09 10 08 (aggiornamento) PERCHE' "POLITICA" LA SENTENZA DELLA CONSULTA E IN CHE MISURA - MALTRATTATO IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA - L'ERRORE, GRAVE, DI BERLUSCONI - ADESSO A CHI TOCCA?

Valutazioni prescindendo dalle posizioni politiche - Un tritasassi sul Presidente della Repubblica - La vera natura politica della sentenza - Grave errore di Berlusconi - E adesso a chi tocca?

Valutazioni prescindendo dalle posizioni politiche

La sentenza, peraltro prevista da molti alla vigilia, della Corte Costituzionale, che ha affossato il Lodo Alfano, è stata considerata una sentenza politica dal centro-destra, una sentenza giusta a sinistra, con qualche dichiarazione imprudente come quella della senatrice Finocchiaro, ex magistrato e persona capace, secondo la quale 'la sentenza della Consulta non fa che accogliere gli stessi rilievi costituzionali che il Pd aveva mosso durante l'esame del lodo Alfano in Parlamento', facendo dire a Gasparri e Quagliariello, che la Corte Costituzionale non ha fatto altro che seguire le indicazioni del PD.

Abbiamo fatto questa citazione non solo per dire che non siamo d'accordo con questa ipotesi dialettica ma per sottolineare ulteriormente la natura 'politica' della sentenza dimostrandolo prescindendo invece dalle posizioni di parte e guardando da un osservatorio esterno da cui si esamina la situazione - ci si creda o meno non importa nulla - con obiettività e si analizzano i fatti secondo logica.

Un tritasassi sul Presidente della Repubblica

La natura 'politica' emerge dal fatto che i nove della Consulta sono passati come un tritasassi sul Presidente della Repubblica Napolitano secondo il lodo Alfano era 'risultato corrispondere ai rilievi formulati' dalla Corte, la quale - osservava sempre il Quirinale - 'non sanci' che la norma di sospensione di quei processi dovesse essere adottata con legge costituzionale', e giudico' 'un interesse apprezzabile' la tutela del bene costituito dalla 'assicurazione del sereno svolgimento delle rilevanti funzioni che ineriscono a quelle cariche'.

Napolitano ha posto la sua firma sul Lodo Alfano approvato dal Parlamento con legge ordinaria che nel 2004 andava bene per la Consulta. Addirittura estensore della sentenza era stato quel giudice che ora presiede la Corte.

I tentativi di riparare quasi puerili. Qualcuno ha tentato di dire che in fin dei conti si tratta solo di un cambio di giurisprudenza (come se i giudici fossero lì con le fette di salame sugli occhi senza valutare come erano andate le cose per il Lodo Schifani) con quale rispetto per la certezza del diritto lasciamo immaginare. Qualcun altro ha detto che in fin dei conti la Corte negli anni ha emesso centinaia di sentenze di annullamento senza con questo che vi fosse una sorta di sgarbo nei confronti del Presidente della Repubblica che con la sua firma aveva promulgato i provvedimenti (paragonare il Lodo Alfano alla sentenza sul regime dei suoli o su qualche ammennicolo del nostro ordinamento se non è strumentale è ridicolo). Cossiga, che di queste cose se ne intende, ha detto nella sua intervista al Corriere "é inutile che i giudici costituzionali si adontino se li si definisce giudici politici".

La vera natura politica della sentenza

Bisogna però capire bene il senso delle cose da cui scaturisce la conclusione della natura politica della sentenza. Dichiarare la illegittimità richiamando l'articolo 138 e quindi ritenendo non valida la legge ordinaria - novità rispetto al 2004 - ha comportato, come si è visto, schiacciare sotto il tritasassi il Presidente della Repubblica. Un prezzo alto dunque, anzi altissimo ma indispensabile per la maggioranza della Corte che così ha deciso.

Se infatti si fosse stati al merito senza tirare in ballo la procedura sarebbe rimasta la censura di costituzionalità di cui all'art. 3 (tutti uguali di fronte alla legge). Con legge ordinaria pertanto (Decreto Legge e successiva conversione in 60 gg.) sarebbe stato possibile varare un provvedimento-ponte escogitato per sopperire al venir meno del Lodo Alfano.

L'avere piazzato, cambiando la propria posizione, il 138 vanifica la possibilità, almeno teorica, di un provvedimento-tampone. La doppia lettura con l'eventuale coda del referendum confermativo porterebbe alle calende greche alle quali non andrebbero di sicuro i processi... Questo il punto cruciale.

Più natura 'politica' di così!!!

Grave errore di Berlusconi

Il Presidente del Consiglio ha sbagliato due volte. L'errore più appariscente quello di attaccarlo per un mancato intervento sui giudici, o parte di essi. Intanto qualcuno sostiene che in realtà Napolitano avrebbe fatto sapere di avere una posizione favorevole al Lodo Alfano, notizia attendibile visto il ruolo da lui giocato al tempo dell'approvazione. Poi, nel merito, se è vero che questi interventi possono anche essere fatti è anche vero che qualora avvengano il requisito è la riservatezza. Da aggiungere infine che il Presidente del Consiglio anche se dovesse pensare a parzialità politica del Presidente della Repubblica al più glielo dice a quattr'occhi ma non deve farlo coram populi di fatto aprendo un conflitto istituzionale.

Quello grande di errore è il secondo relativo a quanto abbiamo esposto prima sull'art. 138 e collegamenti vari.

Berlusconi avrebbe dovuto attaccarsi a questo, difendere il Presidente della Repubblica stritolato dal tritasassi della sentenza, fare la dichiarazione di principio che le sentenze vanno rispettate, il che non impedisce però, democraticamente, di criticarle, dire, come ha detto, di rispettare il voto degli italiani e quindi di continuare al governo del Paese, impegnarsi sulle riforme, quella della giustizia compresa ma non la sola, e subito dopo annunciare di recarsi al Quirinale per conferire con Napolitano.

Non l'ha fatto e ha preso una posizione sbagliata, e costosa.

E adesso a chi tocca?

Il 'grande vecchio' non demorde. Berlusconi non è l'obiettivo, ma uno degli obiettivi, sia pure il primo perché, pensa, fatto fuori lui la massa informe del PdL sarà priva di consistenza politica e quindi aperta a tutte le soluzioni. Certo, non quella di sinistra che il 'grande vecchio' ha buttato alle ortiche rendendosi conto che la maggioranza larga degli italiani non ne vuol sapere. Fini piace per il suo pragmatismo e anche perché, passata l'eventuale fase transitoria, lo si ringrazierebbe e lo si pensionerebbe. Piacciono, per soluzioni definitive, uomini extra moenia, di ben altra formazione, di giustificate ambizioni, di obbedienza tranquilla,aperti a una collaborazione della parte pragmatica sul versante sinistro, quello tendente però al centro.

Lo abbiamo incontrato, questo 'grande vecchio'. Dove non lo diciamo ma lo scriviamo in posto sicuro (x).

Non mi fa paura ma fa paura.

Lo chiamiamo P3?

L'antidoto?

Un'azione di governo incisiva, un'attività proficua del Parlamento in un rapporto, reciproco, con le opposizioni da democrazia avanzata, non da guerra fredda. E per un certo tempo Quaresima delle parole.

Sì, ma adesso a chi tocca? Lo vedremo dopo io deposito della sentenza.

a.f.

a.f.
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