LA CRISI VISTA DA SONDRIO: 3) LA TERZA VIA. DAL CILE (POLITICA) ALLA FINANZA

La terza via in politica - Terza via indispensabile, nella politica come nell'economia - Tremonti premonitore - L'unto del Signore

In questi giorni di tsunami finanziario un amico ha ricordato alcune nostre prese di posizione, anzi di distanza, rispetto all'andazzo dominante nell'economia mondiale sempre più finanza e sempre meno economia, sempre più - sia consentito - "pallonata" e sempre meno coniugazione di olio di gomito, e se non olio di gomito spremitura di cervello, e di intraprendenza concreta, sempre più "tempo reale" con i suoi indici e le sue tabelle e sempre meno statistiche di produzione, analisi costi/benefici, fatturato e via dicendo.

In effetti dovremmo andare molto lontano, ad una analisi che risale al 1964 e ad un Paese lontanissimo da noi, il Cile. In quell'anno, mentre si fronteggiano una destra conservatrice e una sinistra abbastanza massimalista vince le elezioni il democristiano Eduardo Frei Montalva, con l'apporto di un grande personaggio, poco tempo prima venuto anche a Sondrio e a San Rocco, cioè a casa sua essendo entrato nella Congregazione di Don Bosco dopo aver conseguito la laurea in legge venendo consacrato sacerdote a Torino a 31 anni, il cardinale Raùl Silva Henríquez. Arcivescovo di Santiago dal 1961, e l'anno dopo cardinale, operò per il suo Paese in primo luogo per i diritti umani, persino nel tempo di Pinochet, sostenendo le vittime del regime di Pinochet. Era, come scrivemmo sul Corriere della Valtellina, un'indicazione di marcia per il continente sudamericano, la TERZA VIA. Gli effetti positivi si fecero sentire subito anche se questa terza via nei sei anni del suo mandato caratterizzati da un riformismo intelligente a 360° in tutti i settori ed in particolare del sociale, ispirato alla dottrina sociale della Chiesa, non andava bene né alla destra né alla sinistra. Destra e sinistra coalizzate contro la DC, vince le elezioni Salvator Allende. Non le vince, nel senso che arriva primo ma con il 36,3% poco di più del candidato della destra Alessandri (27,4) e di quello della DC Tomic (27,4). La DC rispetta il verdetto popolare e in Parlamento nel ballottaggio fra i primi due vota Allende. La sua tragica fine ha messo in secondo piano il fallimento della sua politica - osteggiata in misura durissima dall'Amministrazione Nixon -, con risultati spaventosamente negativi per il Cile sino ad arrivare nel 1972 in un Paese solo lungo e per oltre 4000 km ad uno sciopero ad oltranza dei camionisti, linfa vitale dell'economia ma della vita stessa dei cileni. Sciopero non politico ma per i provvedimenti governativi a carico dei camionisti. Cos'era successo: il socialista Allende era sempre più condizionato dalla sinistra popolare, da quella isquierda che aveva portato il massimalismo ad estremi livelli, di fatto verso un Castrismo come un intero mese di visita ufficiale di Fidel Castro aveva dimostrato. Su un piatto d'argento un'occasione d'oro per la destra reazionaria con il risultato che l'11 settembre - giorno doppiamente funesto - c'è il colpo di Stato, ma la destra viene fregata su tutta la linea. Il potere nona lei ma a Pinochet, che se lo terrà stretto sino al plebiscito del 1989 quando sorprendentemente fu battuto.

La terza via.

Cosa c'entra tutto questo?

C'entra e come.

Terza via indispensabile, nella politica come nell'economia

Nella politica come nell'economia la terza via è assolutamente indispensabile.

In una intervista di una pagina fattami da "Il Giorno" in data 18.2.2006 testualmente dichiaravo "Dopo la truffa del marxismo, LA NEFASTA UBRIACATURA DI LIBERISMO, l'umanità si salva solo con la terza via. Quella scelta dalla DC seguendo l'ispirazione venuta dalla cattedra di Pietro e, con questo, senza escludere l'apporto di altre culture".

E' solo una delle autocitazioni possibili su questo argomento. Ce ne sono però di molto più autorevoli delle mie. Continuo a citare il convalligiano Tremonti (senza dimenticare altri autorevoli valtellinesi, ma Ministro dell'Economia è lui…).

Tremonti premonitore

Il 20 luglio scorso, sempre sul quotidiano "Il Giorno", rubrica "Bollettino finanziario" a cura di Alberto Mazzucatestualmente si leggeva:

"…il più chiaro di tutti è Giulio Tremonti, il Ministro dell'Economia nel Governo Berlusconi. Mercoledì 15 luglio, discutendo a Palazzp Chigi con i governatori delle Regioni sul futuro del Fondo sanitario nazionale e dei ticket sulle visite specialistiche, Tremonti affermaad un certo punto: 'Il mondo è cambiato, ci stiamo avvicinando ad una crisi che somiglia a quella del 1929'. Gelo generale. Perché Tremonti dice ancora ai vari Governatori, da Vasco Errani a Roberto Formigoni: 'Quando uscirete da qui accendete la tivù. Vedrete le immagini dei cittadini americani in fila davanti alle banche per ritirare dai conti correnti i risparmi. Siamo all'inizio del crollo e, mentre sìavvicina, noi stiamo discutendo attorno a un miliardo di €uro per la sanità'. Come dire: testa sul collo… ".

Ricordiamo i commenti, qualcuno anche sarcastico.

Viene in mente gli sprovveduti della Palude, Rivoluzione francese, del cui comportamento qualcuno ha detto: "la storia passava davanti a loro e loro non se ne accorgevano".

Erano in tanti, Tremonti no, in quel momento "Palude". Partiamo dall'alto.

L'unto del Signore

Ci è parsa d'interesse una nota di Giuseppe De Filippi da cui stralciamo alcuni passi.

"Alessandro Profumo, amministratore delegato di Unicredit, è un bravissimo banchiere quando le cose vanno bene. È meno bravo quando cominciano i guai…"

"In questi giorni … è venuto meno a una norma di comportamento che aveva sempre osservato (quando le cose andavano bene), cioè alla norma che prescrive di indicare i propri obiettivi, di prendere impegni per raggiungerli e poi di mantenersi agganciato a quegli impegni…"

"Pochi giorni fa, mentre continuava a negare la gravità della situazione della banca da lui guidata è andato contro il comune sentire del mercato, ripetendo, più volte, che il suo gruppo non lamentava alcuna criticità sostanziale e che non ci sarebbe stato bisogno di un aumento di capitale… le condizioni della cassa e del patrimonio non destavano preoccupazioni…".

"Poi… sono cominciate precisazioni. Fino ad arrivare a marce indietro vere e proprie rispetto alle prima baldanzose dichiarazioni…

«Siamo nel pieno di una crisi che non ha precedenti dal 1929», ha detto come premessa al suo ragionamento. Per poi dire che in questa temperie le banche hanno «maggior bisogno di capitale». Non proprio tutte le banche, verrebbe da dire, ma certamente la sua. E tutto ciò malgrado il banchiere abbia negato ancora pochi giorno orsono la necessità di procedere a un aumento di capitale (salvo poi votarne uno mascherato attraverso il passaggio del conferimento in azioni del dividendo ai soci)".

"… «abbiamo sottovalutato le condizioni del mercato». …non sembra particolarmente elegante per un capo-azienda che si è sempre distinto per la capacità e la volontà di prendere decisioni in piena autonomia".

Stiamo parlando del n. 1 della prima banca italiana.

E' vero che De Filippi scrive anche "Gli errori lasciano sempre un segno nel mondo bancario. Profumo ne ha commessi e ieri lo ha anche ammesso. Non ora, non in questo momento iperconcitato dei mercati finanziari, ma il conto arriverà".

E, su "La Stampa" Francesco Manacorda: "«Mistakes», errori. Alle otto e 28 di ieri mattina, arrivato alla decima pagina della sua presentazione agli analisti, Alessandro Profumo pronuncia la parola finora tabù. Ci è assolutamente chiaro che abbiamo fatto alcuni errori nel valutare lo scenario di mercato». Così il resto della giornata - mentre il titolo prima crolla fragorosamente sotto il peso dei 6,6 miliardi di un aumento di capitale negato fino all'ultimo e poi contiene le perdite mentre attorno s'inabissano i listini di tutto il mondo - assume i contorni di un'inedita seduta di autocritica bancaria. Un'immagine che cozza davvero con l'iconografia classica del banchiere che non deve mai chiedere scusa. E dunque, «col senno di poi forse sarebbe stato meglio aspettare», per alcune acquisizioni che spaziano dall'esotico Kazakistan alla casalinga Capitalia, pagate alle valutazioni massime. E dunque, «abbiamo sottovalutato la lunghezza e la profondità della crisi».

Autocritica, ma niente dimissioni. … Così ieri l'amministratore delegato della più grande banca italiana ha archiviato con sicurezza la questione. «E' un rumor che è circolato, MA NON RIESCO A CAPIRNE IL MOTIVO. Io credo che sia molto importante che continui a lavorare ancora per la mia gente»." L'unto del Signore, insomma…

Visto che non riesce a capire il motivo glielo suggeriamo noi. Bastava che il 20 luglio facesse tesoro di quel che aveva dichiarato il Ministro dell'Economia Tremonti. Non l'ha fatto? A casa. E' quello che dice la gente. Ma lui non la sente.

f.

f.
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