APRICAinf - Inverno record in Valtellina: mai vista tanta neve da 40 anni a questa parte

Ma non doveva non nevicare più? Antonio Stefanini

Aprica, 9 marzo 2006. Un pesante e compatto spessore del manto nevoso che va dai 90 centimetri a valle ai circa due metri in quota, equivalenti, rispettivamente, a tre-quattro metri di successivi accumuli. È questa la situazione dell’innevamento a metà marzo 2006 sulle Alpi centrali, tra la stazione sciistica valtellinese di Aprica e quella camuna di Córteno Golgi.

Una stagione invernale magnifica che dura da più di tre mesi, piste da discesa e fondo in perfette condizioni già alle soglie della primavera, temperature né troppo gelide né calde, ambiente naturale favoloso per gli amanti delle caspole o degli sci da escursionismo-alpinismo. E gran lavoro degli spalaneve, che, nei luoghi dove si svolge la vita civile montana, non sanno letteralmente più dove e come ammucchiarla. È forse il solo vero problema di questo inverno 2005/2006, che seppur preceduto da altri non proprio avari di bianca materia prima, non erano certo stati altrettanto prodighi. Noi non ne ricordiamo uno simile dagli anni ’60.

Eppure risuonano ancora nell’aria (e negli orecchi di molti) le cupe profezie pronunciate solo poche stagioni orsono da Soloni non meglio identificati e identificabili, riuniti in pretesi consessi scientifici a cadenze ravvicinate, che pronosticavano la fine a breve termine delle precipitazioni nevose proprio sulle nostre montagne.

Come allora denunciammo la sospetta frequenza e gravità degli allarmi (qualcuno ipotizzò lanciati ad arte allo scopo di orientare i finanziamenti pubblici su poche stazioni “alte”), non possiamo non rimarcare ora l’erroneità di quelle previsioni e stigmatizzare la fallibilità della “scienza” asservita a meschini interessi immediati, fossero pure solo propagandistici.

Non che si voglia contestare la fondatezza di alcune macro-tendenze climatiche planetarie e la necessità di profonde rettifiche nei comportamenti umani, ma da qui a ipotizzare che su Alpi e Prealpi Orobie non nevicherà più – come conclusero esplicitamente le strane ricerche citate – corre probabilmente la distanza di una nuova mini glaciazione. Come qualche altro Solone preconizza.

Tanta neve, alcuni quintali di peso per metro cubo, magari a strati solo relativamente coesi: forte rischio di valanghe, potrebbe dedurre a ragione l’esperto. Invece non è così, perlomeno in senso assoluto. Perché anche in questo caso viene fuori il grande vantaggio delle stazioni sciistiche a quota medio-alta come le nostre, dove le piste non corrono praticamente mai su grandi spazi privi di vegetazione ad alto fusto, quelli dove sì è forte il rischio di tragici distacchi nevosi.

Dal Monte Filone al Pasò, dal Palabione al Baradello, che pur sono dotati di prudenziali paravalanghe, valli deviatori e gaz-ex, raramente si staccano infatti valanghe. E quando accade sono sempre di piccole dimensioni, subito interrotte dalle opere di protezione e dai boschi immediatamente sottostanti.

Volete mettere sciare protetti e riparati da rassicuranti foreste di abeti e larici, piuttosto che su pendii aperti e battuti dal vento?

Antonio Stefanini
Dalla provincia