VADE RETRO PAPA 6 (16.1.08): "LA SAPIENZA E L'ARTICOLO 21 DELLA COSTITUZIONE
Non conosco molto le procedure o i protocolli che presiedono alla apertura dell'anno accademico di una Università, quindi non so cosa contestare a quanti hanno sostenuto "non congruamente opportuna" (affermazione contenuta nella lettera dei 67 professori universitari) la presenza del Papa all'inaugurazione dell'anno accademico 2007 - 2008 dell'università La Sapienza di Roma.
Per la verità, nell'articolo del professor Marcello Cini pubblicato sulla Stampa, si affermava che la visita di Papa Ratzinger fosse da ritenersi un evento incongruo (cioè non conveniente e come tale da annullare) in quanto contrario alla linea di laicità che deve essere propria di tutte le sedi scientifiche, ma la sostanza non cambia.
Ciò che cambia, invece, nel panorama più ampio del confronto e della libertà di esprimere le proprie idee, così come garantito dall'Art. 21 della Costituzione, è questo affermarsi di volontà espresse da minoranze (67 su oltre 4.000 docenti, più uno sparuto gruppo di studenti), nell'opporsi al dialogo e nel contrastare ogni forma democratica di civile contraddittorio tra pareri, tesi e opinioni.
E' quel "incongruo" che mi suona male, perché non da da capire a chi non conviene o non conveniva che il Papa fosse presente alla cerimonia. Non conveniva forse al buon nome dell'Italia? A quello delle Università italiane? Non conveniva al mondo accademico della cultura?, dell'arte, della scienza? O magari non conveniva al prestigio dell'Italia nel momento in cui ha vinto la battaglia all'ONU sulla moratoria della pena di morte?
Devo concludere che forse non conveniva a quella sparuta minoranza di esagitati, professori e studenti dimentichi che la loro libertà (di dissentire in modo così plateale in quel contesto) è garantita proprio dalla Carta Costituzionale (che loro pare ignorassero) che quest'anno compie il suo sessantesimo genetliaco; forse a loro non conveniva avere l'incontro con il Papa perché poteva rappresentare un momento importante di riflessione per tutti su problemi etici e civili, quale l'abolizione della pena di morte (tema a cui la cerimonia era ispirata) perché avrebbe messo in luce la debolezza scientifica e intellettuale del loro argomentare.
Devo però aggiungere, alle critiche sopraesposte, che mi sono piaciute poco anche alcune reazioni sia del mondo politico che di quello ecclesiale. Il clamore suscitato dall'increscioso episodio, com'era da immaginare ha sollevato inevitabili strumentalizzazioni, per un verso di talune parti politiche, portando acqua al mulino di chi non perde occasioni per attaccare la coalizione governativa di centro - sinistra e, per l'altro, alimentando arcaiche e mai sopite contrapposizioni di sapore medioevale e tardo rinascimentale.
Secondo il mio modesto parere anche l'ambiente ecclesiale ha qualche mancanza (e lo dico da credente convinto). Qualcuno (in Curia) ha male consigliato il Santo Padre a non recarsi a quell'appuntamento e a declinare l'invito del rettore. Il Pontefice, secondo me doveva recarsi in Università e affrontare con umiltà e coraggio la situazione. Doveva affrontare la contestazione con serenità e fermezza perché dopo aver letto il pregevole testo del suo intervento (pubblicato in seguito dai Mass-media) i facinorosi presenti alla assemblea avrebbero avuto poco o nulla da contestare. E comunque il Papa avrebbe suscitato e raccolto la convinta solidarietà di tutti, laici e credenti, non solo del mondo cattolico.
Forse la gerarchia anziché alimentare contrapposizioni e organizzare adunate in difesa del Papa, in questo difficile e delicato momento farebbe meglio a dare un esempio di umiltà e carità Cristiana, abbassando i toni e cercando di smorzare i vari focolai di polemica spiegando e aiutando le donne e gli uomini a capire il significato del prezioso e incontestabile contenuto del Suo messaggio. Quel messaggio che avrebbe dovuto e potuto leggere all'inaugurazione dell'anno accademico.
Mi si perdoni l'accostamento, se ricordo l'episodio della contestazione a Luciano Lama, allora segretario generale della CGIL quando, in dissenso con il parere di alcuni suoi colleghi di segreteria volle recarsi ugualmente alla Sapienza di Roma il 17 febbraio 1977, sapendo di essere aspramente contestato dagli studenti. Anche altri sindacalisti, in tempi remoti e più recenti, come Pierre Carniti e Savino Pezzotta, pur sapendo e conoscendo gli umori della piazza non rinunciarono al pubblico confronto. Ci andarono, rispettando la loro e altrui libertà secondo la Costituzione, e si confrontarono; raccolsero lazzi, fischi e anche qualche bullone in faccia, ma ebbero in cambio l'applauso e la solidarietà piena della maggioranza degli astanti, e quella di amici, colleghi, avversari e soprattutto di lavoratori. Alla fine la loro linea politica, unitamente a quella delle loro persone, ne uscì vincente e limpida, e ora è consegnata alla storia. Di questo ne devono tener conto tutti: politici, amministratori, ecclesiastici, magistrati, imprenditori, lavoratrici e lavoratori. Amen. Valerio Dalle Grave