MOSTRE. IL CANTORE DELLA VALTELLINA 12.5.10.58
Importante mostra a Palazzo Pretorio di Chiavenna del pittore valtellinese Riccardo Rinaldi dal 12 al 27 maggio. Tiranese di nascita, classe '47, Rinaldi nasce pittore. Già, perché l'artista si annida nel cuore dell'uomo sin dal primo battito del suo cuore. E Rinaldi fin dalla più tenera infanzia impara l'abbecedario della pittura dilettandosi a copiare le prime figure del sillabario scolastico. Il regalo più bello della sua vita è una scatola di matite karandash comprate nella vicina Svizzera da mamma Gina, che stimolarono la sua prodiga creatività. Emblematica poi la sua "fuga" dal gruppo di scolari in gita al Sacro Monte di Varallo,con grande disappunto e preoccupazione dei docenti che lo trovano infine, affascinato da un'esposizione di quadri nella piazza sottostante all'imponente statua del San Carlone. E certamente ci mette del suo anche il buon parroco di Cologna, Don Siro Cabello, che lo indirizza alle scuole "Industriali" al collegio di Colle Don Bosco nell'Astigiano dove il piccolo Riccardo si avvicina alla tipografia e alla litografia e impara i primi rudimenti pittorici dal suo professore di disegno che amava condurre i collegiali durante la colonia estiva a Prato di Cuneo, a contatto diretto con una natura da ritrarre. La sua prima occupazione al Corriere del Ticino come linotipista, specializzato in composizione pubblicitaria, poi la parentesi del servizio militare, prima a Peschiera del Garda e poi a Verona, dove scopre la redditività del suo talento artistico vendendo innumerevoli quadri a tutto l'entourage militare. "Con i gradi di caporal maggiore e qualche "consegna di troppo" mi ero quasi arricchito", dice con malcelata enfasi Rinaldi che, tornato a Tirano, si accasa sposandosi e aprendo un negozio di alimentari con il piano superiore zeppo di quadri in esposizione. La sua prima mostra ad Aprica nel '69 è un grande successo: 30 quadri, tutti venduti in un battibaleno. Importante l'incontro con il pittore Alfio Presotto che lo indirizza verso la paesaggistica valtellinese con le sue contrade, i muri sbrecciati di case cadenti, il muschio e la vegetazione dei boschi nello scorrere delle stagioni, la magia di antiche contrade come Derada o Musciano. Poi il boom che lo consacra artista doc in un'esposizione che diventa annuale al Palazzo della Provincia, con l'assalto dei mercanti che avrebbero venduto poi le sue tele in ogni angolo del mondo. Parabola crescente, quella di Rinaldi, imitato da tanti, ma con scarsi risultati. Qualche anno fa, passando lungo i navigli, era stato attratto da un quadro autunnale familiare. Gli era da subito sembrato suo, ma poi, avvicinandosi, si era accorto della disarmonia delle forme, delle dimensioni irreali degli alberi e della superficiale cura della resa cromatica.
"La mia elaborazione del colore a strati, soprattutto a colpi di spatola, è molto elaborata, e lavorare di tavolozza senza "sporcare" i colori è maledettamente difficile. Giocare con le ombre lunghe rinunciando alle terre d'ombra bruciate o col nero, ricorrendo più ai blu o ai violetti per cogliere le atmosfere notturne, è una scelta dovuta. Noi, purtroppo, siamo poveri di scuola perché le accademie non sono le botteghe artigianali di un tempo in cui si rubava il mestiere. Se avessi frequentato Brera forse sarei un bravo professore di Disegno, non un pittore. Ma solo il fuoco sacro della passione sa svelare la grande emozione di trovarsi dinanzi ad un'opera compiuta".
Cantore dei cieli, delle acque e delle terre di Valtellina, Rinaldi, con i suoi paesaggi incantati, i suoi inimitabili notturni in cui basta uno spicchio di puro arancio per far intuire l'uomo, la famiglia, con il fuoco acceso nel camino, mentre lontano la luna vellica le cime maestose in un biancore irreale. Una Valtellina mitica, viva e parimente decadente coi i muri sbrecciati di casupole cadenti, i gradini aggrediti dal muschio, le finestre sventrate da cui dilagano sciabolate di luce, oppure con le atmosfere crepuscolari di tramonti infiniti, la solarità incorrotta delle sue primavere vestite di bianco e d'azzurro, di glicine e tarassaco in fiore. O ancora nei preludi gaudenti della calda stagione che volge al declino. Rinaldi sa sempre cogliere le luci e i colori nelle istantanee di un album divino che rinnova il suo canto ad ogni nuova stagione.
Nello Colombo