita del nostro popolo.
Tuttavia non può restare indifferente di fronte a questi attacchi, che investono la sostanza della sua dottrina. Tradirebbe la sua missione e aprirebbe la strada a facili disorientamenti nelle anime ad essa affidate.
Il laicismo nel mondo cattolico
Vi è un altro problema da chiarire: il pericolo che l'idea laicista s'infiltri insensibilmente anche tra le file del clero e del laicato cattolico. L'errore è così radicato nel clima culturale e sociale, che si respira, da rappresentare un'insidia per tutti. Nel laicato cattolico la mentalità laicista può dar luogo a facili tentazioni, di cui si enumerano le principali:
a) tendenza, in nome di una ormai raggiunta maggiore età, a sottrarsi all'influenza ed alla guida della gerarchia e del clero, nella persuasione che solo così il laicato possa acquistare piena consapevolezza e completa cittadinanza nella società religiosa, come in quella civile;
b) la tendenza a sottovalutare o a mettere in dubbio la capacità del messaggio cristiano a risolvere i problemi sociali del mondo d'oggi, perché la Chiesa avrebbe una visione troppo trascendente dei problemi umani; perché la sua attività magisteriale si fermerebbe solo alla enunciazione di principi generici; perché essa, nella necessità di mediare fra le forze destinate al declino e quelle che si affacciano all'orizzonte, mancherebbe di coraggio e di audacia nell'affrontare la ruvida realtà di questo mondo in drammatica evoluzione;
c) la tendenza a indulgere a forme di amara polemica interna e a preoccuparsi più dell'apertura verso il mondo esterno che della fraterna carità e dell'unità di spirito con coloro che - nonostante inevitabili deficienze e lacune lavorano e soffrono al proprio fianco;
d) la tendenza ad opporre la Chiesa carismatica alla Chiesa gerarchica, le interiori ispirazioni del cuore all'ordine esterno della disciplina, nella persuasione che sia doveroso scindere le espressioni visibili del cristianesimo da quella che è la sua sostanza profonda soprannaturale; che basti per tutto la carità, fuori di ogni impalcatura giuridica;
e) la tendenza ad equiparare il laico al sacerdote, affermando una insostituibile complementarità e parallelismo di funzioni e di poteri, e attenuando, fino quasi a distruggerla, la differenza che esiste fra il sacerdozio generico che possiede ogni cristiano - in quanto membro del corpo mistico di Cristo sommo sacerdote - e il sacerdozio propriamente detto, fondato sul carattere sacramentale ricevuto nell'ordinazione.
In ogni caso, sia i cristiani che i laici debbano tenere presente che le legislazioni dei Paesi europei hanno dimostrato che è possibile trovare, nel rispetto delle tradizioni culturali, soluzioni avanzate a garanzia della libertà dei cittadini. Soltanto così una democrazia diventa piena in quanto si misura con il multiculturalismo etnico e o religioso, proprio delle società moderne
E voglio anche riportare un passo di Guardini: Per crescere e imparare a vivere con gli altri, l'uomo non ha tanto bisogno di cataloghi di buone regole, saggi consigli, e quando accade, anche qualche divieto, ma ha soprattutto bisogno di essere provocato, aiutato da qualcosa di diverso da lui, di oggettivo da qualcosa che incontra e che rende percepibile la coscienza della corrispondenza, del fatto in cui ci si imbatte, e il significato che assume nella propria esistenza.
E anche un verso di una poesia di Visar Jiiti " Il lustra scarpe":
"Io non vado mai a lucidare le scarpe da un lustra scarpe perché non voglio vedere l'umanità ai miei piedi".
Maria de Falco Marotta